Più passano i giorni e più emergono particolari sconcertanti sui presunti abusi subiti dai ragazzini nell’Ipm del capoluogo lombardo.
A partire dalla “scena cruenta” di un pestaggio ai danni di un detenuto di 15 anni, con tanto di fotogrammi delle violenze riprese dalle telecamere interne, contenuta in un’annotazione del 15 marzo scorso, redatta dal Nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria, e agli atti dell’inchiesta della Procura di Milano su presunte torture e maltrattamenti che una settimana fa ha portato in carcere 13 agenti e alla sospensione di altri otto colleghi.
Nell’annotazione degli investigatori si parla, in particolare, dell’episodio avvenuto l’8 marzo scorso. Quel giorno il 15enne, che in precedenza si era procurato dei tagli “sulle braccia”, sarebbe stato prima “condotto fuori dalla cella” da quattro agenti e poi trascinato per le scale, “tirandolo anche dal braccio sanguinante”, da uno di loro.
Due degli agenti, poi, stando alle imputazioni, lo avrebbero spinto “contro il muro” e colpito “ripetutamente alla testa e al torace” fino a “farlo cadere a terra”.
A quel punto uno degli agenti lo avrebbe colpito, quando era a terra, ancora “con numerosi calci”. Nell’annotazione vengono ricostruite fotogramma per fotogramma le fasi delle violenze e si legge che i quattro agenti erano “in abiti civili”.
C’è anche la testimonianza di un 17enne agli atti che ha effettuato il riconoscimento di uno dei sette agenti della Polizia penitenziaria che lo avrebbero pestato il 18 novembre del 2022: “Lo conosco (…) Ha partecipato all’aggressione, aveva dei guanti neri e mi tirava gli schiaffi in faccia, ma non li sentivo perché gli altri mi tiravano colpi ovunque, nei giorni successivi mi ha chiesto scusa, ha provato ad aggredirmi anche altre volte ma non ci è riuscito”.
Ascoltato due giorni fa anche l’ex comandante della polizia penitenziaria del carcere minorile, F.F.. Il 48nne, indagato per falso con l’accusa di aver “coperto le condotte violente” degli agenti, ha risposto alle domande del gip provando a chiarire il proprio ruolo rispetto alle accuse di insabbiamento (“F. non li ha mai dati gli atti alla polizia giudiziaria. No, sta’ cosa non gliel’ha mai fatta vincere”, dicono di lui due agenti intercettati quando la nuova comandante ad interim decide di acquisire le immagini della sorveglianza interna).
Chi invece ha dichiarato “non ci siamo accorti di nulla, pensavamo a risse fra detenuti” sono stati l’attuale e l’ex cappellano del carcere minorile di Milano ‘Cesare Beccaria’, don Claudio Burgio e don Gino Rigoldi. Ma resta una domanda: perché i ragazzi non si sono confidati con loro?
Il lavoro di ascolto dei testimoni durerà almeno ancora una decina di giorni per sentire altri ragazzi che potrebbero aver visto o subito aggressioni nella struttura, ma anche medici ed educatori che hanno avuto modo di stare accanto alle vittime i cui pestaggi, talvolta, sono stati ripresi dalle telecamere interne del Beccaria.
Aggressioni che gli arrestati hanno spiegato come “difesa” lamentando turni massacranti e assenza di una catena chiara di comando.
“È amaro constatare che quanto reso noto in occasione di una iniziativa giudiziaria sulle violenze registratesi al Beccaria di Milano, ferma restando la presunzione di non colpevolezza degli indagati, dimostri, ancora una volta e forse ancor di più, che le condizioni di abbandono, di disinteresse, di degrado in cui versano le nostre carceri, il sovraffollamento, le carenti risorse, umane e finanziarie, stanno trasformando, sempre più, quei luoghi di dolore e sofferenza in veri e propri buchi neri della legalità. Luoghi in cui lentamente muore la nostra democrazia assieme alla nostra umanità”, hanno commentato ieri in una nota la giunta e l’osservatorio carcere dell’Unione delle Camere penali italiane. “Purtroppo, nemmeno gli istituti per i minorenni sfuggono a questo inesorabile destino”.