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Lo sfogo di Melissa Satta contro la stampa: “Soffro come donna e come madre”

Lo sfogo di Melissa Satta contro la stampa avida e sessista: “Soffro come donna e come madre”

Una donna bella, di successo e che piace genera – forse -invidia e nel gergo maschile tanti luoghi comuni. Per quanto ha riguardato Melissa Satta, quando si è saputo che aveva iniziato una relazione con Matteo Berrettini, molti – anche alcuni giornalisti – hanno subito pensato, detto e scritto: “Ecco, sta consumando Matteo“. Un modo di sicuro scherzoso ma allo stesso tempo sgradevole per dare la colpa alla modella, di origini sarde ma nata negli Usa, del calo di prestazioni e risultati del tennista. Già questo, da un punto di vista del gossip e del dibattito pubblico, ha generato a suo tempo diverse polemiche.

Perché Melissa Satta ha annunciato querele contro la stampa

Ma quando parte della stampa estera e forse anche italiana, hanno definito la Satta una ‘sex addicted‘, la showgirl non ci ha più visto. Cosa vuol dire sex addicted? È la sindrome di una persona dipendente dal sesso, una persona che non può fare a meno di avere rapporti sessuali e lo fa in modo compulsivo. In pratica Melissa Satta per alcuni giornalisti è una ninfomane, che non solo ama e vuole fare sempre sesso ma è di fatto malata di sesso. Come se per lei avere rapporti intimi fosse una patologia

Melissa Satta: lo sfogo dopo la fine della storia con Matteo Berrettini

Per questo la modella, delusa e arrabbiata, si è sfogata sui propri canali social. Prima, pubblicando un lungo testo – condiviso con il suo avvocato – dove ha spiegato le sue ragioni annunciando che querelerà i giornali colpevoli di averla offesa e poi pubblicando diverse storie dove ha raccontato in video l’intera vicenda ai suoi fan. Inutile dire che tali contenuti sono diventati ben presto virali.

Melissa Satta: il video pubblicato sui social

Bisogna riconoscere che la Satta ha ragione: è stata vittima di sciacallaggio e maschilismo mediatico. Stop. Finché si commentano le vicende relative ai personaggi pubblici, siamo ancora sul campo del ‘diritto di cronaca’. Nel momento si invade brutalmente la loro sfera privata, siamo sul campo dello ‘sputtanamento’. È una sottile linea di confine. “Sono stata offesa come donna e come madre, ora basta“, ha tuonato la Satta.

Il post di Melissa Satta pubblicato su Instagram

Ed eccomi qua ancora una volta costretta ad assumere la mia autodifesa dinanzi al tribunale dell’inquisizione mediatica, senza aver commesso nessun ‘crimine’, né alcun comportamento connotato da riprovevolezza morale. Nulla! Questa volta la stampa (e mi scusino coloro che esercitano la professione giornalistica con consapevolezza, impegno e preparazione, se uso un termine che li accomuna a chi utilizza la carta stampata come mero esercizio di sciacallaggio sociale), a proposito della mia discussa ‘rottura’, non ha mancato di rendere più gustosa la notizia all’evidente fine di vendere qualche copia cartacea o di guadagnare qualche click in più, definendomi come ‘sex addicted’.

Ora sappiate che il solo dover scrivere di me stessa riportando una definizione che mi lacera profondamente richiede una enorme forza psichica perché mi sembra di trovarmi catapultata al banco degli imputati, costretta a difendermi in un sistema perverso nel quale non vige la presunzione di innocenza, ma quella di colpevolezza, per cui, in base a questo un onere probatorio al contrario – se non sarò in grado di provare fati a mia discolpa – sarò ritenuta colpevole. Ho pensato più volte, e lo penso tuttora, di appartenere ad un mondo di persone a cui il destino ha riservato la fortuna di essere personaggi pubblici e di dover mettere in conto qualche inevitabile invasione nella mia vita privata, ma non è la prima volta che mi vedo costretta a difendermi da qualche pennivendolo che, al fine di stimolare la fantasia dei lettori più sensibili al tema, non manca di inventare storie piccanti sul mio conto, senza minimamente curarsi delle sofferenza causatemi come madre, prima che come donna e come persona

E non voglio strumentalizzare il sessismo quale combustibile per alimentare il mio sfogo, né voglio cedere alla facile tentazione di richiamare fatti di cronaca che quotidianamente vedono donne subire i gesti insani di qualche mente disturbata, ma credo che sia tempo che la stampa si assuma le proprie responsabilità e svolga il ruolo dell’informazione secondo i consueti canoni di verità e correttezza, evitando di trasmettere messaggi (in Internet si generano come una forma di virulenta epidemia) che possono sortire effetti devastanti nelle menti più labili. Per questo motivo questa volta giuro a me stessa che non penserò all’episodio in questione come ad un semplice incidente di percorso sull’accidentato cammino della notorietà“.