La strage dietro le sbarre
Detenuto morto nel carcere di Sollicciano, era finito in coma: chiesta l’autopsia
Il sospetto di percosse e aggressioni: la vittima è morta in ospedale. L'ennesimo decesso in un penitenziario italiano nel 2024: tra suicidi e cause 'naturali', siamo a circa 40 persone che hanno perso la vita dall'inizio dell'anno
Giustizia - di Andrea Aversa
Si chiamava Gafur Hasani e aveva 51 anni. L’imperfetto è d’obbligo perché Hasani non c’è più, è deceduto. Come altre tante persone prima di lui ha perso la vita in carcere. O meglio in ospedale. In cella, però, era finito in coma. Secondo quanto riportato da La Nazione, il 51enne era recluso nel carcere fiorentino di Sollicciano. Era detenuto da poche settimane in custodia cautelare, quindi in attesa di giudizio, con l’accusa di rapina. Lo scorso 31 gennaio un suo compagno di cella aveva visto che Hasani non stava bene. Era svenuto. Così l’altro detenuto ha dato l’allarme e chiamato gli agenti della Polizia penitenziaria.
Gafur Hasani: chi è il detenuto morto nel carcere di Sollicciano
I primi soccorsi non sono serviti a nulla, così Hasani è stato trasferito d’urgenza presso l’ospedale Careggi di Firenze. Lì, il 51enne è finito in coma e non si è più svegliato. Il suo avvocato, Francesco Del Pasqua, ha fatto richiesta all’autorità giudiziaria di disporre l’autopsia sulla salma. Per il legale è necessario accertare le cause del decesso. Infatti, pare che Hasani prima di perdere conoscenza e morire, avrebbe denunciato alcune violenze subite da altri detenuti. Il 51enne avrebbe scritto in un paio di lettere inviati ai familiari, di essere stato vittima di aggressioni e percosse.
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Il carcere di Sollicciano
Purtroppo il carcere di Sollicciano è tra i peggiori penitenziari d’Italia. Le problematiche che lo caratterizzano sono quelle che ‘regnano’ in quasi tutte le carceri italiane: sovraffollamento, condizioni disumane e degradanti dal punto di vista igienico, pochi agenti ed operatori, scarsa assistenza sanitaria, poche attività lavorative e trattamentali, presenza di malati psichiatrici e di persone affette da dipendenze. Ma c’è un elemento in particolare che contraddistingue la struttura detentiva toscana: l’alto tasso di reclusi stranieri. Questo ha creato dei gruppi, dei clan, tra loro contrapposti.