L'appello al Parlamento Ue
Patto anti-migranti: cosa prevede e perché non va votato
Dalle procedure speciali che consentono di imprigionare i richiedenti asilo alle espulsioni rapide, l’intesa viola i principi del diritto internazionale
Cronaca - di Redazione Web
Gentili Onorevoli Membri del Parlamento Europeo
Vi scriviamo in qualità di difensori dei diritti umani e di rappresentanti della rete “Road Map per il Diritto D’Asilo e la Libertà di Movimento, Diciamo la nostra sul patto europeo”, che riunisce 9 organizzazioni della società civile impegnate nella promozione dei diritti delle persone rifugiate in Europa.
Negli ultimi mesi abbiamo lanciato una consultazione dal basso sul Patto Ue migrazione e asilo per sensibilizzare sui principali contenuti della proposta. La campagna ha raggiunto 18 città italiane e ha coinvolto nel dibattito centinaia di cittadini.
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Crediamo fermamente in un sistema europeo comune di asilo come quadro giuridico e politico essenziale per garantire la condivisione delle responsabilità, la solidarietà tra gli Stati membri e standard armonizzati e uniformi per l’accoglienza delle persone in cerca di protezione nell’Ue.
Siamo anche consapevoli che la politica si basa spesso sul compromesso. Ma ci sono delle eccezioni e i diritti umani non possono essere considerati un’opzione: quando vengono limitati, ne paghiamo tutti il prezzo.
Siamo molto preoccupati che alcune disposizioni del Patto Ue sulla migrazione e l’asilo – in particolare quelle previste dal regolamento sullo screening e dal regolamento procedure – perpetuino gli approcci fallimentari del passato e ne aggravino le conseguenze.
Il Patto rischia di tradursi in un quadro giuridico disfunzionale, costoso e crudele, che lascia irrisolte le questioni critiche e causa una maggiore sofferenza per le persone in cerca di protezione. Se approvata nella forma attuale, la proposta genererà un sistema caratterizzato dai seguenti elementi problematici:
1. La normalizzazione dell’uso esteso delle “procedure speciali” alla frontiera, con un’inversione del corretto principio giuridico, secondo il quale le procedure ordinarie si applicano alla maggior parte delle situazioni, mentre le eccezioni possono essere previste solo per casi strettamente limitati; le procedure di frontiera e le procedure accelerate saranno obbligatorie in molte circostanze, determinando un uso generalizzato e prolungato della detenzione alle frontiere, anche per le famiglie con bambini di tutte le età.
Queste disposizioni eludono il principio generale, che formalmente rimane in vigore nella nuova direttiva sull’accoglienza, secondo cui un richiedente asilo non può essere trattenuto semplicemente perché è un richiedente asilo.
Il Regolamento introduce anche una nuova procedura in base alla quale la “Commissione elabora il numero corrispondente alla capacità adeguata di ciascuno Stato membro di espletare le procedure di frontiera” (art. 41 ter).
Si prevede che “La capacità adeguata a livello dell’Unione per l’espletamento delle procedure di frontiera è considerata pari a 30.000 richiedenti asilo”, (art. 41 bis) presenti in qualunque momento nell’Unione.
Quando la “capacità adeguata” è raggiunta, lo Stato è esonerato dall’applicare la procedura di frontiera, tranne in casi limitati in cui rimane obbligatoria. Questa nuova indicazione mette in dubbio la legittimità dell’applicazione della procedura, in quanto la rende completamente arbitraria e soggetta ad interpretazione.
I richiedenti asilo verrebbero infatti sottoposti a diversi regimi giuridici non in base al loro status, alle circostanze del loro ingresso o al loro comportamento, ma piuttosto a causa di fattori temporali del tutto casuali (arrivare nell’UE prima che sia raggiunta la quota adeguata o dopo, e velocità della turnazione).
L’aspetto più preoccupante rimane l’applicazione facoltativa della procedura di frontiera nei confronti di una pluralità di ipotesi (domanda di asilo spontaneamente presentata alla frontiera o in caso di rintraccio a seguito di attraversamento irregolare, ingresso a seguito di operazioni di soccorso in mare nelle quali il richiedente asilo viene compresso nei suoi diritti fondamentali e sottoposto a trattenimento per il solo fatto di aver chiesto asilo.
2. Migliaia di richiedenti asilo saranno sottoposti a procedure di frontiera invece di ricevere una valutazione equa e completa delle loro richieste di asilo e, attraverso la “finzione giuridica del non ingresso”, saranno trattati come se non fossero entrati nel territorio dell’Ue, il che porterà a minori garanzie e al rischio di serie violazioni dei diritti umani.
La finzione di non ingresso consentirà infatti di eludere le già ridotte garanzie sugli allontanamenti previsti dalla Direttiva 115/2008/Ce utilizzando le procedure di respingimento alla frontiera. Anche i minori non accompagnati possono essere sottoposti alle procedure di frontiera se le autorità li considerano un “pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico”.
