La mobilitazione in piazza
Sovraffollamento carcerario, non c’è più tempo: come ridurlo
Il minimo sindacale è la riduzione del sovraffollamento carcerario. Ha ragione l’Ucpi: non c’è più tempo.
Editoriali - di Rita Bernardini
Mi vergogno di dire “ti amo” a mia moglie perché durante la videochiamata lo devo pronunciare davanti a tutti; non c’è alcuna riservatezza, è una gran confusione, ognuno ascolta quel che dicono gli altri.
Accade nel carcere di Catania-Bicocca a pochi giorni di distanza dalla sentenza n.10/24 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità del divieto assoluto di colloqui intimi tra detenuti e familiari riconoscendo il diritto all’affettività e alla sessualità in carcere.
Al Carcere di Bicocca, non è garantita nemmeno la possibilità di dichiarare il proprio amore al coniuge. Non ci sono spazi, ci dicono gli operatori durante la visita di Nessuno tocchi Caino, abbiamo dovuto mettere queste sei postazioni una attaccata all’altra e senza insonorizzazione.
Quello descritto è un piccolo fatto rispetto a ciò che accade quotidianamente nei 189 istituti penitenziari italiani: morti, suicidi, atti di autolesionismo, violenza, sovraffollamento, mancanza di cure, trattamento risocializzante quasi inesistente, ma credo sia comunque indicativo di quella afflittività gratuita, quel di più di dolore rispetto alla privazione della libertà, che si respira e vive in carcere.
In questo recente viaggio della speranza in Sicilia, a proposito di sovraffollamento, mi è capitato di sentir pronunciare l’espressione “capienza tollerabile” sia da parte di un direttore che di un magistrato di sorveglianza.
Tollerabile da chi? Le nostre istituzioni sono obbligate a riferirsi solo alla capienza regolamentare prevista dalle leggi; eppure, non mancano (per fortuna sono rari) suoi rappresentanti che dimostrano di non aver compreso né il portato della sentenza Torreggiani del 2013 con cui la Corte EDU condannò il nostro Paese per sistematici trattamenti inumani e degradanti, né tantomeno il semplice principio di legalità, tanto più stringente quando sono in gioco diritti umani fondamentali.
Il minimo sindacale da richiedere subito è la riduzione del sovraffollamento che, unito alla carenza di ogni professionalità che ha a che fare con il carcere, è la causa primaria dei trattamenti condannati in sede europea.
In Italia si registrano 14.000 persone detenute in più rispetto alla ricettività “legale” e, secondo l’Associazione Antigone, sono più di 4.000 ogni anno i detenuti “risarciti” per trattamenti inumani e degradanti dai nostri tribunali e questo, nonostante i diversi orientamenti della magistratura di sorveglianza e nonostante il fatto che non tutti i detenuti che ne avrebbero diritto presentino le relative istanze.
Se, come prevedibile, la popolazione detenuta continuerà ad aumentare al ritmo di 400 detenuti in più al mese, dai 61.000 detenuti registrati al 29 febbraio, passeremo alla fine dell’anno a 65.000 reclusi.
E’ questo che si vuole? Si vuole arrivare alla fine del 2024 con il record dei detenuti suicidi in Europa? Non va trascurato in alcun modo anche il disagio vissuto dagli agenti di polizia penitenziaria in forte carenza di organico. In questi primi due mesi e mezzo anche tre di loro si sono tolti la vita.
Noi percepiamo la loro sofferenza quando andiamo in visita in carcere: sono gli unici lavoratori penitenziari a contatto stretto con i detenuti; su di loro si riversano tutte le inefficienze del sistema, spesso costretti a vivere nel degrado e a doversi far carico degli eventi critici che costantemente si verificano…
Per tutti questi motivi, saremo presenti alla manifestazione convocata dall’Unione delle Camere Penali in Piazza Santi Apostoli a Roma alle ore 14 mercoledì 20 marzo e, come Nessuno tocchi Caino, ci teniamo a ringraziare il Presidente Francesco Petrelli per aver inserito nella piattaforma della mobilitazione dal titolo “Non c’è più tempo”, oltre alla sacrosanta richiesta di Amnistia e di Indulto, anche la nostra proposta di legge sulla riforma della “liberazione anticipata speciale e ordinamentale” incardinata a Montecitorio grazie all’opera di Roberto Giachetti e al coinvolgimento delle forze di maggioranza e di opposizione.
Il Satyagraha 2024 prosegue fino a che un provvedimento concreto non vedrà la luce: ci saranno altri scioperi della fame e forse della sete perché è vero quel che dice l’UCPI, non c’è più tempo: occorre far vivere il diritto che è vita concreta e dignità per la democrazia del nostro Paese.