Ha 92 anni e il suo fine pena è nel 2027, quando avrà 95 anni. È uno degli otto sex offender ultraottantenni reclusi nel carcere di Poggioreale, a Napoli. Oggi il garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello si è recato in visita nel reparto dove sono detenuti che, sostiene, “non difende la vita ma accelera la morte“. I reati di cui sono stati ritenuti colpevoli sono detti ostativi: una tipologia che preclude o limita l’accesso ai benefici previsti dall’ordinamento penitenziario (permessi premio, semilibertà, liberazione anticipata, messa in prova, sospensione della pena), come l’associazione per delinquere, l’omicidio, l’estorsione e l’acquisto e l’alienazione di schiavi. C’è chi è stato condannato per maltrattamenti alla moglie, alla compagna o ai figli.
Altri sono accusati di vari tipi di violenza e abusi sessuali, anche nei confronti di minorenni e familiari. Reati per i quali è previsto che, nonostante l’età avanzata, i condannati debbano stare in carcere: una linea che non vede d’accordo il garante campano, secondo cui questi detenuti anziani dovrebbero scontare diversamente le loro pene, per esempio in strutture non carcerarie. “Oggi nella mia visita al carcere di Poggioreale – racconta Ciambriello – ho incontrato un detenuto di 92 anni. Nello stesso reparto ho parlato a lungo con un ottantenne. Uno di 72 anni è affetto da sclerosi multipla. Nessuno è dentro per una condanna di omicidio. Sono tutti ristretti per ragioni di sicurezza. Qui non è in gioco solo la dignità dei diversamente liberi, ma – vista l’età – si tratta di preservare la loro stessa vita“.
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In Campania diverse carceri sono dotate di sezioni, come il reparto Venezia, in cui sono reclusi i sex offender: oltre a Poggioreale, a Napoli, è dotato di un analogo reparto anche l’istituto penale di Secondigliano. Poi c’è Carinola, nel Casertano, e Benevento. In provincia di Salerno, precisamente a Vallo della Lucania, ce n’è uno ad hoc per questa tipologia di detenuti. A Poggioreale sono stati avviati dei percorsi di assistenza per i sex offender, che vengono aiutati da altri detenuti in procinto di essere scarcerati. Ad alcuni è stato concesso di uscire per recarsi a lavorare, solo per qualche ora, prima di tornare nella casa circondariale.
“Su queste storie di vita carceraria c’è un incolpevole silenzio della politica, che vive una logica di sicurezza e non di dettato Costituzionale“, denuncia Ciambriello, secondo cui questi detenuti, che definisce “invisibili“, dovrebbero essere accolti in strutture di accoglienza private in ambito socio-sanitario e in comunità residenziali. “Su questa categoria di carcerati non scenda lo stigma, non gettiamo via la chiave“, conclude il garante.