“Venga a chiarire la presidente Meloni, perché di Piantedosi non ci fidiamo più”. Proprio al termine del dibattito alla Camera sul Consiglio europeo di oggi, il deputato del Pd Marco Lacarra, barese, chiede alla presidente di tornare in aula per spiegare cosa sta succedendo a Bari e lanciare una freccia intinta nel curaro contro il ministro degli Interni.
Dopo la notizia, arrivata martedì sera, della decisione del Viminale di inviare al Comune di Bari una commissione di accesso per verificare l’eventualità di sciogliere l’amministrazione, il Pd cerca un modo per rispondere a quello che è effettivamente un colpo tanto basso quanto duro.
Nelle chiacchiere circola anche l’ipotesi di dimissioni non difensive ma offensive del sindaco Antonio Decaro ma per ora, probabilmente anche in seguito, non se ne farà niente. Per una volta il Pd non esagera e non fa propaganda. La decisione di Piantedosi, soprattutto per la tempistica, è davvero clamorosa e ingiustificata.
È vero, c’è un’inchiesta che ha portato a circa 130 arresti e all’amministrazione giudiziaria della municipalizzata del trasporto pubblico, l’Amtab, inchiesta centrata soprattutto sul voto di scambio concordato con i clan locali. Ed è vero che tra gli arrestati ci sono la consigliera attualmente nel centrosinistra Maria Carmen Lorusso e suo marito Giacomo Olivieri, ex assessore regionale.
Ma la consigliera era stata eletta col centrodestra, salvo poi traghettarsi dall’altra parte del fiume al momento giusto. Con il centrodestra era stata eletta anche l’altra consigliera arrestata l’ottobre scorso, sempre con l’accusa di scambio politico-mafioso, Francesca Ferri.
E il procuratore di Bari Roberto Rossi ha non solo assicurato “l’insussistenza del coinvolgimento del sindaco” ma ha contestualmente ringraziato l’amministrazione per “la grandissima collaborazione data alla Procura”.
Basterebbe per gettare ombre sulla decisione di Piantedosi anche se non ci fosse il particolare della richiesta di inviare la Commissione avanzata direttamente in un colloquio col ministro da due parlamentari pugliesi di Fi, il deputato D’Attis e il viceministro della Giustizia Sisto, spalleggiati da una squadra di altri esponenti della destra pugliese, sia tricolori che leghisti.
Ma soprattutto sorprendente è la scelta dei tempi: a tre mesi dalle elezioni europee, in una piazza come quella di Bari che per il Pd è da decenni un punto di forza. Al Nazareno nessuno ha il minimo dubbio sul carattere tutto politico dell’attacco: “Questi non si fermano davanti a niente” è la frase che riassume gli umori comuni.
Decaro in un primo momento aveva deciso di rispondere solo con il comunicato di martedì sera, nel quale accusava Piantedosi di aver dichiarato guerra al Comune di Bari. Poi sente Gasparri tacciare le sue parole come “inaccettabili, presuntuose e arroganti”, chiedere l’intervento dell’Antimafia, parlare di ombre gravissime e decide di uscire allo scoperto. Convoca una conferenza stampa ad altissimo tasso di emotività.
“Toglietemi la scorta che mi segue da 9 anni e ricomincio a vivere”, s’infervora. Rivendica le molte volte in cui ha accompagnato di persona chi voleva denunciare il voto di scambio, l’aver spinto di persona a denunciare chi il voto lo aveva comprato a suo favore.
Si commuove, s’infuria, s’indigna, ammette di aver paura, perché essere lasciati soli vuol dire essere esposti al rischio di attentati, poi sbotta: “Non ho avuto paura dei boss, figuratevi se ho paura di D’Attis”.
Non ha dubbi sull’obiettivo dell’operazione, il sindaco: “Come in Gomorra vogliono riprendersi Bari ma non riprenderete niente perché non è vostra e non è mia ma è dei cittadini”. Fa anche una certa autocritica perché la consigliera Lorusso era stata sì eletta con gli avversari “però era arrivata comunque a votare le mie delibere”.
Forse contro il voto di scambio, “calcio in bocca alla democrazia” e contro il trasformismo, “il vero problema”, si doveva fare anche di più. E di trasformismo, a Bari, ce n’è da vendere. Olivieri, il marito della consigliera arrestata, ha cambiato schieramento 7 volte. Pote girevoli peggio anche al Grand Hotel.
L’intero Pd fa muro in difesa di Decaro, tutti i parlamentari, tutti i sindaci, il governatore Emiliano in primissima fila, e si uniscono anche moltissimi centristi. Tutta la destra si schiera altrettanto compatta e battagliera a fianco di Piantedosi, il quale, compassato, non va oltre un laconico: “Noi facciamo la guerra alle mafie, non alle amministrazioni comunali”.
In tutta la legislatura non c’erano mai stati pronunciamenti di massa così corali e così infiammati dall’una e dall’altra parte. Ma oltre le dichiarazioni e la richiesta di riferire in aula indirizzata alla premier invece che al ministro il Pd non può andare. Con la speranza che l’alto credito di cui gode Decaro ovunque e in particolare a Bari basti a trasformare l’attacco in boomerang.