Voto atteso entro aprile
Elezioni in Serbia, a Belgrado si torna al voto dopo le proteste per brogli delle opposizioni
A Belgrado si tornerà al voto per eleggere il sindaco della capitale della Serbia. Le elezioni comunali, che si erano tenute il 17 dicembre scorso e avevano visto la vittoria con un margine risicato di Aleksandar Šapić, candidato del Partito del progresso serbo di destra e attuale sindaco ad interim, che fa capo al presidente serbo Aleksandar Vucic.
Le accuse di brogli in Serbia
Il voto, che si era tenuto in contemporanea con quello per eleggere il Parlamento, e che aveva visto in questo caso una vittoria più larga del partito di Vucic, era stato fortemente criticato dalle opposizioni: avevano denunciato infatti brogli da parte della maggioranza, in piazza si erano scatenate forti proteste di massa, con decine di arresti. Dubbi sulla legittimità del voto erano stati espressi anche da alcuni osservatori internazionali, che hanno il compito di assicurarsi che le elezioni si tengano in modo equo e regolare: in particolare erano state segnalate manipolazioni delle urne e compravendita di voti.
Lo stesso Partito del progresso serbo si è espresso a favore di una ripetizione delle elezioni, che dovrebbero tenersi nel mese di aprile: ma la forza di maggioranza che fa capo al presidente Aleksandar Vucic ha allo stesso tempo negato che la decisione abbia a che fare con le accuse di brogli, ma con la volontà di ottenere una legittimazione più ampia e confortevole nell’elettorato della capitale del Paese.
Il ritorno al voto a Belgrado
Il ritorno al voto è stato possibile dopo il terzo tentativo non riuscito di tenere la prima seduta costitutiva della nuova Assemblea municipale di Belgrado, a causa della mancanza del quorum di presenti. I primi due tentativi andati a vuoto erano avvenuti il 19 febbraio e il primo marzo scorso: domenica il terzo tentativo, nell’ultimo giorno consentito in base alle norme di legge per la seduta inaugurale e costitutiva dell’Assemblea. I leader e rappresentanti delle opposizioni nelle tre sedute si sono presentati nell’aula con cartelli e striscioni ostili a governo e presidente, denunciando il “furto elettorale” del 17 dicembre scorso e invocando nuove elezioni.