Il piano horror
Sunak deporta i richiedenti asilo in Ruanda, via libera da Londra alla legge: l’Onu boccia il “pericoloso precedente”
Giorgia Meloni li vuole spedire in Albania, Rishi Sunak addirittura in un altro continente, nel Ruanda in Africa.
I richiedenti asilo non sono benvenuti nel Regno Unito, col Parlamento britannico che lunedì ha approvato in via definitiva la legge sul loro trasferimento nel Paese africano: per entrare in vigore la legge, approvata dopo mesi di critiche e ostruzionismo, deve essere solamente promulgata dal Re Carlo III.
Cosa prevede la legge Ruanda
La legge approvata lunedì dalle due camere del Parlamento britannico, quella dei Comuni e quella dei Lord, riunitesi in riunione fino a tarda notte, è frutto di diverse modifiche apportate al piano originale risalente a due anni fa.
La “Rwanda bill” era frutto di un accordo tra Londra e il governo ruandese, a cui i britannici hanno già pagato l’equivalente di 160 milioni di euro per deportare i migranti richiedenti asilo entrati illegalmente nel Paese: nel Paese dell’Africa centrale verrebbe poi esaminata la loro richiesta.
La doppia bocciatura
Nel giugno del 2022 la Corte europea dei diritti dell’uomo (che non è un ente legato all’Unione Europea, di cui il Regno Unito non fa più parte) aveva clamorosamente bloccato con un’ingiunzione provvisoria quello che doveva essere il primo volo di trasferimento dei richiedenti asilo in Ruanda, un’ora e mezza dal decollo per l’Africa.
Quindi nel novembre 2023 la legge era stata giudicata illegale dalla Corte Suprema britannica: i giudici avevano giudicato il Ruanda “Paese non sicuro”, oltre a sottolineare come persone richiedenti asilo trasferite in Ruanda avrebbero poi rischiato di essere rimpatriate nei loro paesi d’origine, rischiando di subire trattamenti disumani e violando così la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo firmato anche dal Regno Unito.
Il progetto Sunak
Di fronte all’opposizione dei giudici, i Conservatori di Sunak avevano proposto una nuova versione della “Rwanda bill” in cui in sostanza di definisce Ruanda “Paese sicuro”, ignorando le sentenze, e poi definendo meglio alcuni aspetti dei trasferimenti su cui erano arrivate le obiezioni dei tribunali.
Contro il piano era arrivato un inaspettato ostruzionismo della Camera dei Lord, composto da 800 membri non eletti, che avevano più volte rimandato la legge alla Camera dei Comuni con alcuni emendamenti e ritardando così di 4 mesi il via libera al provvedimento. Uno stallo che ha anche provocato un ritardo nelle prime espulsioni verso il Ruanda, che Sunak aveva “programmato” entro maggio e che invece non saranno possibili prima di luglio.
Quella sul Ruanda è una delle principali proposte di legge promosse da Sunak da quando è diventato primo ministro nel 2022 ed è una delle poche mosse a disposizione dei Conservatori per tentare di conservare il potere, con i Laburisti dati largamente in vantaggio dai sondaggi in vista delle elezioni previste quest’anno.
Le critiche al piano Ruanda
Il progetto del governo Sunak è stato aspramente criticato per due motivi: da una parte quello economico, dall’altro quello dei diritti umani. La legge è ritenuta da più osservatori e analisti inefficace e dispendiosa: il Regno Unito ha già speso 220 milioni di sterline per questo piano e dovrebbe raggiungere i 370 milioni di sterline nei prossimi cinque anni: il costo per trasferire ogni migrante in Ruanda è stimato in quasi 200mila euro, molto di più rispetto al costo per l’accoglienza nel Paese.
Ci sono poi le critiche sul piano umanitari e dei diritti. Volker Türk, Alto commissario per i diritti umani dell’Onu, ha invitato la Gran Bretagna a riconsiderare i piani di espulsione in Ruanda dei richiedenti asilo, avvertendo che il progetto minaccia lo stato di diritto e costituisce “un pericoloso precedente a livello globale“. Türk ha invitato il governo Sunak “a prendere invece misure pratiche per combattere i flussi irregolari di rifugiati e migranti, sulla base della cooperazione internazionale e del rispetto del diritto internazionale dei diritti umani“.