La vittoria in Abruzzo

Risultati Abruzzo: Meloni in festa, Salvini mangiato da Forza Italia

“Non importa quanto è largo il campo, ma quanto è coeso”, chiosa la premier. Che avverte i padani sempre più nervosi per il nuovo crollo

Politica - di David Romoli - 12 Marzo 2024

CONDIVIDI

Risultati Abruzzo: Meloni in festa, Salvini mangiato da Forza Italia

Giorgia la premier ha tutte le ragioni per essere soddisfatta. Il suo candidato Marco Marsilio ha spezzato l’incantesimo che aveva inabissato sinora tutti i presidenti di regione uscenti in Abruzzo.

La vittoria netta ha sfatato la leggenda del nuovo vento che dalla Sardegna doveva soffiare impetuoso contro il suo governo e derubricato il fattaccio nell’isola quasi a semplice incidente di percorso.

La sterzata che nell’ultimo scorcio aveva trasformato la prova reginale in test nazionale le fa gioco: può affermare a buon diritto di aver guidato lei, con l’elmetto ben calzato in testa la controffensiva.

Ma la rosa ha le sue spine e sono appuntite. La premier se ne rende conto e fa trapelare la preoccupazione nel suo comprensibile peana: “È il primo presidente dell’Abruzzo confermato e questo per noi è motivo di grande orgoglio. Non importa quanto un campo sia largo: importa quanto sia coeso”.

Tra le righe ma neppure troppo è un messaggio inviato agli alleati: attenti a non mostrare divisioni o ci andiamo di mezzo tutti. All’alleato in realtà, perché il dente che duole è solo Matteo Salvini.

Il leader della Lega, come ormai da repertorio fisso, ha fatto buon viso a gioco cattivo: “Bella vittoria del centrodestra. Buon risultato della Lega che supera il M5s”.

In termini di pallottoliere non ha tutti i torti. Certo a paragone dei fasti delle regionali 2019 il Carroccio precipita ma quello era messo in conto sin dall’inizio. Il paragone lecito, quello con le politiche 2022, è molto meno tragico: circa un punto percentuale in meno.

Solo che la politica non si fa mai col pallottoliere e il dato complessivo, con l’ulteriore calo della Lega, sia pur contenuto, e l’exploit di Fi che conquista quasi il doppio dei consensi, vicina al 14% contro l’esiguo 7% leghista, è un colpo da ko.

Soprattutto è un colpo che, se sarà confermato nei prossimi mesi dalle prove regionali in Basilicata e Piemonte e soprattutto dalle europee, ridisegnerà da capo a piedi la fisionomia del centrodestra.

La coalizione vincente nel 2022 era trainata da due forze politiche nettamente di destra, affini in politica interna e divise in materia di esteri grazie a un salto mortale tanto improvviso quanto riuscito della leader tricolore, con alleata una forza minore centrista on un grande passato alle spalle ma che tutti consideravano in via di estinzione, Forza Italia.

Il quadro appare oggi completamente diverso: la coalizione cammina su due gambe, la destra a modo suo radicale ma realista e attenta alle compatibilità di FdI e i moderati di Fi, parte integrante del Ppe.

A differenza della Lega il partito di Tajani è fondamentale per portare alla coalizione un’area elettorale diversa da quella della destra propriamente detta e l’asse fra tricolori e azzurri prefigura quello al quale stanno lavorando in Europa sia Meloni che von der Leyen.

Tajani, consapevole di avere il vento in poppa, dopo aver doverosamente dedicato la vittoria all’immancabile Silvio Berlusconi, lancia inoltre un’opa che potrebbe rivelarsi appetibile sui centristi dell’altra sponda: “A sinistra ci sono tanti delusi perché ritengono che questa alleanza snaturi la vocazione moderata. Quindi guardano con maggior interesse a Fi”.

È solo un auspicio, ma non del tutto irrealistico. In questo centrodestra dal dna mutato la Lega di Salvini non ha spazio, condannata com’è a una competizione oggi impossibile con FdI.

Ci sarebbe certamente spazio per una Lega di nuovo localizzata e centrata sulla rappresentanza di interessi territoriali specifici invece che sul partito nazionale d’opinione a cui ha mirato Salvini.

Ma per ridisegnare così l’alleanza ci vorrebbe una leader di coalizione e non di partito, capace di sacrificare qualcosa, come l’arrembaggio nel Veneto, e di mostrare abilità strategica, diplomazia e generosità. Finora però di queste doti Giorgia Meloni ha dato poca prova.

12 Marzo 2024

Condividi l'articolo