La presidente dell'AOI

Intervista a Silvia Stilli: “A Gaza è in corso un genocidio, chi chiede il cessate il fuoco non è antisemita”

“Ci definiscono antisemiti e filoputin perché chiediamo il cessate il fuoco”, dice la presidente dell’Aoi, tra le organizzazioni che hanno promosso la grande manifestazione del 9 marzo e la carovana solidale a Rafah

Interviste - di Umberto De Giovannangeli - 14 Marzo 2024

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Intervista a Silvia Stilli: “A Gaza è in corso un genocidio, chi chiede il cessate il fuoco non è antisemita”

I pacifisti ci sono. Ripartendo dalla grande manifestazione di Roma del 9 marzo e dalla Carovana solidale che ha raggiunto il valico di Rafah. L’Unità ne discute con Silvia Stilli, Presidente dell’Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI), che rappresenta più di 500 organizzazioni non governative, interne e internazionali, tra i promotori della manifestazione di Roma e della Carovana solidale.

Qual è il messaggio più forte lanciato dalla manifestazione nazionale di Roma di sabato scorso?
La manifestazione di sabato è stata organizzata in meno di due settimane, sulla base di un appello che porta le prime firme della coalizione Assisi Pace Giusta e della Rete Pace e Disarmo, discusso da un ampio ventaglio di associazioni e reti un mese fa. La scelta della data è stata condizionata dal ravvicinato inizio del Ramadan. Il centro dell’appello era la Pace Giusta in Palestina e Ucraina, con la fine delle guerre. La partecipazione è stata assai numerosa, con migliaia di persone, tanti striscioni e bandiere che hanno invaso le strade di Roma. Cessate il Fuoco resta il messaggio più forte e condiviso oggi e gli accenti e gli slogan erano concentrati sullo sterminio in atto a Gaza. Un messaggio che trova ragione in quanto la Corte Internazionale ha chiesto questo esplicitamente, nell’annunciare la decisione di aprire il procedimento nei confronti del governo israeliano per l’accusa di genocidio inoltrata dal Sudafrica. Un percorso giudiziario che non sarà breve, ma che ha cominciato a dare i suoi frutti. Canada, Svezia e Spagna, infatti, hanno ripreso a finanziare UNRWA, l’Agenzia Umanitaria Onu per i palestinesi, dopo la sospensione dovuta alle accuse non sostenibili, da parte di Israele e altri Paesi, anche dell’UE, di sostenere la causa di Hamas.

E qui da noi?
In Italia è stata approvata alla Camera dei deputati con un voto trasversale ampio la mozione che impegna il governo alla formalizzazione della richiesta per l’immediato Cessate il Fuoco. Occorre dare concretezza adesso ad atti umanitari immediati per la popolazione civile di Gaza e all’azione diplomatica internazionale che sostituisca la voce delle armi. La piazza sabato scorso ha ribadito questo messaggio.

AOI è stata tra i promotori della Carovana solidale che ha portato aiuti ai confini con Rafah. Che esperienza è stata sia sul piano politico che su quello umano?
L’idea della Carovana è nata un paio di mesi fa, quando AOI si è resa conto del forte impatto sulle persone e le comunità nel nostro Paese della campagna di raccolta fondi #EmergenzaGaza lanciata a novembre scorso. Abbiamo raccolto all’oggi quasi 150.000 euro, tra tante iniziative diffuse nei territori, donazioni private e collettive di gruppi di interesse, campagne solidali di fine anno messe a sostegno da ARCI e ARCS, CGIL, gruppi di Amnesty International e ong aderenti alla Rete AOI, a partire da quelle operanti a Gaza o in Cisgiordania: CISS, Cospe, Terre des Hommes, ACS, CRIC, Vento di Terra, Educaid, Oxfam. La raccolta ha permesso di fare invii diretti nella Striscia, soprattutto nei primi due mesi in cui era ancora possibile trovare beni di prima sussistenza, quindi di acquistare aiuti alimentari, sanitari, coperte, abiti in Egitto e farli transitare da Rafah per raggiungere l’interno di Gaza occupata. Ad un certo punto, ci siamo resi conto che la rete diffusa delle nostre organizzazioni, operanti tra Cisgiordania, Gaza e l’Egitto, era in grado di tentare l’invio di 2 container direttamente dall’hub umanitario di Al Arish transitando per il valico. Anche grazie al contributo di 25.000 euro arrivato all’ong CISS dalla Fondazione Con il Sud. Abbiamo subito iniziato un dialogo fattivo e collaborativo con le autorità egiziane e le Mezze Lune Rosse egiziana e palestinese per sbrigare in tempi brevi le pratiche e abbiamo ottenuto altre donazioni in beni materiali: ringrazio soprattutto Medici Senza Frontiere. Quando era ormai chiaro che l’operazione dei container si sarebbe realizzata, abbiamo deciso che il loro transito verso la Striscia avrebbe meritato un accompagnamento autorevole e di visibilità con un messaggio politico forte. Da ottobre scorso AOI ha avviato e mantenuto un rapporto continuativo con l’intergruppo parlamentare alla Camera dei Deputati per la Pace e il dialogo tra Israele e Palestina. Con chi ne fa parte abbiamo cercato di realizzare una delegazione che tenesse incontri a Il Cairo e raggiungesse poi il valico, coinvolgendo anche giornalisti e operatori del mondo della comunicazione. Ce l’abbiamo fatta, anche grazie all’azione diplomatica efficace della nostra Ambasciata a Il Cairo, supportata da un sostanziale appoggio diretto della Farnesina. La delegazione mista di 47 persone dal 3 al 6 marzo scorso ha incontrato organizzazioni umanitarie internazionali e palestinesi, rappresentanti della Lega Araba e ong presenti nella Striscia, tra cui Oxfam ed MSF. Tra gli italiani c’erano anche studiosi e legali impegnati in Italia e a livello internazionale per i diritti del popolo palestinese. AOI è riuscita ad avere permessi e garanzie di sicurezza per attraversare il Sinai e arrivare a Rafah: la prima delegazione di parlamentari internazionali e società civile che ha portato al valico operatrici e operatori della comunicazione. I due container avevano iniziato il viaggio per entrare nella Striscia alcune ore prima. Un successo della solidarietà e della buona politica che deve continuare con maggiore energia per ottenere il Cessate il Fuoco e la salvezza della popolazione di Gaza. Ringrazio ARCI e Assopace che hanno copromosso l’iniziativa ed erano parte della delegazione con Walter Massa, Presidente ARCI e Luisa Morgantini, attivista per i diritti umani e per la Pace in Palestina ed ex-Presidente del parlamento europeo.

