Il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha guidato alcune migliaia di persone a protestare fino a palazzo Chigi. Non succedeva da molti anni che un corteo non raggiungesse palazzo Chigi. La polizia ha cercato di bloccarlo all’imbocco di via del Corso, a Piazza Venezia.
Ma De Luca, che è un tipo intraprendente, è riuscito a fare quello che non era mai riuscito neanche ai Cobas. Ha affrontato personalmente l’ufficiale che dirigeva gli agenti coi blindati e gli ha spiegato che il suo non era un corteo, era solo un gruppo molto folto di alcune migliaia di persone, tra le quali 200 sindaci, che voleva fare una passeggiata su via del Corso.
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Lo ha fatto con quell’accento molto campano, e con l’espressione sua, che non sai mai se è serio o ti sta prendendo in giro. Diciamo che ha usato una sua arma tradizionale: il surrealismo. Fatto sta che è stato convincente, la polizia ha aperto il varco e il corteo ha invaso il Corso e ha bloccato il centro di Roma.
E così, finalmente, dopo quasi un anno e mezzo dall’insediamento dell’esecutivo-Meloni, un corteo antigovernativo si è manifestato in tutta la sua forza. De Luca chiede due cose chiare e semplici. Lo sblocco dei fondi di coesione – decisivi per lo sviluppo del Sud – che il governo tiene bloccati e chissà quando – e se – si sbloccheranno (mentre in loro assenza sfumano progetti, opere, iniziative economiche) e il ritiro della legge sull’autonomia differenziata, e cioè di una legge che serve a bloccare la redistribuzione delle ricchezze tra Nord e Sud, favorendo le regioni ricche e bastonando le più povere, che sono quelle meridionali.
La legge sull’autonomia differenziata è un colpo al cuore del meridionalismo. Tutto il meridionalismo da almeno 80 anni a questa parte. Ci si poteva aspettare una presa di posizione forte delle opposizioni, del Pd, dei 5 Stelle. Dice De Luca: se non fai l’ostruzionismo su questo, su che lo fai? E se non porti in piazza la gente su questo, meglio che abolisci le piazze. Il Pd, però, lo sapete, è un po’ timido. E poi è incerto, ancora non sa bene quali siano le battaglie importanti.
Forse non è neppure molto consapevole di quanto il meridionalismo abbia inciso nella storia della sinistra. Per sinistra intendo il partito comunista, il partito socialista e la sinistra democristiana. E poi i Ds e il Pd. Oggi invece il Pd tentenna.
De Luca ha pensato che l’unica cosa seria da fare era sostituirsi al Pd. In fondo, il libro che ha scritto qualche mese fa si chiama proprio così: “Nonostante il Pd”. Detto fatto. Ha organizzato la sua marcia su palazzo Chigi. Sperava che una volta che la gente era scesa in piazza, anche il Pd si muovesse. E lo appoggiasse, si schierasse con lui. Invece niente: giusto un paio di dirigenti, Antonio Misiani e Susanna Camusso, ex capo della Cgil. Tutti gli altri hanno preferito restare a casa.
Invece Meloni e il ministro Fitto, che erano i destinatari della protesta, non si sono fatti trovare. Sono fuggiti, diciamo così. Per essere precisi sono fuggiti al Sud. Hanno cercato rifugio presso il governatore della Calabria e così hanno evitato di dover incontrare De Luca. Il quale ha avuto parole dure verso la Meloni.
Che ha risposto in modo altrettanto duro, e un po’ romanesco, anzi garbatelliano. “Ma vada a lavorare invece di fare manifestazioni”. In genere i presidenti del Consiglio non si rivolgono in questo modo ai leader dell’opposizione.
I tempi son cambiati. Diciamo che Berlinguer non avrebbe usato questo tono con Moro… Meloni però non aveva calcolato che se lei è della Garbatella, De Luca è un figlio del popolo di Salerno. E conosce anche lui un linguaggio crudo. E infatti anche De Luca ha tralasciato le buone maniere e ha risposto in modo secco: “Stronza”.
Così, mentre l’impressione di tutti i giornali negli ultimi giorni era che tra il Pd e Meloni si stesse instaurando un clima “rasserenato”, il governatore in poche ore ha ribaltato la situazione. Assumendosi l’incarico di guidare lui il fronte anti-meloniano e antigovernativo. Non si sa come abbiano preso al Nazareno questo scavalco a sinistra.