Una settimana di tempo ai leader di Hamas per arrivare ad un accordo sul cessate il fuoco nella Striscia di Gaza in cambio degli ostaggi ancora in mano al gruppo radicale islamico che controlla la Striscia, altrimenti Tel Aviv avvierà l’operazione militare a Rafah, dove sono rifugiati circa 1,4 milioni di palestinesi.
È questo l’ultimatum arrivato da Israele ad Hamas. La situazione attuale è in una fase di stallo: il capo dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh, più propenso ad un accordo con Israele, è tornato in Qatar dopo un viaggio di due settimane in Turchia nel quale ha condotto una serie di incontri ufficiali, compreso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
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Yahya Sinwar, il leader militare di Hamas a Gaza, secondo fonti a lui vicine citate dai media israeliani considererebbe la proposta di intesa per una tregua come “una trappola, non una proposta egiziana, ma una israeliana sotto mentite spoglie”.
Di fronte all’ultimatum di Israele va registrata inoltre la posizione di Hossam Badran, membro dell’ufficio politico di Hamas, che all’Afp ha dichiarato che i negoziatori del gruppo islamico attualmente discutendo, a livello interno e con altri gruppi armati palestinesi, la proposta di tregua trasmessa alla fine di aprile, prima di tornare al Cairo, dove si svolgeranno i negoziati indiretti con Israele, accusando il premier israeliano Benjamin Netanyahu di moltiplicare le sue dichiarazioni ai media allo scopo di sabotare gli sforzi per ottenere una tregua. D’altra parte sempre Netanyahu ha ammesso candidamente che la firma di una tregua con Hamas non cancella i piani di invasione di Rafah, per il suo governo ultima roccaforte del gruppo islamico.
Eppure una soluzione, in un senso o nell’altro, potrebbe arrivare in tempi strettissimi. Un anonimo responsabile di Hamas citato da Reuters ha affermato che il gruppo palestinese invierà sabato una delegazione al Cairo per i colloqui sugli ostaggi: si prevede che la delegazione porti la risposta ufficiale di Hamas all’ultima proposta sul tavolo.