Prima e dopo la manifestazione di Roma, molto si è concionato sull’uso del termine genocidio in rapporto a ciò che sta accadendo a Gaza.
Ripeto, la Corte Internazionale sta valutando l’accusa di genocidio per il governo di Israele. Non è certo un ‘manipolo di pacifisti filopalestinesi’ che usa questo termine. Siamo ormai alla cifra di 29.000 vittime civili, la Striscia per 2/3 è distrutta, la fame e la disperazione si stanno mostrando nella loro più cruda realtà: tra le macerie e con un milione di persone ammassate nei campi al confine con l’Egitto nella parte palestinese, a Rafah appunto, dove subiscono violenze e vengono uccise dalla repressione dei militari israeliani anche quando vanno a prendere i pochi aiuti. Siamo al paradosso degli invii di beni con i paracadute che precipitando sul terreno uccidono altri innocenti. È un quadro di infinità disumanità, non so come lo si possa definire ormai se non sterminio. Al primo caldo arriveranno le epidemie. Non c’è acqua potabile, si utilizza anche quella poca e sporca che esce dagli scarichi delle lavatrici. Un film dell’orrore a proiezione continua in diretta. Tra Al Arish e Rafah sono migliaia i camion di aiuti bloccati e altri gli israeliani li rimandano indietro perché frigoriferi, bombole dell’ossigeno, sedie per anziani, incubatrici, materiale sanitario sono considerati potenziali armi offensive. Come vogliamo definire quello che sta avvenendo oggi a Gaza se non con la parola più esatta, cioè genocidio?

Un altro fronte caldo, su cui il movimento pacifista si è espresso e mobilitato, è quello della guerra in Ucraina. Le parole di Papa Francesco hanno sollevato polemiche a non finire. Pure lui è un “filo putiniano”?
Non si è popolari oggi se si solleva il tema della sofferenza della popolazione civile vittima nei più di 100 conflitti nel mondo di violenze derivate dalla voce data alle armi. Non voglio commentare le parole pubblicate nell’intervista a Papa Francesco: non mi pare che il punto sia la ‘bandiera bianca’ degli Ucraini. La mission delle organizzazioni di AOI è il sostegno alle persone che soffrono e che sono colpite da queste guerre disumane con migliaia di morti e distruzioni di intere comunità. Siamo definiti ‘filoputiniani’ e ‘antisemiti’ perché chiediamo che la diplomazia internazionale e le Nazioni Unite guidino con autorevolezza riconosciuta negoziati immediati per far cessare il fuoco nei conflitti più evidenti oggi: nella terra di Ucraina colpita dai russi e a Gaza invasa dagli Israeliani. Questo non è ‘essere di parte’. Le ong italiane hanno rilanciato il proprio impegno umanitario in Ucraina e stanno portando aiuti e operando con il personale locale a Gaza. In termini di coerenza questo conta.

La pace e la sinistra. Gli organizzatori della manifestazione del 9 marzo non avevano chiesto un’adesione ufficiale ai partiti. Ma certe assenze in piazza qualcosa dicono…
Appelli e messaggi dei cortei e delle manifestazioni come quella del 9 marzo sono frutto di un’iniziativa autonoma delle reti della società civile e delle persone che vi partecipano. I partiti hanno i loro spazi per farsi ascoltare. La richiesta del Cessate il Fuoco e di aiuti alla popolazione civile di Gaza è rivolta al Governo e a tutte le forze parlamentari, perché venga sostenuta con maggiore consapevolezza e azione: lo hanno compreso le deputate e i deputati partecipanti alla Carovana presenti alla manifestazione di sabato scorso. Ho visto partiti di opposizione, con bandiere e striscioni. Sulla presenza di altre e altri leader non mi esprimo. Le scelte di una forza politica e le priorità della propria agenda vanno misurate sui fatti più che sulla visibilità nelle piazze. Leggeremo i programmi dei partiti per le elezioni europee e vedremo quali interlocuzioni si apriranno sui temi della pace, dei diritti umani, della giustizia globale.

14 Marzo 2024

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