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8 marzo in carcere, visita alle detenute di Pozzuoli: una vera comunità penitenziaria

8 marzo in carcere: visita alle detenute di Pozzuoli

Prima o poi usciremo tutte da quel portone, non siamo fatte per stare qui dentro“, a dirlo è stata Teresa (nome di fantasia, ndr), prima dei nostri saluti. Prima che lasciassimo il reparto nel quale è detenuta. Oggi, 8 marzo, in occasione della Festa della donna ho fatto parte di una delegazione del Partito Radicale. Con Marco Cerrone membro del Consiglio Generale del partito e Ciro Cuozzo giornalista de Il Riformista, siamo andati a fare visita alle recluse che vivono nel carcere di Pozzuoli, in provincia di Napoli. Siamo stati accolti benissimo. A guidarci, con grande disponibilità, sono state la vice Comandante e dirigente della Polizia Penitenziaria Giovanna Grimaldi e la Funzionaria pedagogica Responsabile delle attività trattamentali dell’istituto, Adriana Entilla.

Visita alle detenute del carcere di Pozzuoli in occasione della Festa della donna

Nel carcere femminile di Pozzuoli si respira un’aria diversa rispetto a quelle annusate, ad esempio, nei penitenziari di PoggiorealeSecondigliano. L’aver visitato una casa circondariale per le donne, è stata un’esperienza completamente diversa e molto significativa. Innanzitutto, le recluse hanno parlato – tutte – di almeno un aspetto: quello familiare. Quest’ultimo è ovviamente caratterizzato dal distacco tra madre e figlio. L’obiettivo delle detenute e mamme è quello di continuare a badare ai figli, di riabbracciarli il prima possibile, di garantire loro un futuro. Quello che abbiamo percepito, è stato l’essere entrati in contatto con una vera e propria comunità penitenziaria.

Il carcere femminile di Pozzuoli

Solidarietà tra le recluse, rispetto con le agenti, ottimi rapporti con le educatrici, dialogo e confronto costante e proficuo, tra l’amministrazione penitenziaria e l’esterno, ovvero con il mondo del lavoro, il terzo settore e soprattutto la magistratura di sorveglianza. Tutta l’attività è focalizzata sul tenere quanto più impegnate possibile le detenute, attraverso attività ricreative e lavorative, cercando di proiettarle verso la vita fuori dal carcere. Quello di Pozzuoli è un penitenziario aperto alla società. A dimostrarlo, la presenza di otto tirocinanti, giovani studenti dell’università Suor Orsola Benincasa che stanno svolgendo un tirocinio per la facoltà di Scienze della Formazione.

I numeri del carcere femminile di Pozzuoli

Il carcere femminile di Pozzuoli non è molto grande. Ex convento del 1580, è composta da tre sezioni, rispettivamente quella di accoglienza, quella di transito e quella dedicata alle detenute con problemi psichici. L’istituto penitenziario è composto da recluse di media sicurezza. Nella casa circondariale vige il regime di celle aperte. Le detenute semi libere possono trascorrere gran parte della giornata fuori dalla cella. Le altre godono di quattro ore d’aria al giorno, divise in due parti, al mattino e al pomeriggio, di due ore ciascuna. In carcere vi sono 160 detenute per una capienza regolamentare di 98 posti. Vi è, dunque, anche qui il problema del sovraffollamento.

Il carcere femminile di Pozzuoli: attività e lavoro

Ma quest’ultimo è più gestibile, sia per le piccole dimensioni della struttura che per l’esiguo numero di recluse. Soprattutto, la maggior parte di esse, è impegnata in attività ricreative e lavorative. Ciò consente di avere le celle, composte anche da 8-10 detenute, non sempre piene (tranne quando si dorme). Poi ci sono celle da 4 detenute, ma anche da 6-7 detenute. 96 di loro sono definitive, 19 sono straniere, 8 sono sotto controllo psichiatrico. Qualcuno è tossicodipendente. Il personale della Polizia Penitenziaria e degli educatori non è in sottorganico (mancano solo alcuni ispettori). Diverse le attività trattamentali. C’è la famosa torrefazione di caffè che ha dato vita alla cooperativa delle Lazzarelle. Abbiamo conosciuto la vice Presidente e responsabile Paola Pizzo.

