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La scossa di Schlein al Pd: dossier, sanità e cannabis

La scossa di Schlein al Pd: dossier, sanità e cannabis

Una serata in Tv molto intensa quella di Elly Schlein. Parlo della serata di martedì da Vespa. Ha detto diverse cose di notevole interesse che sembrano un vero e proprio reset rispetto ad alcune abitudini molto radicate nel suo partito. E che da anni condizionano le scelte politiche del Pd.

Ne cito solo tre, ma parecchio significative. La prima è il giudizio sui dossier scambiati tra antimafia e “Domani” (e forse anche altri giornali) che ribalta completamente le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi da dirigenti di primo piano del partito, come Ruotolo e Verini.

I quali si erano schierati a difesa di una non ben specificata libertà di stampa (che è una cosa molto seria ed è esattamente l’opposto del copia incolla delle veline e del dossieraggio).

La seconda è la denuncia di una politica di smantellamento della sanità pubblica, nell’interesse dei grandi imprenditori della sanità privata, che rischia di cancellare la riforma del 1978, che è stata una delle più grandi conquiste sociali ottenute, soprattutto dal Pci, negli anni Settanta.

La terza è l’attacco a Gratteri (che qualche anno fa doveva diventare il ministro della Giustizia di un governo del Pd) per le sue posizioni proibizioniste sulla cannabis.

Poi, certo, ci sono tante altre questioni sul tappeto. Per esempio il lavoro, per esempio i poveri, per esempio i migranti. Sul lavoro Schlein ha confermato la posizione ferma del Pd: nessuno, proprio nessuno, in Italia, deve lavorare con una paga inferiore ai 9 euro all’ora. Questo deve essere garantito dalla legge.

Sulle altre questioni – che sono una specie di ossessione per questo giornale – migranti e detenuti – siamo in attesa. La svolta sui dossier dell’antimafia è molto importante. Perché rompe con una vecchia tradizione della sinistra, forte già negli ultimi anni del Pci.

Quella di schierarsi sempre come truppe da sbarco in difesa dei giornalisti e dei magistrati che guidano le campagne giustizialiste. Non solo Elly Schlein ha gettato a mare l’idea dei dossier come strumenti di lotta politica, e dell’alleanza giornalisti-magistrati-007 come clava della battaglia moralista.

Ma ha attaccato frontalmente il governo per la sua passione a favore di ogni tipo di repressione. Certo, quella della polizia, ma soprattutto quella che si è concretizzata in tante leggi e leggine di questo governo che alzano le pene, alzano i reati, comprimono le libertà.

Dal decreto anti rave e alle orride leggi contro le Ong e i naufraghi che hanno prodotto un tremendo aumento del numero dei morti. Non può essere sottovalutata questa volta perché è una vera e propria sfida al suo partito.

Che in ampie sue correnti non è affatto favorevole a questi cambiamenti di strategia politica. Non può essere sottovalutata nemmeno da chi – spesso isolatissimo a sinistra – sostiene le buone ragioni del garantismo.

E neppure va messa in secondo piano la sfida ai grandi della sanità privata. I grandi della sanità privata sono molto potenti, hanno strumenti robusti per condizionare la politica. Sfidarli richiede coraggio, perché i rischi sono tanti.

Infine la critica a Gratteri, ma soprattutto la presa di posizione a favore dell’antiproibizionismo di marca radiale e pannelliana. Era ora. È un altra grande rottura questa. È la fine di quel sottile perbenismo che ha sempre tenuto la sinistra italiana in una posizione moderata e timorosa.

Dopodiché, lo potete immaginare, per quel che ci riguarda resta aperta una questione gigantesca: la pace, il pacifismo come scelta, valore, o addirittura ideologia. Lì la battaglia è aperta.