Parla la già parlamentare dem

Intervista a Enza Bruno Bossio: “La Schlein deve rompere l’asse con i PM”

«In Italia c’è grande spazio per la sinistra, le manganellate di Pisa sono l’elemento più emblematico di questo governo. Sulla giustizia bisogna guardare alla tradizione socialista. I 5s non c’entrano: molti dei nostri dirigenti erano giustizialisti già prima dell’avvento di Grillo e Conte»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli - 28 Febbraio 2024

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Intervista a Enza Bruno Bossio: “La Schlein deve rompere l’asse con i PM”

Le lezioni da trarre dal voto sardo. E il rafforzamento della “mission” di Elly Schlein. Con elementi di discontinuità su temi cruciali. L’Unità ne discute con Enza Bruno Bossio, già parlamentare Dem, oggi nella Direzione nazionale del Partito Democratico.

Qual è il segnale politico che viene dal voto sardo?
Intanto, è stato il più bel regalo di compleanno per la nostra segretaria e per il Pd, ad un anno dalle primarie del 2023. Siamo anche il primo partito sull’isola! E poi, se si creano alleanze convincenti e il candidato è credibile sul territorio, queste alleanze diventano anche vincenti. Alessandra Todde lo è stata, per la competenza, come donna e come femminista. Non mi piace l’espressione “campo largo”. Anche Elly Schlein ha ribadito, subito dopo il voto sardo, che non ci sono modelli precostituiti e ogni territorio ha la sua storia. L’obiettivo è l’unità di tutte le forze alternative al progetto della destra, la quale, nel passare dalla protesta alla prova del governo, ha mostrato tutti i propri limiti.

Il 2024 è un anno elettorale: il voto alle europee e quello in importanti regioni e comuni. Un banco di prova per Elly Schlein. Che giudizio dà del suo operato?
Molto positivo su alcuni temi strategici, ancora non ben focalizzato su altri. Positivo su: immigrazione, diritto al lavoro e al reddito, legalizzazione della cannabis, sostegno al pensiero femminista come fondante della cultura antipatriarcale del PD. Si avverte invece ancora un ritardo su innovazione e digitale e sulle rapide evoluzioni della società della conoscenza, a partire dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. La transizione non può essere ecologica se non è anche digitale. Dentro questo ritardo si inserisce la scarsa attenzione per il ruolo strategico delle infrastrutture materiali e immateriali soprattutto al Sud e il pregiudizio anacronistico sulla realizzazione del Ponte sullo stretto. Oggi il governo Meloni taglia l’alta velocità al sud e il PD non interviene, mentre è questa la condizione per unire il continente alla Sicilia, da Palermo a Berlino. Gli Stati uniti d’Europa che abbiamo giustamente rivendicato nel nostro Forum e ribadito nell’intervento della segretaria al congresso di +Europa, non possono non avere che il Mediterraneo come baricentro.

A proposito di Mediterraneo, il 26 febbraio 2023 la strage di Cutro: fu strage di Stato?
Temo proprio di si. Non a caso, durante la conferenza stampa, le famiglie delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro ed alcuni superstiti, che si sono ritrovati a Crotone in occasione dell’anniversario di quella strage, hanno annunciato che faranno una causa civile risarcitoria nei confronti del Governo per omissione di soccorso e per i danni subiti in conseguenza della tragedia. E il Governo è stato così sordo che anche in questi giorni di ricorrenza, non ha pensato minimamente di essere presente, vicino alle famiglie e ai superstiti, confermando una linea che attraverso il decreto “Cutro”, la scelta dei CPR e l’accordo con l’Albania, ha messo in atto da un anno a questa parte: ostacolare, anche a costo della morte di tanti immigrati, l’accesso alle nostre coste e i soccorsi in mare.

