Il codice Salvini
Cosa c’è dietro la strage del cantiere di Firenze: paghe da fame e subappalti
Lavoratori stranieri in nero o assunti con contratti impropri. Aziende che appaltano a terzi. Se Draghi aveva allentato le regole, il leader leghista le ha cancellate. Coi risultati che vediamo
Cronaca - di Marco Grimaldi
È il quinto giorno di ricerche fra le macerie. Nel cantiere dell’Esselunga di Firenze Rifredi c’è una quinta presunta vittima ancora dispersa: Bouzekri Rachimi, 56 anni. Mohamed El Ferhane, 24 anni, Luigi Coclite, 60 anni, Mohamed Toukabri, 54 anni, Taoufik Haidar, 43 anni. Loro sono morti. Una porzione del fabbricato in costruzione è crollata sugli operai al lavoro.
Com’è possibile che quella trave abbia ceduto di schianto? È accaduto qualcosa nella catena di comando? È vero – come sostiene la ditta produttrice della trave – che gli operai non avevano terminato il montaggio dell’infrastruttura, quando i dipendenti di un’altra ditta hanno iniziato la gettata di cemento sul solaio?
Le dinamiche, gradualmente, emergeranno. Ma, oltre ai dubbi relativi ai controlli sulla sicurezza e sui materiali, altre domande si fanno pressanti e lecite. Qual era il grado di regolarità contrattuale dei lavoratori presenti in cantiere e delle aziende che stavano effettivamente lavorando? Perché, a quanto sembra, una trentina erano iscritte nel registro di cantiere, ma forse più di 60 erano attive. E nelle casse edili provinciali non appaiono i nomi dei lavoratori.
Magari basterà aggiornare i dati. Aspettiamo. Nel frattempo, il Procuratore capo di Firenze ha già dichiarato che “dalle prime verifiche compiute emerge che per alcuni operai vi fosse una condizione di irregolarità circa la loro presenza sul territorio nazionale”. Ma aspettiamo e, intanto, riflettiamo.
Il punto è che a Firenze l’impresa esecutrice dei lavori è l’Aep Attività Edilizie Pavesi srl, con sede a Pieve del Cairo, la direzione dei lavori è dello studio fiorentino Gurrieri Associati, ma per la costruzione del centro commerciale operano oltre 30 aziende in subappalto.
I lavoratori sono in parte italiani, in gran parte stranieri, spesso inquadrati con contratti diversi da quello dell’edilizia. Cosa cambia? Tutto. Perché il contratto degli edili ha come prerequisito per lavorare la formazione obbligatoria da parte di soggetti abilitati.
Se è vero che c’erano lavoratori impiegati con il Ccln dei metalmeccanici, il punto non è solo il minor costo del lavoro, ma la possibilità di bypassare i sistemi di controllo previsti contrattualmente. Ed è un fatto che quel cantiere è stato polverizzato, frammentato. La catena dei subappalti era lunghissima e opaca.
Lo leggiamo in continuazione: il 2023 si è chiuso con 1467 le persone che hanno perso la vita sul posto di lavoro in Italia. Forse meno spesso incontriamo un altro dato: sono stati 15, nel 2023, gli incidenti mortali cosiddetti “plurimi”, ossia che sono costati la vita a più di un lavoratore. Per un totale di 36 vittime. Non posso non ricordarne almeno due.
Il 18 dicembre 2021 il crollo di una gru di cantiere in via Genova, a Torino, che costò la vita a tre operai e ferì alcuni passanti. Nella notte fra il 30 e il 31 agosto 2023, a Brandizzo, quando persero la vita in un colpo solo cinque operai di una ditta di manutenzione, che stava operando sui binari della linea Torino-Milano. Travolti alle spalle e smembrati da una locomotiva che stava percorrendo quel tratto a tutta velocità.
In Piemonte abbiamo la nostra memoria locale delle stragi. Almeno da quando, 16 anni fa, le fiamme portarono via Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi.
7 lavoratori vittime di omicidio colposo plurimo, incendio colposo e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro da parte di sei dirigenti della ThyssenKrupp. “Colpa imponente”, secondo la Cassazione, perché la “serie di inosservanze a specifiche disposizioni infortunistiche” e la “pluralità e reiterazione delle condotte antidoverose” crearono una “situazione di attuale e latente pericolo per la vita e per la integrità fisica dei lavoratori”.
Come spesso diciamo, in Italia si continua a morire sul lavoro, e parlare di “morti bianche” è un modo per rimuovere che quasi mai si tratta di incidenti, quasi sempre di omicidi. Ed è sempre più chiaro che, alla base delle omissioni, c’è un sistema di organizzazione del lavoro. Perché le stragi di via Genova e Brandizzo non hanno in comune solo la regione, condividono qualcos’altro fra loro e con il disastro al cantiere Esselunga di Firenze: sono tutte stragi in subappalto di lavoratori edili.