Abbiamo visto in passato che trattenere un gran numero di persone nelle strutture di frontiera, per lunghi periodi di tempo, comporta un sovraffollamento cronico e condizioni disumane. Tutte le procedure accelerate di frontiera e le conseguenti detenzioni verrebbero attuate nei Paesi di primo arrivo dei richiedenti asilo, tra cui l’Italia e la Grecia che, insieme ai Paesi dell’Est europeo, diventerebbero una sorta di “Paesi hotspot” dove trattenere il maggior numero possibile di richiedenti asilo e occuparsi della loro accoglienza, dell’esame delle domande, delle controversie e degli eventuali rimpatri.
3. Le proposte riducono il diritto a un ricorso effettivo, abbreviando i termini per l’appello, combinando le decisioni in materia di asilo e di rimpatrio ed eliminando l’effetto sospensivo automatico dell’appello per molte categorie di persone/decisioni.
Questo significa che le persone saranno espulse prima che la loro procedura di ricorso abbia inizio. Sarà possibile chiedere che l’espulsione venga sospesa in attesa della decisione sul ricorso, ma con una scadenza breve e con la necessità di un ricorso legale separato.
4. Viene ampliato il concetto di “Paese terzo sicuro”, un concetto già presente nel diritto dell’UE ma che non deriva dal diritto internazionale dei rifugiati. I richiedenti asilo provenienti da un Paese terzo “sicuro” sono automaticamente inviati in tale Paese in quanto la loro domanda è considerata inammissibile. Ciò avviene in violazione del diritto ad un esame individuale delle domande di asilo.
La soglia per considerare un Paese sicuro viene abbassata, sia riducendo significativamente il livello di protezione che dovrebbe essere disponibile nel Paese per essere classificato come sicuro, sia limitando – e consentendo di definire a livello nazionale – il legame richiesto tra la persona e quel Paese il che potrebbe portare uno Stato membro a ritenere paese terzo sicuro un Paese nel quale il richiedente asilo ha solo transitato o in cui è rimasto, privo di adeguata protezione, per un periodo di tempo per ragioni del tutto contingenti quali recuperare risorse economiche per il viaggio .
L’applicazione di questo concetto, così formulato, consentirà in tal modo agli Stati membri di rimpatriare i richiedenti asilo nonostante il rischio di respingimento e di violazioni dei diritti umani. Anche la disposizione che stabilisce la presunzione di sicurezza per i Paesi terzi con cui l’UE ha concluso un accordo ai sensi dell’articolo 218 del TFUE è pericolosa e può portare al rischio di respingimento.
5. Anche se l’applicazione delle deroghe procedurali previste dal “Regolamento crisi” può avvenire solo in circostanze “eccezionali” (art.1 Reg.) la nozione di strumentalizzazione da parte di un paese terzo o di un attore non statale rimane pericolosamente vaga e autorizza lo Stato che invoca l’esistenza di una situazione di strumentalizzazione a ridurre drasticamente le garanzie di esame delle domande di asilo e ad applicare misure generalizzate di detenzione anche senza che vi siano, a fondamento di tali decisioni, una situazione di reale e comprovata difficoltà nella gestione del sistema di asilo del paese membro coinvolto.
6. Le procedure con le quali, in base al nuovo Regolamento Screening, verranno raccolte le informazioni sui cittadini stranieri, sulla loro intenzione di chiedere protezione internazionale e sulla loro vulnerabilità destano seria preoccupazione perché sono modellate su un approccio di tipo inquisitorio senza che sia prevista sempre una figura indipendente di tutela dello straniero (la presenza di associazioni ed enti terzi è fortemente limitata e controllata).
L’esito delle procedure di screening, raccolte in un semplice modulo producono esiti che hanno uni rilevantissimo impatto sulla vita delle persone, tra cui il possibile immediato avvio a una procedura di allontanamento. Anche se la norma precisa in modo alquanto vago che le informazioni acquisite nel corso dello screening devono “poter essere riesaminate in sede amministrativa e giudiziaria nel corso di qualsiasi procedura di asilo o di rimpatrio” (art.13) il modulo in sè, come osserva ECRE, “non è una decisione e non può quindi essere impugnato”.
Se è positivo che siano state introdotte delle misure di solidarietà e di condivisione delle responsabilità tra gli Stati con il nuovo regolamento RAMM, che resta tuttavia insufficiente e critico sul concetto di “primo ingresso”, la dura risposta repressiva e restrittiva dei regolamenti Procedure Screening e Crisi, tenderà gravemente a normalizzare l’uso arbitrario della detenzione e l’utilizzo sistematico di procedure “sommarie” per consentire i respingimenti verso i cosiddetti “Paesi terzi sicuri”.
Alla luce di questi aspetti critici, i sottoscritti invitano gli eurodeputati a votare contro l’adozione del Patto. Qualsiasi riforma della politica di asilo e migrazione deve mettere al centro le persone ed essere guidata dai valori europei di dignità umana, solidarietà e libertà.
Dobbiamo convogliare le risorse e gli sforzi dell’UE per creare un sistema di asilo e accoglienza equo ed efficace, un meccanismo funzionante di solidarietà e condivisione delle responsabilità e percorsi legali e sicuri per le persone in cerca di protezione.
Ad aprile, durante la votazione finale, gli eurodeputati avranno l’ultima possibilità di respingere la proposta e dare un segnale politico contro l’adozione di un Patto che minerebbe il diritto di asilo e tradirebbe i valori su cui si fonda l’UE. La vostra scelta può fare la differenza.