Ieri mattina, ha reso noto un comunicato del procuratore di Milano Marcello Viola, la polizia giudiziaria ha dato esecuzione a un’ordinanza del gip che prevedeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di tredici agenti della Polizia Penitenziaria, 12 dei quali tuttora in servizio presso l’istituto Penale Minorile “Cesare Beccaria” di Milano, nonché della misura della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici nei confronti di altri otto dipendenti dello stesso Corpo di Polizia, anch’essi tutti in servizio, all’epoca dei fatti, presso la medesima struttura detentiva.
I reati contestati, riscontrate a partire almeno dal 2022 a oggi, sono quelli di maltrattamenti in danno di minori, anche mediante omissione, aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; di tortura, anche mediante omissione, aggravato dall’abuso di potere del p.u. nonché dalla circostanza di aver commesso il fatto in danno di minori; di lesioni in danno di minori, anche mediante omissione, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; di falso ideologico; infine, in un caso, di tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto.
L’indagine – partita da alcune segnalazioni pervenute all’Autorità giudiziaria anche attraverso il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale – si è sviluppata inizialmente attraverso le dichiarazioni rese da numerosi minori in passato ristretti presso il Beccaria e quindi per mezzo di numerosi servizi tecnici di intercettazione e dell’acquisizione di telecamere interne all’Istituto, che hanno permesso di raccogliere indizi di reato per diversi episodi di violenze ai danni dei minori ristretti.
Nella mattinata vi è anche stata una conferenza stampa della Procura durante la quale sono stati forniti ulteriori dettagli sulle indagini. I giovani detenuti sarebbero stati picchiati con “uso di bastoni mentre erano ammanettati, con le manette dietro la schiena in modo da rendere impossibile ogni difesa”, ha detto la pm milanese Vassena.
C’era un “ufficio” di un agente in particolare “in cui sono avvenuti parte di questi fatti” e poi, quando al Beccaria “ci sono stati lavori di ristrutturazione”, sono state “individuate altre celle, definite dai ragazzi di isolamento, celle prive di telecamere” dove avvenivano le presunte torture e i pestaggi.
L’aggiunto Mannella ha spiegato poi che gli agenti avrebbero usato anche “sacchetti tipo di sabbia per picchiarli, perché non lasciassero tracce. C’era un clima invivibile – ha detto -. I ragazzi sapevano che in qualsiasi momento potevano essere picchiati e che non potevano denunciare perché le circostanze sarebbero state insabbiate”.
Mannella ha poi proseguito: “Ciò che ci ha colpito sin dal primo momento è il metodo di queste persone deviate dal sistema, che picchiavano i ragazzi con un metodo tale da non lasciare il segno e i ragazzi si davano pizzicotti per lasciare sulle botte ricevute i lividi”.
Vassena ha spiegato che le presunte violenze degli agenti avvenivano con questo “schema”: prima c’era un “fattore scatenante, ossia un comportamento arrogante da parte di un ragazzo, a cui seguiva una reazione di inaudita violenza e ad agire in quei casi era un numero notevole di aggressori, spesso anche agenti non in servizio che arrivavano in ausilio degli altri”.
“Ciò che ha colpito – ha detto ancora l’aggiunto Mannella – è il disappunto mostrato dagli indagati, perché i loro superiori cercavano di avere spiegazioni, mentre i primi ritenevano giustificato ed educativo il metodo”.
E Vassena ancora: “Ciò che rileva sono le modalità dei pestaggi con uso di bastoni e coi ragazzi che venivano ammanettati e le manette messe dietro, così che, come hanno raccontato loro stessi, non potevano difendersi”. Il pm ha chiarito anche che, poi, “i segni sul volto erano particolarmente visibili” e che “i ragazzi hanno parlato pure di notti insonni e di conseguenze fisiche”.
Tra le vittime delle presunte violenze uno dei sette ragazzi che erano evasi dal Beccaria lo scorso Natale. “C’è da interrogarsi – ha detto il procuratore Viola – se su quelle evasioni non abbiano influito le condotte accertate, ma siamo al momento nel campo delle ipotesi”.
C’è anche una “ritorsione”, andata avanti per “una sera e per tutto il giorno successivo” con una “sequenza di violenze” da parte degli agenti. La “ritorsione”, come chiarito dagli inquirenti, sarebbe scattata dopo una presunta tentata violenza sessuale ai danni di un detenuto minorenne.
“Da quel tentativo di contatto – ha chiarito Stagnaro – è seguita un’aggressione, come risposta, nei confronti dell’agente e poi il primo ragazzo e un altro in cella con lui sono stati aggrediti dagli agenti come ritorsione”. Il tutto con una “sequenza di violenze”.
Si è trattato, ha aggiunto Vassena, di “uno degli episodi più violenti, andato avanti sia la sera del fatto che il giorno successivo”. E di “uno dei casi segnalati” dal dipartimento della giustizia minorile e che ha portato, poi, al trasferimento in un altro penitenziario di un ragazzo.
“È una vicenda dolorosa e una brutta pagina per le istituzioni ma va assicurato il rispetto della legge”. Ha proseguito Viola ricordando che vige la “presunzione d’innocenza”. Il sottosegretario Ostellari ha annunciato che “siamo al lavoro per incaricare un nuovo comandante che sia in grado di far ripartire, con una squadra rinnovata, questo istituto abbandonato per troppo tempo”.