Gli accordi dell'Italia
La passione del governo per i dittatori: Meloni regala 7 miliardi ad Al Sisi, Salvini esalta Putin
La Libia è stata maestra. I suoi tagliagole si incontrano spesso coi nostri ministri e promettono massima collaborazione. Un certo numero di naufraghi vengono salvati dalle Ong, ma la gran parte finisce in mano ai libici. La mattanza sta funzionando piuttosto bene. Alla fila dei cacciatori di profughi si aggiungono gli egiziani, che possono dare una bella mano.
Editoriali - di Piero Sansonetti
Giorgia Meloni ha incontrato Al Sisi, il presidente egiziano. E si è dimostrata molto soddisfatta dei risultati dell’incontro. Noi pensavamo che la sua soddisfazione dipendesse dal fatto che aveva convinto Al Sisi a ridurre la pressione repressiva sul suo popolo e a concedere qualche margine al dissenso, e magari anche a svuotare un po’ le prigioni.
O addirittura che avesse ottenuto i nomi di quelli che hanno torturato e poi ucciso il nostro Giulio Regeni. Invece no. Lei ha detto che di queste cose non se ne è parlato. Forse una dimenticanza, o un fraintendimento. L’accordo è stato su quello che si chiama il piano Mattei.
Sembra che la Meloni e la von der Leyen abbiano concesso ad Al Sisi una parcella da sette miliardi in cambio della promessa che si impegnerà a sterminare i profughi che dovessero passare o partire dall’Egitto per venire in Europa coi gommoni.
Dovrà in ogni caso impedir loro di partire, violando la carta dei Diritti dell’Uomo (che ormai è considerata una specie di manifesto della sovversione internazionale, vicino alle idee di Cospito…) e semmai qualcuno dovesse riuscire a partire, dovrà riacchiapparlo subito con le motovedette, riportarlo in Egitto, e poi internarlo in qualche piccolo lager, sull’esempio di quello che fanno i libici.
La Libia è stata maestra. I suoi tagliagole si incontrano spesso coi nostri ministri e promettono massima collaborazione. Sembra anche con qualche profitto. Un certo numero di naufraghi vengono salvati dalle Ong, ma la gran parte finisce in mano ai libici.
Il governo italiano ha garantito da parte sua collaborazione ai libici, impegnandosi a mettere il più possibile le Ong fuori combattimento, con sequestri amministrativi, multe e disposizioni cervellotiche sui porti da sbarco.
La mattanza, da quando la Libia e poi anche la Tunisia collaborano, sta funzionando piuttosto bene. Ora alla fila dei cacciatori di profughi si aggiungono gli egiziani, che possono dare una bella mano.
Anche se costano piuttosto cari. Però in questo ci aiuta l’Europa. E poi, si sa, se vuoi un buon servizio devi pagare bene. Anche dal droghiere è così. Al Sisi chi è? Un dittatore come tanti altri. Come Putin per esempio.
È andato al potere con un colpo di Stato, ha messo fuorilegge gli oppositori, ha fatto molti arresti, è considerato dalla Comunità Europea e da Amnesty, più o meno, il capo di uno stato canaglia. È un po’ come Putin.
Del resto anche lui l’anno scorso ha vinto le elezioni, proprio come il suo collega russo. Putin però si è dovuto accontentare dell’88 per cento dei voti. Al Sisi ha ottenuto oltre il 90. È più forte. Infatti non è che si capisce bene perché a Putin dobbiamo fare la guerra. Forse perché lui non è in grado di fermare i profughi. Anzi, lui i profughi li fabbrica.
Assai più coerente della Meloni è Salvini. Che invece ha presentato a Putin le congratulazioni per il suo successo elettorale. Ha detto che quando il popolo vota, vota. Fece votare del resto, anche con Mussolini, nel 1938, per esempio, e anche in qual caso credo che il premier dell’epoca prese più del 90 per cento. Come Al Sisi.
Dopodiché una sola cosa resta incomprensibile. Ma Khamenei che ha fatto di male? Perché non proviamo a fare qualche accordo anche con lui? Se continuiamo a tenerlo alla porta, il nostro potrebbe essere considerato un pessimo gesto di discriminazione.