Il question time
Reato di omicidio sul lavoro, perché Nordio l’ha bocciato
Interrogato al question time dal M5s dopo il crollo del cantiere della Esselunga, si dice contrario a una nuova fattispecie. “L’esperienza dell’omicidio stradale dimostra che l’effetto deterrente non c’è”.
Giustizia - di Angela Stella
No al reato di omicidio sul lavoro: questo il pensiero del Ministro della Giustizia Carlo Nordio espresso ieri durante il question time alla Camera. Il M5S, soprattutto dopo le morti a Firenze a causa del crollo nel cantiere Esselunga, aveva chiesto al responsabile di Via Arenula le azioni che intendesse mettere in campo per contrastare il fenomeno.
A sorpresa, dopo mesi in cui abbiamo visto il Guardasigilli sostenere misure panpenalistiche (D.L. in materia di rave party, inasprimenti di pena nei confronti dei cd. scafisti, D.L. avente ad oggetto l’aumento delle pene con riferimento agli incendi boschivi, nonché l’introduzione dell’omicidio nautico, ed infine il D.L. “Caivano”) Nordio dice no ad un nuovo reato e lo motiva così: “Non credo di rivelare segreti se dico che, proprio stamattina (ieri, ndr), nel Consiglio dei ministri questo argomento è stato ancora trattato, anche con la prospettazione dell’introduzione di eventuali sanzioni penali. Non è stato trattato il principio – al quale, tra l’altro, sarei personalmente anche abbastanza contrario – dell’introduzione di un omicidio sul lavoro, perché abbiamo l’esperienza dell’omicidio stradale. È stata infatti aumentata a dismisura la pena e gli incidenti stradali non sono affatto diminuiti, anzi, sono aumentati. Quindi, l’effetto deterrente non ci sarebbe”.
Affrontato anche il tema carcere durante gli atti di sindacato ispettivo. “Il problema del reato di tortura è esclusivamente tecnico: così come è stato individuato dalla Convenzione di New York presuppone il cosiddetto ‘dolo specifico’, cioè il trattamento, diciamo così, violento, cattivo, deve essere inflitto al fine di ottenere un determinato risultato. Mentre nella disciplina italiana è stato disciplinato sì, ma è stato inteso come semplice ‘dolo generico’, cioè come semplice coscienza e volontà di commettere un determinato reato”.
Così sempre Nordio, rispondendo a una interrogazione di Alleanza Verdi e Sinistra che, a partire dal video di un detenuto pestato dagli agenti penitenziari nel carcere di Reggio Emilia, hanno chiesto al Guardasigilli quale sia la posizione del Governo in ordine alla disciplina del reato di tortura.
Il responsabile di Via Arenula ha proseguito: “Questo non significa affatto che noi stiamo sottovalutando il problema del trattamento, che non può e non deve mai essere inflitto a nessun detenuto, sia per ragioni giuridiche, sia per ragioni costituzionali, sia per ragioni etiche, sia per ragioni umane. Significa soltanto che stiamo cercando di rimodulare quel determinato reato, adeguandolo proprio alla Convenzione di New York” perché “questo reato così come è strutturato adesso manca di quei caratteri di tipicità, tassatività e determinatezza”.
Il deputato Devis Dori ha replicato: “il ministro Nordio conferma l’intenzione di modificare il reato di tortura. La destra ha già presentato le sue proposte e al Senato è iniziato l’iter legislativo. Nonostante i paletti indicati dal ministro, siamo molto preoccupati, depotenziare il reato di tortura è un fatto grave. Di fatto Nordio non è stato in grado di dire che non lo abrogherà e non ha preso le distanze dalle proposte in discussione a Palazzo Madama. C’è un cambio di prospettiva rispetto a un anno fa quando disse esplicitamente ‘no all’abrogazione’. Siamo colpiti dalle immagini di Ilaria Salis in catena ma temiamo che passi indietro su quella norma porterebbero il nostro Paese non troppo lontana da quelle pratiche”.
Intanto, come denunciato in una nota della deputata Pd Michela Di Biase due sono «i detenuti morti nel giro di poche ore a Roma; ormai siamo oltre l’emergenza. È una situazione insostenibile sulla quale il Governo continua ad essere assente. Sto depositando un’interrogazione urgente al Ministro Nordio per andare a fondo sulle ragioni di questi ultimi due decessi».
Dalle prime notizie emerse sembra che si tratti di due detenuti di Rebibbia, anziani e malati. Il primo, deceduto nella notte tra il 19 e il 20, aveva 66 anni ed era diabetico e si trovava in cella a Rebibbia.
Il secondo, morto due giorni fa, aveva 77 anni ed era affetto da polmonite, oltre ad avere un’insufficienza renale e sarebbe morto in ospedale. “Condivido l’allarme del Garante dei detenuti del Lazio Anastasia – ha aggiunto la deputata Pd -, che ha denunciato l’incompatibilità della detenzione con le malattie gravi, che non possono essere adeguatamente curate in carcere”. Ieri poi è proseguita l’audizione di Giovanni Russo, capo del Dap in Commissione Giustizia della Camera.
Tra i dati da rilevare è che “sui 19 suicidi del 2024, 7 erano definitivi, 8 in attesa di primo giudizio e 3 con posizione giuridica mista, un solo detenuto era appellante” e c’è una “lieve prevalenza di 10 su 19 in custodia cautelare”.
Davvero si può pensare di risolvere il sovraffollamento e il problema dei suicidi in carcere attendendo che vada a regime la riforma del gip collegiale forse tra due anni, che dovrebbe diminuire gli ingressi in carcere, come sostenuto da Nordio?