Il solito psicodramma Dem
Elly Schlein firma contro il Jobs Act, il sì al referendum della Cgil spacca il Pd (e Renzi infierisce)
Il Partito Democratico alla vigilia delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno torna a fare quello che, in fondo, gli riesce meglio: dividersi su polemiche interne.
Succede dopo l’annuncio arrivato domenica da Forlì dalla segreteria Elly Schlein: dopo un lungo tentennamento Schlein ha infatti dichiarato che firmerà per i referendum della Cgil che chiedono l’abrogazione di parti chiave del Jobs Act, la legge sul lavoro voluta dal Pd dell’allora leader e premier Matteo Renzi.
Elly Schlein firma contro il Jobs Act
“Ho già detto che molti del Pd, firmeranno così come altri non lo faranno. Io mi metto tra coloro che lo faranno. Non potrei fare diversamente, visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso”, ha dichiarato Schlein a margine della festa dell’Unità di Vecchiazzano, in provincia di Forlì, kermesse dove trovava spazio anche un banchetto della Cgil per la raccolta firme.
Le accuse di Renzi e dei “riformisti” Dem
È bastato l’annuncio per scatenare chi del Jobs Ace è “padre politico”, ovvero l’attuale leader di Italia Viva Matteo Renzi. “Elly Schlein firma i referendum contro il Jobs Act. La segretaria del PD firma per abolire una legge voluta e votata dal Pd. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel Pd?”, scrive sui suoi social Renzi.
Rincara la dose poi Raffaella Paita, secondo cui il Pd a questo punto “dovrebbe cambiare nome e diventare un nuovo Movimento 5 Stelle. Se i riformisti del Pd non battono un colpo adesso significa che quell’area non esiste più”.
Di reazioni dall’ala “riformista”, gli ex renziani rimasti all’interno del partito, non ne arrivano molte. Da segnalare quella di Marianna Madia, che del governo Renzi fu ministra: “Sono e resto contraria al referendum della Cgil e sottolineo che, come noto, nel Pd tanti come me sono contrari – dice al Corriere della Sera Madia -. Poi se proprio la segretaria riteneva di dover firmare, se voleva fare questa forzatura, avrebbe potuto farlo prima di Conte. Avrebbe potuto evitare di lasciare al M5S la primazia”.