Due anni e otto mesi: questa la sentenza di condanna per l’ex presidente della Camera e leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini nel processo per la “casa di Montecarlo”. Con lui in primo grado sono stati condannati la compagna Elisabetta Tulliani e il padre Sergio a 5 anni, mentre il fratello Giancarlo Tulliani a sei anni.
Per Fini i pm di Roma nell’udienza del 18 marzo scorso avevano chiesto una condanna a 8 anni di reclusione, per Elisabetta Tulliani, 10 anni per il fratello Giancarlo Tulliani e 5 anni per il padre Sergio Tulliani per l’accusa di riciclaggio.
La storia della casa di Montecarlo
La sentenza odierna si snoda alla vicenda della vendita di un appartamento nel Principato di Monaco, la casa di boulevard Princesse Charlotte 14 che la contessa Anna Maria Colleoni nel 1999 lasciò in eredità ad Alleanza Nazionale e che dopo qualche anno finì nelle mani di Giancarlo Tulliani, il cognato di Fini.
L’affare immobiliare, realizzato tramite società off-shore che risalivano all’imprenditore Francesco Corallo, il “re” delle slot e debitore allo Stato di circa 85 milioni di euro di tasse, risale al 2008, quando AN vendette alla “Printemps Ltd” il loft di Montecarlo.
Secondo l’accusa della Procura di Roma l’acquisto dell’appartamento servì a ripulire in piccola parte quel capitale, con la famiglia Tulliani e lo stesso Fini, oggi 72enne, ad agevolare l’operazione. Corallo dalla vicenda giudiziaria è uscito indenne, con la prescrizione scattata a marzo.
La casa fu infatti acquistata per poco più di 300mila euro, un prezzo secondo la Procura molto più basso del valore reale dell’immobile, attraverso una società offshore intestata a Giancarlo Tulliani ma in realtà di proprietà di Corallo, che prima diede la casa in affitto a Tulliani e poi la rivendette a 1,36 milioni di euro a una società con sede in Svizzera di proprietà dello stesso Tulliani, il quale avrebbe a sua volta ricevuto i soldi per la transazione da un collaboratore di Corallo.
La difesa di Fini
La difesa dell’ex presidente della Camera aveva puntato a sostenere la tesi dell’inconsapevolezza dell’ex leader di AN riguardo la provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto della casa di Montecarlo.
Tesi poi sostenuta nell’ultima udienza anche dall’ex compagna Elisabetta Tulliani, che davanti ai magistrati aveva raccontato di aver nascosto a Gianfranco Fini “la volontà di mio fratello Giancarlo di comprare la casa di Montecarlo, la successiva vendita e il fatto di aver accettato la comproprietà propostami da mio fratello come restituzione di un prestito che gli avevo fatto anni prima, ero certa che il denaro per l’acquisto fosse di mio fratello…“.
Dopo la sentenza di condanna i legali dell’ex leader di AN, gli avvocati Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi, hanno annunciato il ricorso in Appello. “Noi ci aspettavamo un’assoluzione, siamo convinti dell’innocenza del nostro assistito. Siamo certi che in Appello anche questo ultimo residuo sarà abbondantemente chiarito. La vicenda relativa all’autorizzazione alla vendita della casa di Montecarlo sostanzialmente, a nostro avviso, rappresenta una sovrapposizione rispetto alla stessa vicenda che ora oggetto di un provvedimento di archiviazione“, le loro dichiarazioni.
Sull’eventuale prescrizione dell’accusa i difensori hanno aggiunto che è un aspetto che andrà valutata. “Bisogna verificare quale qualificazione giuridica è stata data. Leggeremo le motivazioni. Siamo fortemente fiduciosi che in Appello anche questo ultimo piccolo segmento cadrà e l’esito sarà liberatorio sotto tutti gli aspetti“, hanno aggiunto.
Le parole di Fini dopo la condanna
Fini dopo la lettura della sentenza di condanna a due anni e otto mesi ha detto di non sentirsi deluso. “Non sono stato ritenuto responsabile di riciclaggio, evidentemente l’unica cosa che ha impedito di assolvermi è l’autorizzazione alla vendita dell’abitazione“, ha spiegato ai cronisti l’ex terza carica dello Stato.
“Non sono stato dichiarato responsabile di alcuna attività di riciclaggio – ha continuato Fini – L’unico punto su cui il collegio di giudici ha ritenuto di non assolvermi completamente è quell’autorizzazione alla vendita che è del tutto evidente non è stata da me autorizzata“. Insomma, ha detto ancora l’ex leader di AN, “me ne vado più sereno di quello che si può pensare dopo 7 anni di processi. Ricordo a me stesso che per analoga vicenda una denuncia a mio carico venne archiviata dalla procura di Roma. Me ne vado più sereno di quello che qualcuno può pensare: certo 7 anni per arrivare a una conclusione come questa. Comunque “è giusto avere fiducia nella giustizia, certo se fosse un po’ sollecita. Dopo tanto parlare, dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione da un punto di vista politico sono stato ritenuto responsabile di cosa? Di aver autorizzato la vendita di un appartamento… Non mi è ben chiaro in cosa consista il reato“.