Parla l'ex sindaco di Venezia
Intervista a Massimo Cacciari: “Siamo a rischio terza guerra mondiale ma qui si ciancia di Bari…”
«Il conflitto è a pezzi ma basta una Sarajevo qualunque e scoppia tutto. Manca il discorso critico, come nel ‘14-’18. Cari sedicenti liberali: rileggetevi Croce»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
“Il mondo è in guerra, e non da sabato notte, e in Italia si ciancia di Emiliano, del caso Piemonte, di liste, capetti e cretinate del genere. Pazzesco. Non è solo il segno della miseria della politica italiana ma anche di una informazione che è parte di questo circo barnum, brutta copia dell’orchestrina del Titanic”. A parlare è Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia, filosofo e saggista in una intervista che si trasforma in j’accuse dai tanti destinatari.
Professor Cacciari, fino a pochi minuti prima dell’attacco iraniano a Israele, le home page dei giornali erano piene di articolesse sul “caso Bari”, sull’ “affaire Piemonte”, sul rapporto di odio-amore politico tra Giuseppe Conte ed Elly Schlein…
Pazzesco. Vergognoso. Come è possibile che i giornali spendano pagine su queste corbellerie di bottega o, per andare a cose più serie, a cosa fanno gli studenti nelle università, mentre c’è una guerra mondiale a pezzi!
Vuol dire che l’Italia è fuori dal mondo?
L’Europa, non solo l’Italia. Totalmente incapace anche di seguire i propri più elementari interessi. Perché è evidente che in queste crisi globali, quella che ci va prima di mezzo è l’Europa, per il momento sotto il profilo economico e politico, in prospettiva è quella che rischia la distruzione. In un conflitto mondiale, quelle che vengono rase al suolo sono Europa e Russia. Non cadono atomiche in Cina e neanche negli Stati Uniti.
Questo scenario è fondato su dati di fatto o può essere liquidato come “ecco, il solito iper pessimista”?
Come si può dire che non sia fondato su dati di fatto! C’è una guerra in corso che non si riesce assolutamente neanche a calmierare con un cessate il fuoco temporaneo.
La guerra in Ucraina.
C’è un paese in guerra invaso, l’Ucraina, che si è giustamente difeso. Ma è assolutamente logico, non c’è bisogno di essere un von Clausewitz o un Sun Tzu per intenderlo, che non potrà mai vincere da sola la Russia, a meno che non siamo ormai da manicomio, ma da manicomio criminale. L’Ucraina da sola non può sconfiggere la Russia. Se vogliamo sconfiggere la Russia bisogna che la guerra la facciamo noi, la faccia la NATO. Quindi è guerra mondiale. Se non si vuole indicare la sostanza del conflitto e vedere seriamente se è possibile risolverlo in modo politico-diplomatico è evidente che ci sarà un’escalation propagandistico-ideologica che condurrà alla catastrofe. Com’è successo nel 1914. Anche nel ‘14 non c’era un Hitler che voleva conquistare l’Europa. Anche nel 1914 c’è stata una serie infinita di malintesi per cui, a un certo momento, è scoppiata una guerra che, nella sostanza, nessuno voleva.
L’altro fronte esplosivo, ancor più dopo la “notte dei droni”. È quello mediorientale. Lei come la vede?
C’è un paese, Israele, che ben al di là di quello che per loro è legittima vendetta, dente per dente, occhio per occhio, bombarda il consolato di un paese straniero, l’Iran, in un altro paese, la Siria. Ma ci rendiamo conto della gravità di questo atto? Cosa avrebbero fatto gli Stati Uniti se un altro paese gli avesse bombardato un’ambasciata e, come ha fatto Israele, avesse detto: sì, sono stato io. Non bin Laden o l’Isis, sono stato io? C’è un paese, Israele, che sfida una potenza ormai quasi atomica, con una iniziativa di questo genere che poi porta a ciò che stiamo vivendo col fiato sospeso in queste ore. È evidente che anche lì non è più una tragica crisi locale che dura ormai da un secolo, tra palestinesi e israeliani. Questa crisi è diventata un conflitto globale. Laddove dichiari guerra all’Iran, coinvolgi tutto il sistema occidentale di alleanze, e sul fronte opposto mobiliti tutto il sistema di nemici dell’Occidente. Se chi governa è un sonnambulo, che ci sta portando al massacro, senza riuscire minimamente a governare le crisi, è chiaro che prima o dopo ci sarà il boom. È matematico, è logico, è inesorabile. Come prima del ’14, come nel ’39.
Il disordine globale si è trasformato in un conflitto totale?
Siamo di fronte a una guerra mondiale che è ancora a pezzi. Basta che questi pezzi si ricompongano, magari per una Sarajevo qualsiasi, e scoppia tutto.
Perché nel circuito mediatico, fare riflessioni critiche nei riguardi del governo d’Israele per quel che fa, e non certo perché rappresenta lo Stato ebraico, porta spesso a essere tacciato addirittura di antisemitismo?
Dovrebbe chiederlo a certi banditi, a gente totalmente in malafede. Non è possibile che non intendano che qui l’antisemitismo non c’entra niente. Qui c’entra una critica politica a Israele, come ai governi europei, come a Biden, come a Putin. Siamo su un piano di critica politica, che può essere spietata, drastica, ma che è pur sempre critica politica che non c’entra niente con l’anti-Occidente, o con l’antisemitismo…Quello che sta venendo assolutamente meno è il discorso critico. Per certi versi è inevitabile…
In che senso, professor Cacciari?
