Vale tuttavia la pena di guardare dentro questa storia solo apparentemente secondaria ma in realtà rivelatrice del nostro presente. Dopo le tragedie delle guerre mondiali e dopo l’orrore assoluto dello sterminio dei “diversi” (per attribuita appartenenza “razziale”, opinioni politiche, condizione sociale e altre ragioni) si fece strada la consapevolezza, oggi pericolosamente affievolita, di fondare un ordinamento giuridico internazionale che mettesse al centro la tutela dei diritti umani fondamentali, tra cui il diritto di asilo, non più concepito quale benevola concessione dello Stato, bensì diritto inalienabile dell’individuo.
È dentro questo percorso che nacque la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 ma soprattutto si collocò la Costituzione italiana che, appena qualche anno prima di Ginevra, aveva sancito, all’art. 10 terzo comma, il diritto d’asilo quale diritto soggettivo perfetto della persona, ponendolo tra i principi fondamentali, non modificabili, della Repubblica che nasceva in contrapposizione al nazi-fascismo.
La distrazione di quella celebrazione svela come per talune ideologie politiche il diritto all’asilo e l’obbligo degli stati di proteggere i rifugiati non sono divenuti valori universali da tutelare; bensì siano ancora valori, per così dire, variabili, da riconoscere a seconda del gruppo di appartenenza.
Le vittime delle guerre e i rifugiati sono vittime da tutelare o da ricordare, con più o meno finta commozione, se “sono miei”. Se sono degli “altri” allora è diverso; essi non sono più vittime da proteggere e ricordare, ma fastidiosi ingombri, carichi residuali, clandestini, o “vite di scarto” come avrebbe detto Bauman.
Tutte le nuove ideologie autoritarie ed illiberali che stanno investendo l’Europa del XXI secolo, e tra esse quella che ha devastato l’Ungheria e di cui alcuni fingono di accorgersi solo oggi, presentano tra loro chiare caratteristiche comuni di cui la più rilevante è costituita dall’avversione in sé per la diversità e le differenze.
Come acutamente ci ricordò molti anni fa, forse inutilmente, Umberto Eco “il primo appello di un movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi. L’Ur-fascismo (o fascismo eterno) è dunque razzista per definizione”.
Non c’è posto nelle ideologie autoritarie per la concezione universalistica dei diritti umani perché incompatibile con il nazionalismo declinato in tutte le sue forme, più o meno violente. Nel nazionalismo infatti non esistono i rifugiati, ma solo “i nostri rifugiati”, come non esistono le vittime ma solo le “nostre vittime”. In ugual modo non esistono i diritti universali ma solo i “nostri diritti”, ovvero i nostri privilegi.
Non ci si deve stupire che la giornata del ricordo, per come viene oggi gestita, rappresenti una grande occasione mancata di riflessione su tragiche pagine della nostra Storia quali l’esodo e le foibe, che possono essere comprese solo dentro quella “più complessa vicenda del confine orientale“ (l. 92/04 art.1) che viene richiamata anche dalla stessa legge istitutiva della Giornata del ricordo.
Una complessità, che, come insegnano tutti gli studi storici, fu contrassegnata da esasperati nazionalismi e dalle connesse violenze che imperversarono nell’area fin dalla nascita del fascismo. La seria rielaborazione collettiva di questa Storia potrebbe costituire un enorme valore per l’Italia e per la stessa Europa di oggi. Ma siamo ancora molto lontani da tutto ciò.