La riflessione di Gideon Levy precede di qualche ora la risposta, annunciata, dell’Iran. Voluta da chi ha deciso di colpire il consolato iraniano a Damasco per l’ennesima eliminazione “mirata”. Mirata a scatenare la reazione di Teheran, con l’obiettivo di “regionalizzare” la guerra di Gaza.
Scrive Levy su Haaretz: “Il generale Mohammad Reza Zahedi è stato ucciso il 1° aprile in un attacco al consolato iraniano a Damasco”. “Dopo alcuni giorni di consueta meraviglia per le incredibili capacità di uccidere miratamente dimostrate nella capitale siriana – quali brillanti forze di intelligence, quali armi precise – si avvicina il momento di pagare il prezzo, e il costo questa volta potrebbe essere insopportabilmente pesante. In ogni caso, sarà superiore al valore dell’uccisione, che può essere stata giustificata ma, come tutti gli omicidi mirati di Israele, è stata non necessaria, inutile e, questa volta, probabilmente anche pericolosa”.
“Zahedi era un militare; la sua eliminazione, come tutti gli omicidi mirati di Israele, aveva lo scopo di inviare un messaggio di deterrenza e di ridurre le capacità militari dell’altra parte – l’Iran, in questo caso. C’è un solo ufficiale dell’esercito israeliano la cui uccisione avrebbe un impatto significativo sulle capacità militari di Israele? Non c’è e non ci sarà mai.
Perché tendiamo sempre a credere che in Hamas, Hezbollah o Iran ci siano ufficiali la cui eliminazione migliorerebbe la nostra sicurezza nazionale? Israele ha ucciso Zahedi perché si è presentata l’opportunità di ucciderlo. E quando questo tipo di opportunità bussa, nessuno ai piani alti resiste alla dolce tentazione di eseguire un’altra brillante missione alla James Bond. Cosa succederà dopo?”.
Il passato non è di lezione. Annota Levy: “Il fatto che non sia mai successo nulla prima è sufficiente per noi. Non abbiamo mai pagato un prezzo per queste uccisioni. Da diversi anni Israele provoca costantemente l’Iran, in Libano, in Siria e anche in territorio iraniano, senza pagare alcun prezzo. Sarebbe sciocco credere che la corda che Israele ha teso non si spezzerà. Quel momento potrebbe essere arrivato!”.
Così è stato. “Anche un analista militare misurato come Amos Harel – rimarca Levy – ha scritto su Haaretz venerdì che l’uccisione di Zahedi e quella dei membri della famiglia di Ismail Haniyeh a Gaza il 10 aprile sono state effettuate senza una sufficiente considerazione delle conseguenze. Harel ha riferito che, a quanto pare, i funzionari israeliani competenti non hanno discusso affatto le implicazioni degli atti.
Ci vuole un’arroganza pazzesca per pensare che l’Iran non reagirà mai a queste provocazioni. Chiunque si imbarchi in un’avventura così pericolosa come l’uccisione di un comandante della Forza Quds in Libano, senza prima discuterne le conseguenze, è una persona pericolosa e irresponsabile delle cui azioni pagheremo tutti il prezzo.
Harel afferma che l’assassinio a Damasco è stato effettuato a seguito di pressioni da parte dei militari. La leadership politica, che ha approvato l’operazione – il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, per essere espliciti – si assume tutta la responsabilità e la colpa dei risultati, ovviamente. Questo va detto forte e chiaro: se questa settimana si accenderà una guerra con l’Iran o se l’Iran lancerà un attacco serio a Israele, la responsabilità sarà di coloro che hanno approvato l’assassinio a Damasco”.
E qui s’innesca la politica delle eliminazioni “eccellenti”. E i disegni politici che li sottendono. “Questo – ricorda Levy – è già il secondo omicidio mirato di iraniani dall’inizio della guerra a Gaza. Per quanto riguarda l’Iran, non ci sono questioni di moralità o di giustizia, ma solo di saggezza. Provocare l’Iran in questo momento – mentre le Forze di Difesa Israeliane si affannano e sanguinano a Gaza, il confine di Israele con il Libano brucia e anche la Cisgiordania minaccia di farlo – è un atto pericoloso che non può essere ignorato.
Era chiaro il giorno dell’attacco a Damasco, mentre gli israeliani si ammiccavano l’un l’altro e sbavavano sui rapporti. È doppiamente chiaro ora, sull’orlo di un attacco iraniano. È difficile credere che anche dopo di esso Israele inizierà a dare prova di moderazione e ragionevolezza: il contrattacco israeliano seguirà immediatamente ed eccoci in guerra con il nemico più pericoloso e potente che Israele abbia mai affrontato.
È questo che volevano le menti, le persone che hanno dato gli ordini, le persone che hanno compiuto l’assassinio a Damasco? È questo che vogliamo noi israeliani? È davvero questo ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento, la guerra con l’Iran? Non dire, ancora una volta, che non c’era scelta. C’era una scelta: non uccidere. Anche se è meritato, anche se è permesso e anche se è possibile. La persona che ha inviato gli assassini ha messo Israele a rischio di guerra con l’Iran”, conclude Levy.
Quella persona ha un nome, un volto, una carica: Benjamin Netanyahu, Primo ministro d’Israele.