Il caso Consip
Così i giornali hanno fucilato Alfredo Romeo: cronisti o sicari?
Il 2 marzo del 2017 le prime pagine dei quotidiani nazionali lo inchiodavano con titoli a caratteri cubitali. Sarebbe stato troppo noioso spiegare che era la versione dell’accusa, quella che 7 anni dopo un giudice ha considerato del tutto infondata
Cronaca - di Iuri Maria Prado
Il 2 Marzo del 2017 le prime pagine dei quotidiani nazionali erano occupate da questi titoli: “Così Romeo arrivò ai politici – L’imprenditore arrestato per corruzione” (Corriere della Sera); “Consip, arrestato Romeo” (Il Sole 24 Ore), e sotto due editoriali: “La ‘scalata’ alle gare Consip”; “Tangenti e appoggi politici”.
Andiamo avanti: “Corruzione ad altissimo livello: arrestato l’imprenditore Romeo, manager Consip a libro paga per pilotare appalti miliardari” (la Repubblica); “Inchiesta Consip, nelle carte spunta il nome di Renzi – Roma, arrestato l’imprenditore Romeo” (La Stampa); “L’arresto che scuote la politica – In manette l’imprenditore Alfredo Romeo – Dirigente Consip confessa: ‘Pagava per gli appalti’” (Il Messaggero); “Papà Renzi nei guai seri: ‘Si faceva promettere soldi’ – In cella l’imprenditore Romeo” (il Giornale); “Giungla d’appalto – arrestato per corruzione l’imprenditore Alfredo Romeo” (il Manifesto); “Arrestato Romeo – ‘Tangenti Consip e 30 mila euro al mese promessi a babbo Renzi’” (Il Fatto Quotidiano); “Inchiesta Consip, arrestato l’imprenditore Romeo” (l’Unità); “In manette Romeo: operava ‘al livello politico più alto’” (La Verità); “Consip, nelle carte anche Renzi – Alla sua fondazione 60 mila euro – Arrestato l’imprenditore Romeo” (Il Secolo XIX); “L’arresto di Romeo scuote la politica – Tangenti in cambio di appalti” (Il Mattino); “Arrestato Romeo – accuse a papà Renzi” (Il Gazzettino).
Noioso, eh? Ma non si annoiava, sette anni fa, chi doveva leggere quei titoli da dietro le sbarre; non si annoiavano i familiari, i parenti, i collaboratori, i dipendenti di chi fu ingiustamente coinvolto nell’indagine finita in un’assoluzione generale tranne che per i funzionari dello Stato che invece qualcosa di illecito avrebbero fatto, ma senza finire su quelle prime pagine di giornale.
E sarebbe stato anche più noioso, per quei titolisti, diminuire l’ampiezza dei caratteri che gridavano il coinvolgimento degli indagati e spiegare bene, senza strilli fuorvianti, che quella era una versione, la versione dell’accusa, quella che sette anni dopo un giudice ha considerato completamente infondata anche se ha tenuto sulla griglia persone del tutto innocenti.
Sarebbe stato noioso spiegare che una volta su due, o forse quattro su cinque, finisce così: con gli indagati e gli arrestati distrutti per sette anni e poi assolti senza titoli di giornale che sbattano in prima pagina il proprio errore, le proprie scuse per aver fatto il copia-incolla delle accuse sulla pelle di gente che dopo sette anni si gode il riscontro dell’assoluzione in trafiletto, neutra neutra, fredda come il neon, mentre sette anni prima le colpe infuocavano nove colonne di compiacimento forcaiolo.
Le scuse? Ma figurarsi. Un minimo segno di contrizione? Sì, buonanotte. L’ammissione che fare i titoli e gli editorialoni su confezione giudiziaria è una pessima abitudine? Uff, che noia.