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Detenuta si toglie la vita nel carcere della Dozza a Bologna: è il 26esimo suicidio del 2024

Detenuta si toglie la vita nel carcere della Dozza a Bologna: è il 25esimo suicidio del 2024

Dopo il suicidio di una detenuta nel carcere bolognese della Dozza, avvenuto ieri pomeriggio, la Cgil e la Fp Cgil di Bologna lanciano “un appello alla città e alle istituzioni affinché si apra una discussione urgente, chiamando il Governo alla necessaria assunzione di responsabilità, per aggredire e risolvere le gravissime criticità che investono il sistema penitenziario e la dignità di chi è detenuto e di chi vi opera“. Ancora una volta, dunque, la Cgil bolognese tenta di “porre all’attenzione di tutte le istituzioni cittadine e delle autorità le contraddizioni strutturali che affliggono da tempo il sistema carcerario di Bologna“. Infatti, ricordano il segretario bolognese della Cgil Michele Bulgarelli e il suo omologo della Fp Marco Pasquini, “da tempo denunciamo il cronico sovraffollamento e la grave carenza di personale nella casa circondariale Dozza e al Centro di giustizia minorile del Pratello, che minano la condizione di vita dei detenuti e le condizioni di lavoro degli operatori“. Data la situazione, dunque, “le parole richiamate anche di recente del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla funzione rieducativa della pena non trovano riscontro: nei penitenziari italiani si continua a morire per suicidio e in questa macabra conta scompaiono le distinzioni tra detenuti e polizia penitenziaria“.

Detenuta si toglie la vita nel carcere della Dozza a Bologna

Peraltro, concludono Bulgarelli e Pasquini, “solo due giorni fa la Fp Cgil di Bologna ha nuovamente denunciato le gravi situazioni di sovraffollamento e di carenza di personale, che rendono sempre più insostenibili le condizioni di vita delle detenute e dei detenuti e le condizioni di lavoro degli operatori“, i tanti episodi di “aggressione fisica e verbale fra detenuti e agli operatori della Polizia penitenziaria e i molti danneggiamenti alla struttura e alle suppellettili“. Anche l’Ordine degli avvocati di Bologna chiede alla politica di fare qualcosa dopo questo suicidio. E afferma che, data “l’incapacità dello Stato di assicurare luoghi e dotazioni adeguate al rispetto dei principi costituzionali e alla dignità dei detenuti e del personale penitenziario, bisogna tornare a pensare a provvedimenti urgenti ed eccezionali“, nello specifico “amnistia e indulto, che non possono più essere considerate parole ‘eretiche’“. Queste misure, scrive il presidente del Consiglio dell’Ordine Flavio Peccenini in una nota inviata a rappresentanti della magistratura e della politica, non rappresenterebbero “forme di facile impunità, ma provvedimenti di equità, ancor prima che di clemenza“. Amnistia e indulto, insiste Peccenini, sono parole che “di fronte a questa strage (26 suicidi tra i detenuti delle carceri italiane dall’inizio dell’anno, ndr) devono tornare ad essere pronunciate senza alcuna vergogna, con la forza e la determinazione di chi non vuole che questa strage di esseri umani continui ad insanguinare i luoghi in cui lo Stato dovrebbe custodirli per rieducarli“.

Sono 26 i suicidi nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno

Il presidente dei legali bolognesi sottolinea poi le criticità che affliggono l’istituto di pena del capoluogo emiliano, a cominciare dalle “condizioni non degne di un Paese civile” in cui vivono “gli oltre 850 detenuti, su una capienza regolamentare di 500 posti” e “il personale della Polizia penitenziaria, cronicamente sotto organico“. L’opinione di Peccenini, in sintesi, è che alla Dozzail principio di rieducazione della pena sia niente più che un miraggio“. Il presidente degli avvocati bolognesi non si sofferma però soltanto su quanto avviene dentro il carcere, ma chiede anche “di sapere cosa si fa fuori“, perché “piangere le morti non serve a nulla, se nulla si fa per evitarne altre“. In primo luogo Peccenini chiama in causa il sindaco Matteo Lepore, che “ha la responsabilità della salute di tutti i cittadini, perché sappia che a Bologna c’è un luogo dove le vite valgono molto meno di altri luoghi della stessa città e si spengono per mancanza di speranza“, e annuncia che “presto gli chiederemo un incontro per proporre le nostre idee su come il Comune potrebbe offrire un contributo concreto per rendere questa speranza qualcosa di più reale“. Alla magistratura, in primis quella di Sorveglianza, si chiede invece di “recarsi in carcere, di vedere quello che abbiamo visto noi e di parlare con i detenuti che hanno parlato con noi“, soprattutto per avere “la piena consapevolezza delle condizioni in cui verrà eseguita la pena detentiva o la custodia in carcere“.

L’Ordine degli avvocati di Bologna: “Amnistia e indulto”

Infine, l’Ordine degli avvocati si rivolge “a tutta la politica, perché sulla dignità e sulla vita delle persone che sono sotto la custodia dello Stato non ci possono essere schieramenti“, affermando senza mezzi termini che “non c’è più tempo, perché la strage nelle nostre carceri è inarrestabile e orrenda, e presto raggiungeremo i numeri di detenuti che nel 2013 portò nel la Corte europea dei diritti dell’uomo ad infliggere al nostro Paese un’umiliante condanna per trattamenti inumani e degradanti, proprio in ragione delle condizioni delle carceri“. “Il suicidio di una detenuta di 55 anni, slovacca, nel carcere di Bologna, a cui aggiungere i 16 agenti penitenziari che, complessivamente, nelle ultime 48 ore, hanno subito aggressioni e violenze negli istituti, sono le due facce della stessa medaglia: l’emergenza carcere è sempre più acuta e non si intravede un’uscita“. Così il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo che annuncia dal 2 aprile prossimo l’inizio dello sciopero della fame e un tour tra le carceri italiane. “Non possiamo più limitarci ad esprimere cordoglio e rabbia. Almeno noi – aggiunge – vogliamo far sentire con tono fermo e forte tutta la protesta perché lo Stato non è in grado di garantire la vita delle persone che ha in custodia e del personale penitenziario che ogni giorno rischia la vita nel servizio. Continuiamo a leggere dai media che c’è chi continua a chiamare i suicidi dei detenuti ‘tragica fatalità’“.

L’allarme dei sindacati

Non c’è purtroppo più nulla di fatalità. Altrimenti – continua Di Giacomo si abbia il coraggio di dare ragione al Ministro Nordio quando ha parlato di suicidi come ‘questione irrisolvibile’ e ‘malattia da accertare’. Una situazione che rafforza l’allarme lanciato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’esigenza di assistenza sanitaria dentro agli istituti penitenziari che è una esigenza diffusa, ampia, indispensabile, la mancanza della quale – come ha detto il Capo dello Stato- fa sì che su di noi ‘ricadano esigenze e richieste’ che non rientrano nei nostri compiti e nelle nostre funzioni. Mattarella è rimasto l’unico rappresentante istituzionale a chiamare le cose con il proprio nome e a richiamare il compito delle altre istituzioni: dal sovraffollamento carcerario, alle carenze di organico. Confidiamo nel suo impegno e pertanto alzeremo il tono della mobilitazione con lo sciopero della fame e il tour delle carceri programmato. Almeno noi non ci stiamo perché lo Stato ha la responsabilità delle persone che ha in custodia e la responsabilità di garantire condizioni di lavoro accettabili per i suoi servitori“, conclude.