C'è il ricorso al Tar
Il governo Meloni regala sei motovedette al regime di Tunisi per bloccare i migranti: operazione Libia-bis
Esteri - di Carmine Di Niro
Dopo la Libia tocca alla Tunisia. Nel giorno in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni vola a Tunisi per incontrare ancora una volta (la quarta in meno di un anno) Kaïs Saïed, il presidente che ha dato una svolta autoritaria al suo governo del Paese nordafricano, la società civile italiana si fa carico della battaglia legale contro l’esecutivo di Roma e i suoi accordi col regime tunisino.
Una serie di associazioni (Asgi, Arci, Actionaid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet) hanno presentato ricorso al Tar del Lazio impugnando l’intesa e il decreto con cui nel dicembre 2023 il ministero dell’Interno italiano ha stanziato 4,8 milioni di euro la rimessa in efficienza e il trasferimento di 6 motovedette alla Garde Nationale (G.N.) tunisina, replicando un modello già adottato in Libia, Paese a cui ha donato le motovedette che provvedono a bloccare i migranti in mare e riportarli indietro nei lager libici, ma anche ad attaccare le Ong che presidiano il Mediterraneo.
Il ricorso per bloccare le motovedette italiane alla Tunisia
L’udienza è stata fissata per il prossimo 30 aprile: il ricorso presentato da un pool di avvocati chiede la sospensione immediata dell’accordo in attesa dell’esame della causa.
Le associazioni sottolineato nel loro ricorso che il sostegno italiano alla Garde Nationale tunisina “aumenti il rischio di violazione dei diritti fondamentali e dell’obbligo di “non respingimento” delle persone migranti e sia illegittimo sotto diversi aspetti. In particolare, il finanziamento violerebbe la normativa nazionale che vieta di finanziare e trasferire armamenti a Paesi terzi responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani. Il trasferimento stesso delle motovedette è decretato senza alcun coinvolgimento del Ministero degli Esteri e del Ministero della Difesa e dei plurimi organismi consultivi e di controllo che hanno un ruolo fondamentale nei complessi meccanismi procedurali di programmazione, verifica e autorizzazione stabiliti dalla l. 185/1990 con la finalità di monitorare il flusso di movimento di materiali d’armamento dentro e fuori l’Unione Europea”.
I crimini e gli abusi della Garde Nationale tunisina
Come i “colleghi” della cosiddetta ‘guardia costiera libica’, anche la Garde Nationale tunisina, denunciano le associazioni italiane, “è risultata responsabile di documentate violazioni dei diritti umani durante le violente intercettazioni in mare e dopo lo sbarco in Tunisia, paese che quindi non può essere considerato un “paese sicuro” per i parametri della convenzione Sar”.
Gli abusi commessi dalle autorità tunisine nei confronti delle persone migranti, ricordano le associazioni che hanno presentato ricorso al Tar, “sono ampiamente documentati da varie organizzazioni internazionali e dalle stesse Nazioni Unite. Numerose testimonianze e rapporti denunciano i metodi violenti di intervento in mare della Garde Nationale tunisina: manovre pericolose volte a bloccare le imbarcazioni che in alcune occasioni hanno provocato naufragi e persino la morte delle persone migranti, uso di pistole e bastoni per minacciare le persone a bordo, furto dei motori delle imbarcazioni che vengono poi lasciate alla deriva e altre pratiche estremamente pericolose. In molte occasioni, le persone intercettate in mare e ricondotte a terra sono state direttamente e illegalmente deportate verso le zone al confine con la Libia e l’Algeria, dove in decine hanno perso la vita dopo essere state abbandonate nel deserto”.
Per le associazioni quindi “risulta evidente che i mezzi forniti alle autorità tunisine sono costantemente utilizzati in atti che violano apertamente i diritti umani delle persone migranti in mare, anziché contribuire a iniziative umanitarie”.