La disabilità, la non autosufficienza, le politiche sociali in genere sono materie di grande impatto nel dibattito pubblico. Trovano sempre sostenitori, a volte saltuari. Non sempre il “clamore” si trasforma in politiche concrete. Basterebbe guardare rassegne, studi e dati che ciclicamente si diffondono a partire dall’ISTAT per capire quante differenze ci sono nel nostro Paese.
Se la gestione della sanità appare a dir poco multiforme, quella delle politiche sociali misura differenze, addirittura, abissali. Al di là della esigibilità dei diritti dei disabili, per esempio, sancita in note Convenzioni dell’Onu recepite anche nella legislazione italiana.
L’Europa nel marzo del 2021 ha indicato una strategia per i diritti delle persone con disabilità. Un contesto più volte richiamato che impone scelte e decisioni. Eppure in questi anni qualche segno di speranza si è intravisto. La legge sul dopo di noi, una più incisiva attività sulla non autosufficienza, le legge sull’autismo parti della norma sul cosiddetto family act ecc…
Per sollevare le sorti di oltre il dieci per cento delle famiglie italiane (circa 2,8 milioni) che ha un componente con disabilità, certamente in questi ultimi mesi abbiamo assistito ad azioni di disorientamento, altamente confusionarie. A dir poco. Non si tratta di stare a “destra” o a “sinistra” (ora opposizione).
Piuttosto si vuole capire se dopo aver istituito in maniera anche solenne un Ministero per le disabilità, quale strada si vuole percorrere. Anche quando si intravede buona fede e volontà da alcuni rappresentanti del Governo. La materia appare complessa.
Ci sono visioni su questi argomenti, in molti casi, alternative. Occorre ascoltare le associazioni che da sempre si occupano di questi temi. Con attenzione, senza pregiudizi ideologici. Fare un lavoro di ricognizione ed aiutare la politica e chi si occupa di welfare in Parlamento e nel Governo a fare uscire dall’angolo questioni dirimenti che attengono al grado di civiltà di un Paese.
È evidente che la piena garanzia della esigibilità dei diritti umani, civili e sociali, in questa fase storica, appare sicuramente più debole. Con un carico enorme sulle famiglie. La prima nota che aveva sollevato il tema fu proposta al Parlamento, con la solita fredda e netta chiarezza, dall’Ufficio Parlamentare di bilancio quando venne ascoltato sulla Legge di Bilancio.
Al giudizio positivo sull’istituzione de Fondo unico per la disabilità, senza dibattiti esoterici sulle cifre, l’Ufficio scandì con chiarezza che la “dotazione complessiva del nuovo fondo è tuttavia inferiore alle risorse disponibili dei fondi eliminati”. Cioè quello per l’inclusione delle persone con disabilità, quello dei caregiver, quelle per le persone sorde ecc…
Disvelata la misura “numerologica” della questione, non sempre facile da capire, il dibattito si amplificò. Non mancarono dichiarazioni e prese di posizione. Dal Parlamento alla società italiana fu una pioggia di critiche.
Dopo i poveri toccherà ai disabili, dissero i più agguerriti! Un capovolgimento di prospettive per le sorti dei più “sofferenti” della società italiana che non sarebbe stato sopportabile. Il Governo tentò di correre ai ripari e quel fondo che era di 231 milioni di euro passò (?non appare chiaro) a 550., dissero con una certa durezza alcuni rappresentanti del Governo.
Ma vedendo quello che succede in questi giorni sul Fondo per i disturbi alimentari che era scomparso e che viene, forse, recuperato nel mille proroghe, le associazioni più rappresentative sono comprensibilmente diffidenti. C’è chi dice che è solo un “giochino” di cifre per reggere all’impatto negativo.
Certo a leggere il testo pubblicato in Gazzetta ufficiale dal comma 210 in poi della Legge di Bilancio non è semplice districarsi. Si aggiunge qualcosa, si rimanda ad altro. Insomma un giro largo di norme che si basa anche “sulle risorse non utilizzate, nel limite massimo di quelle effettivamente disponibile” ci dice ermeticamente il comma 211 della norma.
Ora che fare? L’autonomia differenziata annuncia rivoluzioni, i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) sono la più grande delle disunità nazionali. Soprattutto guardando alle politiche sociali. Dalle Alpi all’Appennino è una sequenza di differenze.
Vista sotto questo aspetto della disabilità, la questione appare clamorosa. La Fish, Federazione italiana per il superamento dell’handicap, con il suo presidente stima che solo per la non autosufficienza sarebbe necessario prevedere uno stanziamento di un 1 miliardo e 306 milioni di euro nel 2024, suddivisi in 835 milioni per la sanità e 471 milioni per il sociale.
Cifre non grandi, che in tanti anni nessuno ha raggiunto. Ad onor del vero. Per evitare che una parte importante di quei circa tre milioni di nuclei familiari rischi deprivazioni, emarginazioni o addirittura segregazioni, serve un salto di attenzione al di là dei tavoli su tante materie che pure vengono allestiti in questi giorni fra vari Ministeri.
Una delle emergenze che si deve segnalare è proprio quella della non autosufficienza. La negazione più drammatica in una persona. Oggi il rischio concreto è che il finanziamento della legge delega 33 del 2023 produca effetti disastrosi.
C’è il pericolo che quella legge, approvata come obbligo per il Pnrr, assorba il 60/70 per cento del fondo. Cioè ci si occupi degli anziani non autosufficienti, e non di chi dalla nascita o durante l’età evolutiva ha sviluppato una condizione di disabilità, e quindi di non autosufficienza.
In una lunga ed articolata relazione che la Fish ha consegnato al Parlamento italiano viene minuziosamente descritto questo scenario. Dice il documento: “Occorre far presente che una persona con disabilità, specie dalla nascita o per una condizione sviluppatesi durante l’età evolutiva, anche se non autosufficiente, necessita oltre che di assistenza, soprattutto di interventi di abilitazione e di sviluppo personale e tale condizione è diversa da chi è diventato non autosufficiente a causa dell’anzianità”.
Un grande scrittore come Giuseppe Pontiggia ci ha raccontato qualche anno fa che ci sono persone che nascono due volte. Ci sono grandi probabilità, purtroppo, che il contesto sociale possa impedire anche questo sforzo che tanti disabili e tante famiglie ogni giorno misurano con fatica e grande tenacia. Su pochi punti una legge di Bilancio dovrebbe avere parole e cifre chiare. Senza dubbi, senza dibattiti e senza emendamenti.