Donald Trump ottiene una vittoria in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Il tycoon e candidato in pectore del Partito Repubblicano, le primarie contro Nikki Haley sembrano ormai una pura formalità, ha visto accettare dalla Corte suprema l’esame della sua richiesta di venirgli riconosciuta l’immunità giudiziaria nel processo più complicato: quello federale che lo vede accusato di cercato di sovvertire il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, perse contro Joe Biden.
La vittoria non è solo nel “sì” della Corte suprema, a larga maggioranza conservatore con i suoi 6 giudici di destra contro i tre espressione del mondo più progressista, ma anche per i tempi: la Corte comincerà a esaminare il caso il 22 aprile e dunque una decisione non verrà presa prima di giugno o luglio.
Il processo federale doveva iniziare infatti a marzo e l’intervento della Corte suprema lo ritarderà: così lascerà spazio a Trump di continuare indisturbato o quasi la campagna elettorale contro Joe Biden senza la spada di Damocle di una clamorosa condanna.
Trump e l’immunità per l’assalto al Congresso
La richiesta di immunità da parte dei legali di Trump riguarda l’assalto dei suoi sostenitori al Congresso, avvenuto il 6 gennaio del 2021 dopo che il tycoon si era rifiutato di riconoscere il risultato elettorale che loh aveva visto sconfitto nelle urne contro Joe Biden.
Trump si era rivolto alla Corte suprema “amica” dopo che lo scorso dicembre una giudice federale aveva respinto la richiesta di immunità, portando i suoi avvocati a presentare appello. La strategia difensiva di Trump è chiara: da tempo i legali del leader del Partito Repubblicano sostengono che Trump, ancora in carica come presidente durante l’assalto al Campidoglio, godesse dell’immunità presidenziale e che dunque non possa essere processato per presunti reati commessi mentre era in carica.
I processi di Trump
Quello per l’assalto al Congresso è il processo più importante contro Trump, ma non l’unico. L’ex presidente deve rispondere di ben 91 capi di accusa in quattro diversi processi.
Quello con i presupposti più deboli riguarda un presunto pagamento avvenuto nel 2016 con i fondi della campagna elettorale nei confronti dell’attrice di film porno Stormy Daniels: denaro che, sostiene la procura di Manhattan, serviva a “silenziare” l’attrice e convincerla così a non divulgare alla stampa la relazione che i due avevano avuto una decina di anni prima, quando Trump era già sposato con la moglie Melania.
Quindi, ben più grave e come per l’assalto al Congresso un reato federale, il processo in cui è accusato di aver conservato illecitamente centina di documenti governativi top secret nella sua residenza privata di Mar-a-Lago, in Florida. Infine l’incriminazione in Georgia, dove Trump è accusato di aver tentato di cambiare i risultati delle presidenziali del 2020 con l’obiettivo di ribaltare il risultato generale.