Le Lazzarelle, la sartoria e la cioccolateria nel carcere femminile di Pozzuoli

Abbiamo assunto tre detenute – ci ha spiegato – Due sono impiegate nel bistrot che abbiamo aperto nella Galleria Principe (a Napolindr), una lavora qui in carcere“. La dottoressa Pizzo sta parlando di Assunta, per tutti Susi: “Sono molto felice di lavorare qui – ci ha detto – È un modo per tenermi viva, responsabilizzarmi e darmi un obiettivo per il futuro“. Dal 2010 la cooperativa ha formato 70 lazzarelle‘. Ci sono poi una cioccolateria e una sartoria. Qui le signore Dora e Brigida coordinano e formano le detenute impiegate. Il progetto ha avuto inizio nel 2021 grazie alla ditta locale Palingem. In totale, le recluse che lavorano (tra quelle assunte e quelle in fase formativa), sono 18. L’orario lavorativo è dalle 8.30 alle 14.30, tutti i giorni.

Teatro, fitness e manutenzione nel carcere femminile di Pozzuoli

C’è il teatro, un’area fitness (sette detenute sono state formate come istruttrici, grazie alla collaborazione con il Centro Sportivo Italiano), la possibilità di lavorare come imbianchine (la struttura è un pò fatiscente ed essendo colpita da umido, muffa e salsedine, ha bisogno di una manutenzione costante), come giardiniere, negli orti. Le aree esterne sono anche utilizzate per i colloqui con le famiglie. C’è un negozio, una boutique gestita dalla Caritas, dove chiunque può portare vestiti e beni di prima necessità per le detenute che più hanno bisogno. C’è una biblioteca con 4mila libri, piccola ma che riesce a contenerli tutti. Ci sono, ovviamente, una cucina e una lavanderia, dove sono impegnate le detenute.

Sanità, scuola e università nel carcere femminile di Pozzuoli

Gli accessi sono piuttosto liberi e basati sul principio di rotazione tra le recluse. Poi c’è la scuola, un ‘presidio’ di cultura e inclusione aperto dalla mattina fino alle 8 di sera, “questo ci permette di coinvolgere quante più detenute possibili“, ha affermato un’insegnante. Sono iscritte 90 recluse, “ad oggi senza scuola non potrei stare“, ha dichiarato Vita. Vengono organizzati, a cadenza settimanale, laboratori di letturascrittura, con la partecipazione della scrittrice Maria Rosaria Selo. C’è anche il Polo Universitario della Federico II con tre detenute iscritte. Infine, il capitolo sanità. Secondo il responsabile per l’Asl Napoli 2Luigi Liccardi, “siamo migliorati tantissimo, sia in termini di organico – che ad oggi è completo – che di macchinari a disposizione.

Carcere femminile di Pozzuoli: cosa non va

Riusciamo a limitare al massimo le uscite delle detenute, consentendo loro l’assistenza sanitaria all’interno del carcere. Possiamo fare, ad esempio, radiografie, visite odontoiatriche e ginecologiche. I farmaci sono garantiti dall’ospedale di Pozzuoli. C’è una psichiatra in pianta stabile e ruotano quattro psicologhe“. Nel carcere femminile di Pozzuoli non ci sono donne incinte o madri con figli. Ma non è tutto oro ciò che luccica. “Io potrei già stare fuori ed avere accesso alle pene alternative – ci ha confidato Maria – e invece sto ancora qua dentro“. Ma qui il sistema penitenziario conta poco, il problema è a monte: nella burocrazia che caratterizza il sistema-giustizia.

Usciamo dal carcere femminile di Pozzuoli

E c’è il fenomeno sismico del bradisismo: durante il terremoto del 1980 le detenute furono sfollate a Nisida. Oggi, la struttura, è nel cuore della zona rossa individuata dal governo e rientra tra gli edifici di prima evacuazione. “Siamo abituati e lo sono anche le detenute – ha precisato la dottoressa Entilla – Ora più nessuno fa caso alle scosse e dopo l’esperienza del 1980, siamo pronte a tutto“. Al termine del nostro giro, la Comandante Grimaldi ci ha salutate con un annuncio: “In occasione della festa della mamma abbiamo organizzato una giornata per le famiglie. Verranno qui dei clown, versione ‘Patch Adams’, così i figli delle detenute potranno giocare e divertirsi“. Magari, un giorno, molte di queste donne potranno essere madri che giocano liberamente con i propri figli. Perché Teresa ha ragione, nessuno è fatto per stare dentro un carcere.