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Giacomo Matteotti: chi è il politico socialista ucciso dal regime fascista di Benito Mussolini

Giacomo Matteotti: chi è il politico socialista ucciso dal regime fascista di Benito Mussolini

Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. […] L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. […] Per vostra stessa conferma [dei parlamentari fascisti] dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà. […] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse“, con queste parole Giacomo Matteotti, Segretario del Partito Socialista Unitario, firmò la sua condanna a morte. Le frasi furono pronunciate in Parlamento, il 30 maggio 1924, dopo le elezioni che consegnarono l’Italia nelle mani dei fascisti guidati dal Duce Benito Mussolini.

Omicidio Matteotti: indagini pilotate e processi farsa. L’Aventino delle opposizioni

Matteotti è un eroe. Un simbolo di verità e libertà. La sua determinazione, il suo sacrificio, gli sono costati l’esistenza. Le camicie nere, la milizia del Partito Fascista, il suo braccio armato e violento, lo rapirono il 10 giugno successivo. Tre agenti della Polizia politica lo aggredirono e pestarono quando il deputato uscì di casa a Roma, lo caricarono in auto e lo portarono via. Il suo omicidio fu compiuto quello stesso giorno. Il cadavere fu trovato il 16 agosto. Le indagini furono ovviamente pilotate e i processi che ne seguirono divennero una farsa. Mussolini, prima denunciò l’accaduto poi lo rivendicò. Per il drammatico avvenimento caddero ‘un paio di teste’, ma il vero colpevole e mandante fu il regime fascista ormai insediato in Italia. Il Duce approfittò dell’assenza delle opposizione, per protesta ‘ritiratesi sull’Aventino‘ per approvare le prime leggi ‘fascistissime‘ e repressive, contro la libertà di stampa e di espressione.

Giacomo Matteotti: la sfida a Mussolini del simbolo dell’antifascismo

Questo il discorso di Mussolini: “Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l’arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento ad oggi“.

Chi è Giacomo Matteotti: morto per difendere la libertà

Figlio di Girolamo Matteotti ed Elisabetta Garzoloato, Giacomo Matteotti è nato a Fratta Polesine (in provincia di Rovigo, in Veneto), il 22 maggio 1885. Aveva tre fratelli e due sorelle: tutti e cinque persero la vita in tenera età. Matteotti è stato anche giornalista e scrittore. Un vero e proprio intellettuale e uomo di cultura. Sposatosi con Velia Titta nel 1916, la coppia ha avuto tre figli: Giancarlo, Gianmatteo e Isabella. Tutti e tre sono deceduti. I due maschi sono stati entrambi deputati.