L'ok della Commissione Libe
Chi richiede asilo verrà arrestato, e la sinistra tace…
Votata a maggioranza una riforma che fa dell’eccezione una regola. Anche il gruppo S&D, salvo poche voci contrarie, è pronto ad approvarla in plenaria. E il governo italiano non si accorge della fregatura
Editoriali - di Gianfranco Schiavone
Mercoledì 14 febbraio la Commissione LIBE (Libertà, Giustizia ed Affari Interni) del Parlamento Europeo ha votato a maggioranza – contrari gli eurodeputati italiani Pietro Bartolo e Laura Ferrara – i diversi testi legislativi di riforma del sistema europeo di asilo frutto dell’accordo (triloghi) tra Commissione Europea, Parlamento e Consiglio del 18 dicembre 2023.
Chi scrive è consapevole che coloro che sono chiamati a prendere una decisione politica devono tenere conto anche del rischio che la mancata approvazione del pacchetto di riforme del sistema asilo costituisca un’ulteriore spinta alla disgregazione dell’UE: nel senso che, di fronte a un sistema comune di asilo inefficiente e in parte già disapplicato nella prassi (si pensi in particolare al regolamento Dublino o alla direttiva accoglienza), molti Stati decidano una sorta di “liberi tutti”, scatenando una gara a eludere del tutto il diritto dell’Unione a favore di norme e, soprattutto, di incontrollabili prassi nazionali in contrasto con il diritto dell’Unione.
Mentre alcuni dei testi di riforma sono lacunosi e confusi o presentano profili di riforma inconsistenti, altri testi, e in particolare il Regolamento sulle procedure comuni per l’esame delle domande di asilo, presentano aspetti di inaudita gravità.
Vediamo con ordine: le questioni più rilevanti si concentrano sulle cosiddette “procedure speciali” (special procedures) alla frontiera con totale ribaltamento della logica giuridica corretta in base alla quale le procedure ordinarie si applicano alla maggior parte delle situazioni, mentre deroghe e limiti possono essere previste solo per casi particolari tassativamente circoscritti.
Al contrario il testo prevede (sezione IV, articoli 41 e seguenti) che gli Stati possano applicare le procedure speciali di frontiera sia a coloro che hanno presentato domanda di asilo a un valico di frontiera esterna, sia a coloro che lo hanno fatto senza indugio dopo essere stati fermati mentre effettuavano un attraversamento non autorizzato, sia a coloro che giungono nel territorio di uno Stato membro a seguito di un’operazione di salvataggio in mare.
Una previsione che si applica anche a famiglie, minori e minori non accompagnati. Si tratta, prese nel loro complesso, di persone che rappresentano la quasi totalità dei richiedenti asilo in Europa. In tal modo la procedura speciale che per sua natura dovrebbe essere applicata solo in casi strettamente limitati, si rovescia nel suo contrario, cioè diviene la reale procedura ordinaria, mentre quest’ultima diventa di fatto applicata a situazioni limitate e residuali.
L’applicazione della procedura speciale comporta forme più o meno drastiche di restrizione della libertà dei richiedenti asilo, i quali verrebbero confinati fino a 12 settimane, estendibili a 16 in caso si preveda un loro trasferimento coattivo in altro stato membro considerato competente ad esaminare la loro domanda di asilo, dentro strutture ad hoc ubicate nelle aree di frontiera ma anche in altre aree del Paese membro, in caso di necessità.
Il testo di riforma è molto ambiguo, poiché prevede per i richiedenti “l’obbligo di risiedere in un determinato luogo” (art.41g), obbligo che però non configura “un’autorizzazione all’ingresso e al soggiorno nel territorio di uno Stato membro”. Si tratta di una forma, neanche troppo mascherata, di detenzione che aggira abilmente il principio generale che formalmente rimane vigente nella nuova Direttiva Accoglienza, secondo cui il richiedente asilo non può essere trattenuto per il solo fatto di essere tale.
Secondo una consolidata interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, l’art. 31 della Convenzione di Ginevra, che proibisce agli Stati di applicare sanzioni agli stranieri che giungono “irregolarmente” nel loro territorio allo scopo di chiedere asilo senza indugio, investe anche la detenzione amministrativa dei richiedenti asilo.
Essa va considerata una misura applicabile a casi eccezionali (es. ragioni di sicurezza dello Stato) a seguito di un esame caso per caso e sulla base di criteri stabiliti in modo tassativo dalla legge interna. La detenzione o qualsiasi altra forma di restrizione della libertà non dovrebbe mai essere applicata per motivi etnici, nazionali o di deterrenza o solo perché la persona è un richiedente asilo.
