Le presidenziali Usa
Cosa promette Trump agli americani: tra deportazioni e guerra riuscirà Biden a fermarlo?
Dopo il ritiro di Haley, sarà di nuovo battaglia a due tra Biden, assediato dalla protesta contro l’appoggio a Israele, e Trump, sempre più furibondo e razzista e deciso a prendersi la rivincita
Esteri - di Vittorio Ferla
Il voto di martedì 5 marzo chiude, di fatto, le primarie statunitensi. Gli elettori americani di entrambi gli schieramenti sono andati al voto in 15 stati per il Super Tuesday.
Donald Trump sbaraglia definitivamente il suo campo (oggi può contare su 995 delegati) e vince le primarie repubblicane di Virginia, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Maine, Texas, Arkansas, Alabama, Colorado, Minnesota, Massachusetts e California.
- Joe Biden, il “ruggito” del vecchio leader: attacca Trump “pericolo per la democrazia” e rivendica i suoi successi
- Nikki Haley si ritira dalle primarie Repubblicane dopo il Super Tuesday, avvertimento a Trump: “Si guadagni i miei voti”
- Elezioni USA: è sempre più Biden-Trump, il Presidente e l’ex Presidente vincono quasi ovunque al Super Tuesday
La sua ultima concorrente Nikki Haley, ex ambasciatrice Usa all’Onu ed ex governatrice della Carolina del Sud, si ferma a 89 delegati, conquistando solo il Vermont. Ma nel discorso in cui formalizza l’abbandono della gara, Haley non fa endorsement a favore del candidato vittorioso.
“Lo chiamano Super Tuesday per un motivo. Questo è grande. E mi dicono, gli esperti e non, che non ce n’è mai stato uno come questo”, ha detto Trump durante la festa della notte delle elezioni nel suo resort di Mar-a-Lago a Palm Beach.
In effetti, il Super Tuesday 2024 sancisce la terza nomination consecutiva di un candidato alla presidenza: è la prima volta nella storia degli Stati Uniti. È anche la prima volta che un ex presidente riesce a ricandidarsi per la Casa Bianca.
La furia di Trump conquista un record dopo l’altro e spaventa coloro che amano la democrazia. Basta rileggere l’elenco di lamentele che il tycoon, sempre più cupo e rabbioso, ha recitato nel discorso della vittoria, insistendo sulla crisi degli Usa, nazione che, secondo lui, sotto la guida di Biden, sta precipitando verso il caos.
“Le nostre città sono invase dalla criminalità dei migranti, e questo è un crimine di Biden. Questa nuova ondata è violenta: stanno in mezzo alla strada e litigano con gli agenti di polizia. Se lo facessero nei paesi da cui provengono, verrebbero uccisi sul colpo. Lì non lo farebbero. Quindi il mondo ride di noi. Il mondo si sta approfittando di noi”, ha urlato Trump in uno dei suoi imbarazzanti accessi verbali, confermando che l’immigrazione (e la mancanza di sicurezza alle frontiere) sarà il terreno principale di scontro con il suo avversario democratico.
In realtà, le autorità statunitensi di frontiera hanno affermato più volte che la maggior parte di coloro che attraversano il confine sono famiglie vulnerabili in fuga dalla povertà e dalla violenza.
Ma a Trump importa poco la verità dei fatti: “Abbiamo milioni di persone che invadono il nostro paese. Questa è un’invasione. Questa è probabilmente la peggiore invasione. Il numero di immigrati oggi potrebbe essere di 15 milioni di persone. E provengono da luoghi difficili e pericolosi”.
Ma il dato è privo di riscontri. Trump continua così la sua implacabile battaglia di disinformazione tesa ad alimentare il senso di risentimento del suo elettorato, proprio nel momento in cui l’America, grazie alle politiche economiche di Joe Biden, diventa sempre più ricca, come mostrano l’aumentano dei consumi e dell’occupazione.
Tuttavia, il tycoon non dovrà sottovalutare alcuni segnali di allarme. Le performance più forti di Haley sono arrivate nelle città, nelle sedi universitarie e nei sobborghi.
Gli elettori con istruzione universitaria in quei distretti si sono spostati nettamente a favore dei democratici da quando Trump è emerso come portabandiera repubblicano nel 2016.
Pertanto il sostegno ricevuto da Nikki Haley da parte di quell’elettorato potrebbe segnalare un punto debole per Trump. Nella Carolina del Nord, uno stato ancora in bilico, con una popolazione di elettori con istruzione universitaria in rapida crescita, l’81% degli elettori che hanno sostenuto Haley martedì ha dichiarato che non voterà per Trump a novembre.
Proprio per questo motivo il comitato di Joe Biden è già impegnato a investire sulla conquista del voto dei repubblicani più moderati. Dal canto suo, Biden ha dominato il Super Tuesday con una media dell’80% dei voti circa.
Questo nonostante la scorsa settimana in Michigan ci sia stata una fronda di protesta contro l’impegno della Casa Bianca a fianco di Israele, che ha raccolto il 13% dei voti degli “uncommitted”, ovvero gli elettori democratici che non si impegnano a sostenere il presidente uscente.
Martedì il voto di protesta si è ripetuto, questa volta nel vicino Minnesota, un altro stato con una forte popolazione musulmana americana. Con circa l’89% delle schede scrutinate, la campagna dei “non impegnati” ha superato i 45 mila voti, una percentuale che arriva quasi al 20%.
“I numeri dimostrano che il presidente Biden non può riconquistare i nostri voti solo con la retorica”, ha detto in una nota il portavoce di Vote Uncommitted MN, Asma Nizami.
“Non è sufficiente usare semplicemente la parola ‘cessate il fuoco’ mentre Biden finanzia bombe che uccidono civili ogni giorno”. Insomma, un numero considerevole di democratici desidera con forza che Biden spinga fortemente per un cessate il fuoco a Gaza e ponga condizioni più rigorose agli aiuti militari statunitensi a Israele.
Dalla parte di Biden gioca però il fattore tempo: nei prossimi mesi la situazione a Gaza potrebbe cambiare. Nel caso di una tregua il presidente in carica avrebbe maggiori chance di riconquistare il consenso dei tanti dem scandalizzati per la carneficina compiuta da Israele a Gaza.
L’altro grande interrogativo riguarda le condizioni fisiche di Biden, che in tanti considerano troppo anziano per mantenere la lucidità necessaria per un così enorme compito.
Tim Walz, governatore del Minnesota, tra i difensori più attivi del presidente, assicura: “Joe Biden è un bravo ragazzo. La gente lo capisce. Ma la gente si chiede: ‘È abbastanza forte per affrontare queste sfide?’”.
Il riferimento è a Gaza e all’Ucraina. In privato molti esponenti del partito democratico chiedono più energia per contrastare l’assalto di Trump alla democrazia americana.
“La gente vuole vedere che è un combattente”, conferma il governatore del New Jersey Phil Murphy, amico di lunga data di Biden. Per distinguersi dal populismo eversivo dell’avversario, il presidente ha scelto finora un approccio mite.
Ma molti dei suoi sono convinti che la sua propaganda, al momento giusto, diventerà più dura. O, più probabilmente, è quello che si augurano per non essere travolti.