Quando scoppia il ’14-’18, nei vari paesi ci sono forse discorsi critici? Tutti i massimi intellettuali di allora si misero a fare propaganda. I grandi intellettuali tedeschi infervorati di patriottismo. Furono due o tre a mantenere il bene dell’intelletto. Nell’area mitteleuropea si possono contare neanche sulle dita di una mano. Chi durante la guerra ha mantenuto un discorso critico? Penso a Kraus e a pochissimi altri. E in Italia? Croce. Che diceva ormai il mio paese è in guerra, che devo farci, e che tuttavia ha lottato fino in fondo per far ragionare, dicendo: guardate la guerra sarà una sciagura, perché non risolverà nessuno dei problemi che ci tormentano, al contrario li aggraverà, e comunque non bisogna andare in guerra con l’animo delle bestie feroci, non pensando che dall’altra parte c’è il Male. Croce nel 1915 faceva questi discorsi. Facciamo la guerra alla Germania, non al germanismo, diceva. Era solo lui e qualche giolittiano. In guerra è difficile ragionare.
Lo schema amico-nemico viene riformulato oggi, sia sul versante ucraino che in quello mediorientale, in termini di scontro tra democrazie liberali e autocrazie.
E i liberali sarebbero costoro? Quelli che dicono che dall’altra parte c’è il Male, mentre noi incarniamo il Bene! Ma per favore. Si andassero a rileggere Croce i nostri sedicenti liberali. Liberali de che? Liberali, comunisti, ma se non sanno più niente di niente. In un paese come il nostro in cui la politica vive solo di elezioni, il fatto che tra neanche due mesi si voti per l’Europa, non dovrebbe sollecitare riflessioni più alte? È uno spettacolo fantastico, nel senso letterale del termine. L’Europa è in guerra, il mondo è dentro una guerra mondiale a pezzi, e noi andiamo alle elezioni discutendo della competizione per due voti tra 5Stelle e Pd, oppure per vedere se Salvini prende due voti in più o in meno di Tajani. Stiamo andando alle elezioni politiche europee con l’Europa in questa situazione, con questi titoli di giornali. È una vergogna. Una vergogna politica ma anche intellettuale. Perché i giornali, i giornalisti italiani fanno parte dell’intellighenzia.
È solo carenza di leadership oppure è un processo più profondo?
È un processo profondissimo che comincia con la fine della Guerra fredda, col modo in cui è stata affrontata in Europa, dove almeno c’era l’obiettivo della moneta unica, e in Italia c’era il bisogno di fare riforme, anche istituzionali, che sarebbero state necessarie per salvare la democrazia. Non si è preso il treno del cambiamento epocale dopo l’89-’90. Non si è stati all’altezza di un mutamento di fase epocale. L’Europa non c’è stata, anche se quelli che hanno fatto l’euro in qualche modo erano consapevoli che si sarebbe dovuto proseguire sul piano dell’unità politica. Così non è stato. In questo hanno pesato molto gli Stati Uniti che tutto volevano e vogliono tranne che una Europa forte. Ha giocato in negativo anche la politica neoimperialista di Putin nell’impedire un rafforzamento politico dell’Europa. Hanno giocato molti fattori e ormai il treno è definitivamente perduto. Siamo nelle mani di Stati Uniti e Russia, speriamo che Cina e India riescano ad avere una qualche voce in capitolo se vogliono evitare la guerra. Bisognerà capire, però, se la Cina la voglia davvero evitare la guerra.
Con la prospettiva, tutt’altro che remota, che a novembre alla Casa Bianca rientri Donald Trump.
Se dovesse accadere, la prospettiva realistica è un definitivo abbandono dell’Europa al suo destino, se vogliamo fare la guerra alla Russia saranno fatti nostri, non la farà certo Trump. E un via libera a Netanyahu. È evidentissimo che Netanyahu, a meno che non sia un matto da manicomio criminale, che non è da escludere, fa questo gioco, addirittura contro Biden, nell’attesa di Trump. Come potrebbe permettersi di mandare a quel paese Biden se non ci fosse la prospettiva delle prossime elezioni. Il gioco di Trump sulla politica internazionale è un via libera ancora più forte a Israele, un acuirsi dei conflitti con la Cina, e probabilmente il venir meno di ogni interesse in Ucraina e in Europa. Lo testimonia il povero Zelensky, che conta i giorni, sempre più disperato, che lo separano dalla scadenza di Biden. O lo riarmano fino ai denti nei prossimi mesi oppure non si salva, a meno che non sia l’Europa in quanto tale ad entrare in guerra contro la Russia.
La terza guerra mondiale a pezzi è una definizione coniata da Papa Francesco. Perché ha suscitato polemiche la sua metafora della “bandiera bianca”?
Perché i mascalzoni non vogliono intendere le metafore. Con i mascalzoni devi parlare come i carabinieri delle barzellette. Costoro prendono ogni metafora per il verso sbagliato in modo da darti contro e continuare nella loro politica omicida-suicida. Devi sempre evitare la metafora, perché viene immediatamente stravolta. Era chiaro che “bandiera bianca” era intesa come la bandiera della Croce Rossa, lasciateci almeno portar via morti e feriti. Una cosa che la strumentalizzi Zelensky, che per i suoi fini fa bene, perché deve chiedere armi. Altro che bandiera bianca. Bandiera rossa, di sangue, bandiera nera, nel caso suo, per usare un’altra metafora. Ma gli europei? D’altra parte, si sono suicidati già una volta. Bisogna stare attenti a questi ricorsi storici. L’Europa si è suicidata nel ’14, si è risuicidata nel ’39-’40, e adesso probabilmente siamo al tris. Questo istinto suicida forse dimostra più di qualsiasi altra cosa il nostro essere veramente il vecchio continente.