Si riapre il caso
Cascina Spiotta, dopo mezzo secolo a rischio processo 4 ex Br per la sparatoria: le ombre sulle nuova indagine
Cronaca - di Carmine Di Niro
A quasi mezzo secolo dai fatti di Cascina Spiotta (Alessandria), dove il 5 giugno del 1975 l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso morì in uno scontro a fuoco con alcuni brigatisti che avevano sequestrato e nascosto lì l’imprenditore “re dello spumante” Vittorio Vallarino Gancia, la Procura di Torino vuole portare alla sbarra i protagonisti di quella storia.
Il sequestro Gancia di Cascina Spiotta
Questa mattina è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a Lauro Azzolini, Renato Curcio, Mario Moretti, Pierluigi Severino Zuffada: sono tutti indagati, chi come organizzatore-mandante e chi come esecutore, per l’omicidio di D’Alfonso. Nello scontro a fuoco oltre al militare perse la vita anche Margherita “Mara” Cagol, moglie di Renato Curcio, con cui fu tra i fondatori della Brigate Rosse, e vennero gravemente feriti il tenente Umberto Rocca e il maresciallo dei carabinieri Rosario Cattafi.
Dopo il conflitto a fuoco uno dei sequestratori riuscì ad allontanarsi: per l’accusa si tratterebbe proprio di Azzolini.
Le indagini e le accuse contro i brigatisti
Nell’avviso di conclusione indagini si legge che Curcio e Moretti, assieme a Mara Cagol, “decidevano ed ordinavano un sequestro di persona a scopo di estorsione per l’autofinanziamento” dell’associazione criminale, individuando “quale vittima” Gancia, “poi descritto come ‘finanziatore e patricinatore delle squadracce fasciste dell’astigiano’ nel giornale delle Br“.
Inoltre, aggiunge la Procura di Torino negli atti riportati dall’Agi, “definivano le modalità di gestione del sequestro“, “individuavano i soggetti che dovevano partecipare all’azione, coloro che dovevano recapitare la richiesta di riscatto, il luogo ove custodire l’ostaggio e chi doveva provvedere alla sua sorveglianza” e “davano ai partecipanti la seguente direttiva: ‘se avvistate il nemico vi sganciate prima del suo arrivo, se venite colti di sorpresa ingaggiate un conflitto per rompere l’accerchiamento“.
Quindi, si legge ancora nell’atto firmato dal procuratore aggiunto Emilio Gatti, “in esecuzione della direttiva ricevuta” al “sopraggiungere della pattuglia dei carabinieri“, Cagol e Azzolini, “a guardia dell’ostaggio“, “ingaggiavano un conflitto a fuoco contro i carabinieri, lanciando alcune bombe a mano ed esplodendo numerosi colpi di arma da fuoco“. D’Alfonso morì per i colpi ricevuti. La Procura contesta a Curcio e Moretti anche le aggravanti “di aver commesso il fatto al fine di conseguire l’impunità dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione e contro un pubblico ufficiale nell’adempimento delle sue funzioni” e “per finalità di terrorismo”.
Le ombre sulle nuova indagine
Come ricordato proprio sull’Unità da Frank Cimini, la nuova indagine della Procura a mezzo secolo dai fatti di Cascina Spiotta ha molte ombre. A partire dalla volontà degli inquirenti di non fare luce sulla morte della stessa Mara Cagol, se fu uccisa con un “colpo di grazia” mentre era inerme e inoffensiva a terra, ma per individuare responsabilità sulla morte di D’Alfonso in realtà già accertate.
L’indagine nei confronti di Azzolini era stata infatti già archiviata nel 1987 “ma non era stata allegata agli atti perché introvabile a causa dell’alluvione”, da qui la decisione di aprire una nuova indagine. Quella sentenza di proscioglimento per Azzolini, che ha compiuto 80 anni nel settembre del 2023, fu probabilmente distrutta durante un’alluvione nel 1994 che coinvolse il Tribunale di Alessandria
Spiega Davide Steccanella, difensore di Lauro Azzolini in relazione all’omicidio del brigadiere D’Alfonso: “Se io raccontassi all’estero che un giudice in Italia può revocare una sentenza di assoluzione per fatti di 50 anni fa di cui non dispone materialmente mi prenderebbero per pazzo”.
Nel corso delle indagini riaperte sul ‘cold case’ della stagione del terrorismo, fra 2022 e 2023 il procuratore aggiunto di Torino, Emilio Gatti, ha inoltre disposto intercettazioni telefoniche, telematiche, ambientali in particolare su Azzolini e su altri ex brigatisti, alcuni estranei ai reati ipotizzati nell’inchiesta condotta dai carabinieri del Ros.
Il memoriale
Alla base della nuova indagine il memoriale trovato sette mesi dopo i fatti di Cascina Spiotta nell’appartamento milanese di via Maderno, covo delle Br. A ottobre 2022 l’avvocato del figlio di D’Alfonso, Bruno, lo recuperò, lo depositò in procura e chiese la riapertura delle indagini: nel marzo 2023 i Ris trovarono impronte digitali appartenenti all’ex capo della colonna milanese delle Br Lauro Azzolini, sospettato di essere il brigatista scappato dopo la sparatoria, facendo riaprire il fascicolo.
Secondo il suo legale però emergerebbe al massimo che Azzolini potrebbe aver toccato il documento dattiloscritto riferito ai fatti in cui era morta Cagol, che venne esaminato da moltissimi altri militanti e che fu persino oggetto di una pubblicità su un giornale clandestino.