Per prima lo aveva fatto sapere la portavoce dello staff di Alexei Navalny, quindi è arrivata la conferma della stessa Lyudmila Navalnaya: la madre del dissidente di Vladimir Putin e giornalista russo, morto venerdì scorso nel carcere di massima sicurezza IK-3 in Siberia, ha visto il corpo del figlio. Le autorità si rifiutano comunque di restituire il corpo alla famiglia. Le cause della morte del dissidente russo, avvocato, sono ancora poco chiare. La donna ha raccontato di aver subito minacce: “Mi hanno guardato negli occhi e mi hanno detto che se non accetterò un funerale segreto, faranno qualcosa al corpo di mio figlio”.
Lyudmila Navalnaya ha pubblicato un video su Youtube, poco più lungo di un minuto e mezzo. Ha raccontato di aver passato quasi 24 ore nel carcere, che fino a questo pomeriggio non era stato concessa l’entrata al suo avvocato. Ha detto di esser stata condotta segretamente ieri sera presso l’obitorio dove le è stato mostrato il cadavere del figlio. Ha detto che i medici le hanno confermato di conoscere le cause della morte di Navalny e di aver firmato il certificato di morte.
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“Secondo la legge avrebbero dovuto darmi il corpo di Alexei immediatamente ma non l’hanno fatto. Al contrario, mi stanno intimorendo e dicendo dove, quando e come Alexei sarà sepolto. È illegale. Ricevono ordini sia dal Cremlino che dall’Ufficio centrale del Comitato Investigativo. Vogliono fare tutto segretamente, senza un addio”, ha detto la donna nel video. “Voglio che voi, che chi si preoccupava per Alexei, e chi ha vissuto la sua morte come una tragedia personale, abbiate la possibilità di dirgli addio”.
Navalnaya ha anche riportato la minaccia che le avrebbe rivolto un investigatore: “Il tempo non lavora per voi, i cadaveri vanno in decomposizione”. La donna ha aggiunto di non chiedere niente di speciale: soltanto che la procedura di riconsegna della salma avvenga secondo la legge. È improbabile che le autorità concedano funerali in forma pubblica del dissidente: presumibilmente per evitare manifestazioni di protesta nei confronti di un governo diventato sempre più autoritario, tra l’altro accusato più o meno velatamente o indirettamente della morte di Navalny. La madre dell’oppositore di Putin non ha comunque parlato di segni di violenze o torture sul corpo.
L’appello della madre di Navalny a Putin
Soltanto due giorni fa Lyudmila aveva registrato un messaggio rivolto direttamente a Vladimir Putin: “Mi rivolgo a lei, Vladimir Putin la soluzione del problema dipende solo da lei. Mi faccia finalmente vedere mio figlio. Pretendo immediatamente che il corpo di Alexei venga consegnato in modo che io possa seppellirlo umanamente”. Il tribunale di Salechard, nelle stesse ore, aveva ricevuto una denuncia da parte di Lyudmila che aveva accusato in particolare il Comitato investigativo della Federazione Russa della mancata riconsegna del corpo del figlio.
Com’è morto Navalny
Navalny era considerato da anni l’oppositore più forte e pericoloso di Putin. Era in carcere da tre anni, era stato trasferito a dicembre nella prigione di massima sicurezza IK-3. Fu avvelenato nel 2020 mentre faceva campagna elettorale in Siberia e si salvò soltanto grazie a un atterraggio di emergenza dell’aereo su cui viaggiava e per le cure ottenute in Germania, dove venne trasferito. Al suo ritorno in Russia venne arrestato. Scontava accuse giudicate dalla maggior parte di osservatori e opinione pubblica – soprattutto occidentale – politicamente motivate.
Era stato accusato di aver finanziato e di far parte di organizzazioni estremiste, violazione della libertà vigilata, frode e appropriazione indebita. Era imputato in 14 processi. Il servizio penitenziario aveva dichiarato dando la notizia del decesso che Navalny era morto dopo essersi “sentito male dopo una passeggiata” e che aveva “perso conoscenza quasi immediatamente”. Il sito RT, controllato dal governo, aveva parlato di un trombo letale che aveva causato un ictus, un’embolia polmonare o un infarto.
La moglie del dissidente, Yulia Navalnaya, ha accusato Putin: “Stanno vigliaccamente nascondendo il suo corpo, rifiutandosi di consegnarlo a sua madre e mentendo in attesa che la traccia di un altro Novichok di Putin scompaia”. Il Novichok è un agente nervino. Il fondatore del gruppo per i diritti umani Gulagu.net, Vladimir Osechkin, in un’intervista al The Times, aveva parlato di un pugno al cuore, una tecnica già utilizzata dagli agenti del KGB sovietico.