Eppure è proprio ciò che accadrebbe con il nuovo regolamento procedure. La riforma che si vuole introdurre potrebbe contrastare con la stessa Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, che all’articolo 5 prevede la possibilità di una temporanea detenzione di uno straniero solo se attuata al solo scopo di impedirne l’ingresso irregolare nel territorio; ma chi presenta una domanda di asilo alla frontiera o lo fa senza indugio se fermato o, a maggior ragione, viene salvato in mare, non è affatto irregolare come da tempo ci ricorda la Corte di Cassazione.
Si potrebbe sostenere che, fermo restando la rilevanza delle problematiche giuridiche sopra indicate, l’applicazione della procedura speciale di frontiera e il trattenimento non sono obbligatori nei casi sopra indicati, bensì solo facoltativi, e possono non essere applicati una volta che viene raggiunta, da parte dello Stato interessato, la sua “capacità adeguata” di gestire le procedure di frontiera.
Di che si tratta? Il futuro Regolamento intende introdurre un’inedita procedura in base alla quale “la Commissione, mediante un atto di esecuzione, calcola il numero corrispondente alla capacità adeguata di ciascuno Stato membro per l’espletamento delle procedure di frontiera” (art. 41 ter), esaurito il quale, salvo limitati casi nei quali la procedura di frontiera rimane obbligatoria, lo Stato è esonerato dall’applicarla. Si prevede che “la capacità adeguata a livello dell’Unione per l’espletamento delle procedure di frontiera è considerata pari a 30.000 unità” (art.41bis).
Lungi dall’attenuarli, tale nuova e bizzarra nozione rafforza i dubbi sulla legittimità di applicazione della procedura speciale, in quanto la rende del tutto arbitraria e soggetta non a fattispecie giuridiche definite, bensì a fatti del tutto casuali: i richiedenti asilo sarebbero infatti sottoposti a regimi giuridici diversi non in base al loro status o alle circostanze del loro ingresso e neppure alla loro condotta bensì in ragione di fattori temporali del tutto casuali (arrivare nell’UE prima che la quota adeguata dell’anno sia raggiunta o dopo).
Una sorta di lotteria, che però forse svela un disegno più ampio che rimane al momento celato: con una semplice modifica non delle fattispecie giuridiche bensì solo della nozione tecnico-organizzativa di “capacità adeguata” di cui all’art. 41bis (di fatto, dunque, un numero) si porterebbe l’attuale soglia di capacità adeguata da 30mila ad esempio a 60mila o, progressivamente a 100mila o più realizzando così il reale obiettivo finale di un assorbimento nella procedura speciale di frontiera di tutti i richiedenti asilo sanzionando chi chiede asilo per il solo fatto di farlo.
Non sfuggirà al lettore ciò che invece pare sia sfuggito al Governo italiano ovvero che tutte le procedure accelerate di frontiera e i conseguenti trattenimenti, si attuerebbero nei paesi di primo arrivo dei richiedenti asilo, e tra essi l’Italia e la Grecia che, insieme ai paesi dell’Est Europa, diventerebbero una sorta di paesi-contenitore dove bloccare il maggior numero possibile di richiedenti asilo ed occuparsi della loro accoglienza, dell’esame delle domande, dei contenziosi e degli eventuali rimpatri.
Si verrebbe così ad annullare ogni prospettiva reale di attuazione del principio di solidarietà e di equa distribuzione delle responsabilità, rendendo di fatto sterili le modestissime modifiche in senso solidaristico che sono state inserite nel nuovo regolamento RAMM (che sostituirà il Regolamento Dublino III). Comunque vada un esito micidiale per l’Italia.
C’è da restare profondamente turbati guardando l’oscuro disegno che emerge da questa breve ed incompleta analisi del futuro Regolamento Procedure, un turbamento che sfocia nello sconcerto se si considera che, al netto di lodevoli ma poche voci contrarie, il gruppo dei Socialisti e Democratici (SD) del Parlamento Europeo, determinante nell’esito finale del voto, appoggia tali proposte e si appresta a votarle in plenaria.
Siamo all’ultimo minuto, o forse persino oltre, ma ritengo che ogni sforzo possibile vada ancora fatto, anche dal Partito Democratico, affinché il centro-sinistra europeo non sia travolto da una deriva politica e culturale che segnerebbe il suo futuro politico in Europa.