Dai dati Inail non si può determinare il numero dei morti di lavoro in subappalto, ma secondo le cifre dei sindacati gli operai edili in subappalto sarebbero il 70% del totale dei morti. Come ha dichiarato ieri in un’intervista il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, Brandizzo e Firenze sono stragi figlie della logica del subappalto a cascata.
Lo ha denunciato subito il segretario della Cgil Maurizio Landini: chi vince l’appalto deve essere responsabile di tutta la filiera, perché il subappalto a cascata deresponsabilizza il datore e scarica ogni rischio sui lavoratori.
A portare al 50% e poi cancellare del tutto il vincolo – contenuto nel Codice degli appalti – che imponeva di non subappaltare lavori oltre il 30% dell’opera era stato già Draghi, con il Decreto Semplificazioni.
Poi, il nuovo Codice appalti targato Salvini (d.lgs 36/2023) ha fatto il resto: non solo l’“appalto integrato”, ossia l’affidamento di progettazione ed esecuzione dei lavori allo stesso operatore economico, ma uno stravolgimento del principio che impediva a un lavoro in subappalto di essere oggetto di un ulteriore subappalto. Ora è possibile appaltare anche i subappalti, ossia la Stazione appaltante può avviare una sequela infinita di cessioni di lavori ad altre imprese.
Un incentivo alla creazione di scatole vuote, società senza dipendenti create solo per appaltare lavori. Una deregulation di un sistema già nato per deregolare, scomporre, indebolire. Perché il principale terreno per la compressione dei diritti e la sottotutela dei lavoratori è costituito precisamente dai processi di scomposizione e frammentazione organizzativa dell’impresa all’interno delle catene produttive: a questo servono le esternalizzazioni (appalti di servizi, subappalti, subforniture, lavoro in cooperativa, consorzi, somministrazioni di manodopera, distacchi).
Ossia a disporre just in time di manodopera che formalmente dipende da terzi, o a delegare a terzi fasi del processo produttivo senza assumerne il rischio e la responsabilità come datore. Le condizioni economiche e normative dei rapporti di lavoro negli appalti risentono di processi finalizzati di per sé a comprimere il costo del lavoro, deresponsabilizzando le stazioni appaltanti.
Perciò da ben prima dei Governi Draghi e Meloni, il ricorso all’appalto e al subappalto ha travolto tantissimi settori non solo del privato, ma anche del pubblico: dall’igiene ambientale al trasporto, dalla logistica al multiservizi.
L’effetto più tipico lo conosciamo: dumping salariale a causa dell’applicazione e della concorrenza fra contratti diversi, oltre all’assenza di tutela durante i cambi di appalto. Abbiamo visto Ccln applicati impropriamente a lavoratori di altri settori per diminuire le paghe e i diritti.
Il problema è che fra questi diritti c’è quello di aver salva la vita a fine turno. Perché dove a fine salario c’è ancora troppo mese, si accettano straordinari sottopagati in condizioni di pericolo, pur di mettere insieme una paga di sussistenza. E, dove dilagano le esternalizzazioni e diminuiscono le tutele, ecco che troviamo un esercito di lavoratori più ricattabili e più vulnerabili di tutti gli altri.
I lavoratori migranti, se titolari di permesso di soggiorno, sanno che è legato a un rapporto di lavoro subordinato: alla perdita del posto seguono la perdita dell’alloggio e del permesso. Una cosa, infatti, Inail la dice chiara: i lavoratori stranieri sono esposti al doppio dei pericoli rispetto agli italiani.
Tra gennaio e novembre 2023, su 745 denunce di infortunio mortale, 142 sono state sporte da stranieri. A Firenze lo abbiamo visto: tre vittime marocchine, una tunisina. Tre feriti di origine rumena.
Perciò sì, come dice Elly Schlein, si può cominciare con l’estendere agli appalti privati le tutele degli appalti pubblici. Ma non sarà così che risolveremo il problema, perché le stazioni appaltanti private e pubbliche devono rispettare i diritti dei lavoratori lungo tutta la filiera, a partire dall’equa retribuzione.
Perciò certo, è ora di introdurre il reato di “omicidio sul lavoro”, ma ne conteremo sempre troppi fino a quando non avremo o non applicheremo le norme per verificare i contratti, contrastare il caporalato e lo sfruttamento, stanziare adeguate risorse per gli ispettorati del lavoro (ben oltre l’assunzione di quegli 850), definire un salario minimo legale, limitare le esternalizzazioni, modificare le leggi in materia di immigrazione. Per fare vera prevenzione dovremmo essere convinti che le persone e il lavoro non siano una merce su cui risparmiare e fare profitto. Un assunto semplice, ma per nulla scontato.
*Deputato Avs