L'esplosione alla Centrale
La smania del massimo profitto ci costa 3 morti sul lavoro al giorno
Fare in fretta, senza badare al “fastidio” della cautela e della sicurezza: la smania del massimo profitto ci costa 3 morti sul lavoro al giorno
Cronaca - di Savino Pezzotta
Altri tre morti, cinque feriti e quattro dispersi. Continuano le morti sul lavoro, è un massacro intollerabile. Andare al lavoro è come andare al fronte di una guerra. Il disastro alla centrale di Barzi aggiunge morti ai troppi morti sul lavoro. Ancora una volta assistiamo alle dichiarazioni dei responsabili aziendali che cercano di minimizzare le loro responsabilità, ma poi, come successo altre volte, probabilmente verrà alla luce che i lavoratori della ditta in appalto non si servivano di attrezzatura adeguate, che erano scarsamente formati, che dovevano correre e fare in fretta. Una delle cause delle morti sul lavoro è l’accelerazione indotta per questioni tecniche ma soprattutto economiche. Nell’organizzazione delle azioni lavorative attuali sembra predominare l’idea che l’esecuzione dei compiti debba sottostare al criterio dell’accelerazione, del fare in fretta e in meno tempo. Viviamo una stagione in cui l’esercizio del lavoro impone tempi sempre più stretti, che costringe chi lavora ad un affanno sempre più serrato generando la sensazione di una continua mancanza di tempo. Questa accelerazione cambia le forme dell’organizzazione del lavoro e riduce il tempo dedicato alla sicurezza e alla cura dell’ambiente lavorativo e delle persone.
Diventa sempre più chiaro che le possibilità di controllare le modalità in cui si lavora diventano sempre più strette se non inesistenti visto che l’accelerazione sembra avere vita propria e a quest’ultima, culturalmente, dentro e fuori dal lavoro, ci siamo adeguati. Questo tipo di alienazione cui è sottoposta l’attività lavorativa ci costringe a considerare la sicurezza sul lavoro come elemento fondamentale per la rottura di ogni meccanismo perverso che produce morti. Quando penso che nel 2022 sono stati almeno 1089 i morti sul lavoro, rabbrividisco e penso che sia la manifestazione più forte del degrado del lavoro cui stiamo assistendo.
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In una società in cui il lavoro è trasformato in “forza-lavoro”, ovvero in merce, e che pertanto deve sottostare allo scambio mercantile, il tempo lavorativo subisce una disarticolazione profonda dal suo essere una funzione propria dell’umano e che, se la logica prevalente è quella del “fare in fretta”, sempre più in fretta il tempo dedicato alla sicurezza diventa tempo perso. È tempo di cambiare atteggiamento, non bastano più la ritualità dell’indignazione, del pianto a ogni morte, delle condoglianze sparse a piene mani quando i dati dei primi due mesi del 2024 aggiungono al tragico incidente alla centrale idroelettrica di Bargi, sul lago di Suviana, centodiciannove incidenti mortali. Si tratta di un aumento del 19% rispetto all’anno precedente. Nello stesso tempo si registra che le patologie di origine professionale denunciate sono state 14.099 (+35,60%). Rifiutare di introdurre nel codice penale il reato di omicidio sul lavoro è stata una decisione grave. Troppo spesso, infatti, ci troviamo a commentare casi in cui le norme e le misure di sicurezza sono state apertamente violate o ignorate: veri e propri omicidi. Questo accade perché la salute e la sicurezza di chi lavora rappresentano un costo da ridurre all’osso.
L’introduzione del reato di omicidio sul lavoro avrebbe potuto finalmente fornire uno strumento di deterrenza, rendendo non più conveniente il taglio di costi e dei tempi di produzione a scapito della vita. Credo che questo strumento di deterrenza vada riproposto dal sindacato con decisione. Sono convinto che la modifica al codice degli appalti del ministro Salvini spinga il settore edile alla giungla. La guerra contro la vita dei lavoratori richiede che il sindacalismo confederale si presenti unitariamente e con proposte chiare: difendere la vita è un imperativo a cui nessuno può sottrarsi. Ultima annotazione: non ho capito perché il sindacato confederale non è riuscito a dare una risposta unitaria e non ho compreso perché la mia organizzazione promuove su questo tema una manifestazione in solitaria sabato mattina. Personalmente condivido ciò che ha recentemente detto il segretario Sbarra: “la battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro deve coinvolgere la politica, le istituzioni e le parti sociali. Non ammette divisioni. È un obiettivo comune di dignità, di civiltà e di crescita del paese”. Sarò diventato vecchio ma non capisco perché si invoca l’unità di tutti, quando non si pratica quella possibile del sindacalismo confederale. Da iscritto vorrei sapere.