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Joe Biden, il “ruggito” del vecchio leader: attacca Trump “pericolo per la democrazia” e rivendica i suoi successi

Joe Biden durante il Discorso sullo Stato dell’Unione

Joe Biden durante il Discorso sullo Stato dell’Unione

Il vecchio Joe, “Sleepy”, come lo chiama abitualmente il suo rivale Donald Trump, mostra gli artigli. È un Joe Biden tutto all’attacco quello che parla nella notte italiana nel Discorso sullo Stato dell’Unione, forse l’ultimo.

Da Capitol Hill, dove il 6 gennaio 2021 Trump guidò “verbalmente” il tentativo di insurrezione dei suoi seguaci negando l’esito del voto che lo vide sconfitto, parte il tentativo di dare una svolta alla campagna elettorale del presidente.

Trump “pericolo per la democrazia”

Che, nonostante l’età, si dimostra combattivo. Obiettivo è ovviamente Donald Trump, fresco di vittoria al Super Tuesday delle primarie e del ritiro della sua unica sfidante nel campo Repubblicano, Nikki Haley. Nel suo discorso Biden evoca Trump senza nominarlo mai, marcando le differenze tra i due:  La mia vita mi ha insegnato ad abbracciare i valori fondamentali che hanno definito l’America: onestà, decenza, dignità, uguaglianza. Per rispettare tutti. Per dare a tutti una possibilità giusta. E non dare all’odio un porto sicuro. Ora alcune persone della mia età vedono una storia diversa: una storia americana di risentimento, vendetta e punizione. Quello non sono io”.

Di fronte alle due Camere riunite, Biden evoca i rischi per la democrazia di un ritorno di Trump alla Casa Bianca. Per il leader Dem “era dai tempi del presidente Lincoln e della guerra civile che la libertà e la democrazia non erano mai state sotto attacco qui in patria come lo sono oggi. Ciò che rende raro il nostro momento è che la libertà e la democrazia sono sotto attacco sia in patria che all’estero, nello stesso momento”.

La politica estera dall’Ucraina a Israele/Gaza

A segnare la differenza tra Biden e Trump è la politica estera, il presidente uscente lo rimarca più volte nel suo discorso durato circa un’ora.

A partire dall’Ucraina e dai rapporti con la Russia di Putin. Biden esorta i deputati e senatori Repubblicani, alcuni seduti con tanto di cappellino rosso Maga (Make America Great Again, lo slogan di Trump in testa), ad approvare gli aiuti a Kiev e accusando il tycoon di “sottomettersi” allo ‘zar’. “Il mio messaggio a Putin è chiaro: gli Stati Uniti non si tireranno indietro, io non mi tirerò indietro“. Quindi ha definito “scandaloso” l’invito di Trump a Putin a “fare quello che vuole” con i Paesi Nato che non pagano la giusta quota, ribadendo che con lui, invece, l’Alleanza Atlantica è più forte, come dimostra la recente adesione della Svezia.

Quindi il Medio Oriente, dove Biden tende una mano all’ala del Partito Democratico più sensibile alla questione palestinese, che ha mostrato la sua forza nel voto “uncommitted” nella primarie. Nel suo discorso Biden annuncia l’impegno statunitense per creare un porto a Gaza dove far arrivar gli aiuti umanitari per la popolazione palestinese ridotta alla fame dopo cinque mesi di operazioni militari israeliani seguite all’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso.

Il fronte interno, dall’economia ai migranti

Sul fronte interno due i grandi temi su cui ha puntato Biden. Da una parte la rivendicazione dei risultati dell’economia statunitense, “che  il mondo intero ci invidia” e con una disoccupazione sotto il 4 per cento. Nel suo intervento Biden ha poi proposto aumento dell’aliquota fiscale per le grandi aziende al 28%, e della minimum tax dal 15 al 21%, per dare anche qui un segnale all’ala più a sinistra del partito.

Nel suo discorso spazio anche la battaglia per i diritti civili, a partire dalla posizione sull’aborto della sua amministrazione dopo l’abolizione della ‘Roe v. Wade’.

Ma soprattutto la questione immigrazione, che secondo i sondaggi è la più sentita dall’elettorato e che Trump sta cavalcando con toni a dir poco estremi. Biden ha spiegato che “non demonizzerà i migranti accusandoli di ‘avvelenare il sangue del nostro Paese’”, citando le parole del suo rivale, sollecitando il Congresso ad approvare una legge sul controllo delle frontiere.