Una condanna a 24 anni e mezzo di reclusione in carcere, con la dichiarazione di seminfermità mentale. I giudici della d’Assise d’Appello di Genova hanno confermato in pieno la sentenza emessa in primo grado dalla Corte d’Assise ligure per l’omicidio di Alice Scagni, la 45enne uccisa con una ventina di coltellate il primo maggio del 2022 sotto la sua abitazione di Quinto, nel levante genovese, dal fratello Alberto.
La sentenza di condanna di Alberto Scagni
Per il 42enne il sostituto procuratore generale Ezio Castaldi aveva chiesto l’ergastolo. Come ricostruito in fase di indagine, sette ore prima del delitto Alberto Scagni aveva chiamato al telefono i genitori minacciando di uccidere la sorella se non avesse ricevuto del denaro, richieste che andavano avanti da mesi, anche perché in poche settimane il 42enne aveva sperperato 15 mila euro del suo fondo pensione.
“Fra cinque minuti io controllo il conto, se non ho i soldi stasera tua figlia e Gianluca (il marito di Alice, ndr) sai dove sono? lo sai dove c… sono?” disse ai genitori nella telefonata.
Il padre aveva dunque chiamato immediatamente la Questura, ma le volanti non sono intervenute perché “non c’era un pericolo attuale e concreto”. Alberto si era quindi appostato sotto casa della sorella e, quando Alice era scesa in strada per portare a spasso il cane, l’ha uccisa a coltellate, per poi venire arrestato poco più tardi.
La sentenza odierna conferma dunque quella della Corte d’Assise, che aveva riconosciuto le aggravanti della premeditazione, del mezzo insidioso, della crudeltà e dei futili motivi, ma anche la seminfermità mentale dell’imputato. Scagni era presente in aula assieme ai genitori Graziano e Antonella Zarri, per la prima volta dopo il pestaggio avvenuto a novembre nel carcere di Sanremo e che lo aveva portato in coma farmacologico: non ha detto nulla dopo il pronunciamento della sentenza.
Le denunce dei genitori di Alice
Per la vicenda di Alice e Alberto Scagni i genitori avevano presentato un esposto, tramite l’avvocato Fabio Anselmo, contro due agenti della centrale e la dottoressa della Salute mentale della Asl3 perché secondo loro erano stati sottovalutati gli allarmi e le richieste di aiuto.
Anche nei giorni precedenti il delitto, la coppia aveva segnalato alla Questura come il figlio si stesse facendo sempre più aggressivo nei confronti della sorella e dei parenti. Per quel fascicolo, per cui erano indagati due agenti e la dottoressa della salute mentale, ma nei giorni scorsi il giudice Carla Pastorini ha accolto la richiesta di archiviazione. Per il giudice quello “fu un delitto imprevedibile e l’invio di una volante non avrebbe potuto impedirlo“. D’altra il è vero che “la dottoressa non è rimasta inerte, rifiutando di compiere un atto del suo ufficio, ma ha provveduto in maniera non corretta“.