Le tre vittime dell'incidente
Chi sono le vittime dell’esplosione alla centrale di Suviana: Vincenzo, Mario, Pavel morti da “trasfertisti”
Cronaca - di Redazione
Vincenzo, Pavel, Mario. Si chiamavano così le tre vittime dell’esplosione avvenuta nel pomeriggio di martedì alla centrale idroelettrica di Suviana, l’impianto di Bargi di proprietà di Enel Green Power posizionato a monte di Suviana.
Nessuno di loro era però dipendente della società che gestisce l’impianto: erano tutti sul posto con ditte esterne, a cui Enel aveva appaltato i lavori di manutenzione finalizzati al collaudo della centrale.
I tre, assieme a cinque colleghi rimasti feriti e quattro ancora dispersi sono stati sorpresi dall’esplosione di una turbina, posta 40 metri sotto il livello dell’acqua, che ha provocato il collasso del solaio tra l’ottavo e il nono piano, provocando la rottura dei condotti di refrigerazione e allagando l’intero piano.
Chi sono le tre vittime dell’esplosione della centrale di Suviana
Nel bilancio provvisorio della strage le tre vittime accertate sono Vincenzo Franchina, Mario Pisani e Pavel Petronel Tanase: tutti “trasfertisti“, assunti da ditte che lavoravano in appalto nella centrale idroelettrica.
Franchina, classe 1988, era nato a Patti ma risiedeva a Sinagra, piccolo comune della provincia di Messina: elettricista industriale, si era sposato un anno fa con Enza, come testimoniano le foto sui suoi social. Da pochi mesi era diventato padre.
Mario Pisani, 73 anni, era la vittima più anziana dell’esplosione: ex dipendente Enel, era nato a Taranto ed era residente a San Marzano di San Giuseppe.
Pavel Petronev Tanase invece aveva quasi 46 anni: nato in Romania, era residente a Settimo Torinese, dove lascia la moglie e due gemelli di 14 anni.
La testimonianze del ristoratore
Simone Carpi, che insieme alla moglie Stefania Pollazzi gestisce il non distante ristorante “La Piazzetta” dove pranzavano gli operai impegnati alla centrale idroelettrica, racconta al Corriere di Bologna di aver sentito un boato prima del fumo.
“Verso le 15 si è sentito un gran boato e si è alzato un fumo enorme. Tra il ristorante e la centrale il dislivello non è piccolo e nonostante questa distanza l’aria per qualche minuti è diventata irrespirabile. Abbiamo capito subito che c’era un problema nell’impianto, ma fino all’ultimo abbiamo sperato non fosse successo nulla di grave. Quando abbiamo iniziato a sentire le sirene abbiamo capito che, purtroppo, eravamo davanti a qualcosa di molto serio. Poi abbiamo saputo dei dispersi, ma con l’arrivo degli elicotteri abbiamo capito che questa era una formula dettata dalla prudenza ma la situazione era più grave”, le sue parole.
Operai che quotidianamente si recavano nel suo ristorante per il pranzo. “Con alcuni di loro siamo diventati quasi amici, ci scambiavamo doni culinari, venivano con le famiglie, si rideva e si scherzava”, spiega a Repubblica. Secondo lui nella squadra “c’erano un padre e un figlio che lavoravano in una delle ditte subappaltanti, un capocantiere che era il più anziano di tutti (Mario Pisani, ndr). Alcuni erano di qui, in particolare i dipendenti Enel. Quelli che lavoravano in appalto venivano da varie città, anche fuori regione, come Frosinone, Caserta ed altre”.