La tragedia di Gaza, quella dei morti, tutt’altro che accidentali, sul lavoro. Una sinistra degna di sé non deve partire dalle grandi sfide della pace, di un lavoro sicuro, della difesa dei beni comuni, come la sanità, l’istruzione etc?
Io credo che in questo momento in Italia ci sia un grande spazio per la sinistra. Quella dei valori fondanti, di solidarietà, giustizia, uguaglianza, libertà. Le scene drammatiche delle manganellate della polizia a Pisa verso minorenni sono l’elemento più emblematico di un Governo che considera legittimo il saluto fascista di Casa Pound o il bullismo del sottosegretario Delmastro, e reprime, con la violenza, la richiesta di “cessate il fuoco” da parte di studenti delle scuole superiori. La straordinaria reazione della città di Pisa, la sera stessa dei tragici eventi, è la conferma che c’è sempre più bisogno di una sinistra che interpreti questa domanda di giustizia e libertà. Così come sulla tragedia in Medio Oriente: per settimane è stato assordante il silenzio dell’Occidente sulle bombe che inseguivano e massacravano donne, bambini, ospedali nella Striscia di Gaza. All’inizio sembrava quasi giustificata la reazione di Netanyahu perché l’atto terroristico di Hamas (condannato immediatamente da tutti) oscurava qualunque morto palestinese! Poi via via si è incominciata ad allargare la consapevolezza del genocidio che Ghali, da Sanremo, ha avuto il coraggio di denunciare, davanti a milioni di persone. Su questo Elly Schlein è stata brava. Ha portato tutto il parlamento a far approvare la mozione del PD per il cessate il fuoco. E anche sul lavoro si è usciti dallo stucchevole dilemma jobs act sì o no, per farlo diventare un impegno (che mai il Pd finora aveva voluto affrontare) sul salario minimo. Una battaglia identitaria, che, unita alla proposta del reddito di cittadinanza come diritto di sopravvivenza, ha scardinato le incrostazioni neoliberiste del vecchio PD. Se questa consapevolezza sul diritto al reddito l’avessimo avuta già nella scorsa legislatura, saremmo potuti andare ad una alleanza politica ed elettorale anche con i 5 stelle e in questo modo sconfiggere o quanto meno limitare, già nel 2022, la vittoria della destra e della Meloni. Io credo che Letta e Zingaretti interpretando la politica delle alleanze solo attraverso tatticismi e posizionamento politico, abbiano danneggiato il Partito Democratico.
Con Elly, ad un anno dalla sua elezione, forse la musica sta cambiando.

Un tema che ha sempre caratterizzato il suo impegno politico e parlamentare è stato quello della giustizia. Di una giustizia giusta. Su questo c’è ancora molto da lavorare a sinistra.
Non bastano le battaglie di uguaglianza e di diritti sociali per qualificare oggi la sinistra, bisogna riprendere molto della tradizione socialista, come già consigliava Bobbio a Togliatti negli anni ‘60. Innanzitutto, i temi che riguardano la tutela dei diritti individuali di libertà a partire da quello della presunzione di innocenza e del diritto alla difesa dell’indagato. La giustizia giusta, infatti, è stato un tema della sinistra soprattutto socialista, oggettivamente il PCI ha sempre avuto una concezione integralista e moralista. E non è un caso che spesso si associno le cosiddette “toghe rosse” al Partito Democratico. Oggi però il PD non è il PCI e questa identificazione del gruppo dirigente nazionale con i Pm, a partire dai responsabili nazionali della giustizia, dovrebbe essere strutturalmente superata. E non si può nemmeno giustificarla come subalternità ai 5 stelle, perché molti dei nostri dirigenti erano giustizialisti prima dell’avvento di Grillo e Conte.

Un altro grande tema al centro del dibattito politico: la possibilità per i cittadini di scegliersi i propri rappresentanti. Non è limitativo ridurre questo tema al sì o no sul terzo mandato?
Innanzitutto, devo dire che io condivido la possibilità che i cittadini possano esprimere una preferenza verso il proprio sindaco o governatore anche dopo il secondo mandato, cosi come si è deciso per i comuni sotto i 15000 abitanti, per cui penso che sia stato sbagliato, in commissione affari costituzionali del Senato, votare contro. E’ artificioso l’argomento secondo cui il terzo mandato sia la “mano di Satana” al fine di mantenere il potere dei “satrapi” regionali. Bisogna avere rispetto degli strumenti della democrazia, altrimenti tutto diventa funzionale alla contingenza politica.
Sul tema della riforma dello Stato e della rappresentanza istituzionale, il PD ha perso molte occasioni. La sconfitta al referendum costituzionale, generata dalla presunzione di Renzi, ma anche dall’opposizione pregiudiziale e di uno strumentale posizionamento politico di una parte del PD; la mancata riforma della legge elettorale, dopo il nostro voto favorevole alla riduzione dei parlamentari, che la segreteria nazionale di allora non ha voluto scientemente portare avanti, perché faceva comodo autonominarsi parlamentare, sottraendosi così alla scelta dei cittadini.
Oggi, nel momento in cui il governo Meloni cerca di imporre una concezione populista della rappresentanza, attraverso il premier eletto dal popolo e la imposizione dell’autonomia territoriale, c’è l’occasione storica di proporre, attraverso una proposta normativa del PD, le preferenze per la selezione dei parlamentari nazionali, al fine di garantire che, almeno su questo aspetto, la democrazia delegata non venga calpestata, affidando ai cittadini il diritto della scelta dei propri rappresentanti. Sarebbe veramente triste, e anche un po’ paradossale che a decidere contro le preferenze siano proprio quei dirigenti del PD che hanno sostenuto Elly Schlein nel nome del rinnovamento e che però, per non perdere l’occasione di farsi “nominare” per la sesta o settima volta in parlamento, preferiscono mantenere la scelta nelle mani del segretario di turno piuttosto che in quelle dei cittadini.

28 Febbraio 2024

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