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Il governo dà battaglia ai magistrati che disapplicano le leggi anti-immigrati e loda quelli che le applicano

Il governo dà battaglia ai magistrati che disapplicano le leggi anti-immigrati e loda quelli che le applicano

L’avversione della destra di governo a qualsiasi intervento giudiziario in materia di immigrazione denuncia in modo molto efficace quale sia l’idea di giustizia coltivata da quelle parti: l’idea che la giurisdizione sia meno l’ambito di tutela dei diritti che una semplice articolazione del potere repressivo dello Stato.

Con questo, di peggio: che quell’impostazione non è, per così dire, pervasiva, cioè non investe qualsiasi campo e rango dei rapporti tra i cittadini, ma riguarda il settore particolare della “canaglia”, mentre in favore della gente dabbene opera semmai un’ambizione opposta e cioè che l’intervento giudiziario sia cauto e ritenuto (salvo che riguardi i nemici politici, ché allora le propensioni forcaiole della destra si fanno interclassiste).

Si spiegano in quel modo le reazioni scomposte di cui ha dato prova la destra di governo quando magistrati di merito e di legittimità si sono azzardati a fare il lavoro che dovevano sulle normative spazza-immigrati: si spiega considerando la pretesa che la giurisdizione si eserciti non nell’applicazione del diritto (ed è diritto anche quello che disapplica le norme che non possono essere applicate) ma in una specie di balordo endorsement togato dei propositi di governo.

Con il corollario che un provvedimento di giustizia non è sbagliato e criticabile perché fa malgoverno della legge, ma perché contravviene alla conferenza stampa in cui il governo annuncia la soluzione del problema tramite i respingimenti a capocchia, le deportazioni nei paesi-carceri e la caccia ai “trafficanti” lungo tutto il globo terracqueo, un’iniziativa che ha portato all’arresto di un paio di adolescenti più disperati dei disperati che trasportavano.

Si noti, peraltro, che una simile concezione della giustizia, la quale vede nel magistrato una specie di funzionario di gendarmeria che non deve mostrare insubordinazione agli intendimenti di governo, non risiede per nulla nell’idea liberale e costituzionale secondo cui il magistrato fa il suo (applicare la legge) e il legislatore fa il suo (approvarla e renderla esecutiva): al contrario, quella concezione è propria degli stessi che trent’anni fa capeggiavano i girotondi sotto ai balconi delle procure della Repubblica, chiedendo ai magistrati di far sognare il popolo onesto.

Sono gli stessi che avevano le mani arrossate dagli applausi se quelli, i magistrati, si rivoltavano non già scrivendo sentenze, ma facendo comizi contro il governo “salva ladri”. È combinata in questo modo l’idea di magistratura che piace a questi qui: sediziosa, quando serve; governativa, quando serve. Nei due casi, e identicamente, estranea allo Stato di diritto.