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Carceri, l’arredamento che può cambiare la vita dei detenuti: “Lo Stato non può far ammalare in cella le persone”

In verticale a sinistra i prototipi di un mobile e un letto per il carcere disegnato dal gruppo di lavoro della Federico II. A destra, dall’altto in basso Paolo Giardiello, Marella Santangelo e Giovanni Russo

In verticale a sinistra i prototipi di un mobile e un letto per il carcere disegnato dal gruppo di lavoro della Federico II. A destra, dall'altto in basso Paolo Giardiello, Marella Santangelo e Giovanni Russo

“Lo spazio è importante perché lo Stato ha in carico i detenuti: non possiamo vedere entrare uomini e donne giovani e forti per far uscire persone sostanzialmente malate perché le condizioni sono tali che alla fine il corpo si ammala, oltre alla mente”. Ne è convinta Marella Santangelo, Ordinario di Composizione architettonica e urbana e delegata al Polo Universitario Penitenziario (PUP) dell’Università Federico II di Napoli. Insieme a Paolo Giardiello, docente di Architettura degli interni e arredamento dello stesso ateneo da anni lavora al progetto per creare modelli sperimentali di intervento per il lavoro e l’inclusione attiva delle persone in esecuzione penale. Nell’ambito della Design Week a Napoli è stato presentato per la prima volta al pubblico il nuovo progetto di arredi per gli istituti penitenziari italiani frutto di  quattro anni di lavoro.

“Il carcere purtroppo è un luogo di sofferenza e di dolore ma non nasce per questo scopo – ha detto Giovanni Russo, Capo del DAP Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, intervenuto alla presentazione del progetto – Il carcere ha uno scopo di rieducazione e riabilitazione. Questo progetto serve a rendere più umano e vivibile l’ambiente in cui i detenuti devono trascorrere la loro detenzione, in un’ottica di recupero sociale e di acquisizione di un ruolo personale, professionale, con cultura, con abilità anche sportive che consentono al detenuto, una volta terminata la carcerazione di poter rientrare nella società formato e con una plausibile speranza di trovare un lavoro, oltre che accoglienza nella comunità e nella società”.

Migliorare la condizione dei detenuti a partire dagli spazi

Si chiama “C.u.r.v.e.”, ovvero Centered Unortodox Rights Value Equipments, ed è il progetto pilota che mira ad arrivare in tutte le carceri italiane. “Punta al nuovo arredo per questioni di benessere dei detenuti ma anche all’impiego dei detenuti – spiegano Santangelo e Giardiello – Tutto quello che abbiamo progettato viene realizzato nelle falegnamerie dei penitenziari. Per il momento si sta già sperimentando nel carcere di lecce e di Sulmona da cui provengono i prototipi che sono in mostra a palazzo Gravina per la Design Week”. Il gruppo di lavoro “Modelli sperimentali di intervento per il lavoro e l’inclusione attiva delle persone in esecuzione penale” è composto da Gabriella De Stradis, Pasquale Orlando, Antonio Scotti, Carmine Cipollone, Francesco Addante, Paolo D’Addabbo.

“In questo momento stiamo vivendo l’emergenza carceri – continua Santangelo – Legata al sovraffollamento, ancora una volta, siamo in attesa di una ulteriore condanna da parte della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, ma con il nostro gruppo di lavoro, con cui lavoriamo sullo spazio della detenzione da anni, riteniamo che se si comincia a lavorare alla rigenerazione, recupero e riqualificazione, degli istituti già esistenti, già si può fare un gran pezzo di lavoro. Insieme naturalmente ad altri tipi di decisioni che non riguardano lo spazio, rispetto alla questione della durata detenzione”. Riportiamo di seguito la spiegazione del progetto da parte degli architetti del team della Federico II.

Il progetto di arredi per le carceri

Il progetto “Modelli sperimentali di intervento per il lavoro e l’inclusione attiva delle persone in esecuzione penale” nasce per identificare nuovi modelli di intervento per il lavoro e l’inclusione attiva delle persone in esecuzione penale, prevedendo un coordinamento nazionale e una strategia complessiva che razionalizzi l’attuale sistema delle lavorazioni, valorizzandone le potenzialità e introducendone delle nuove, al fine di trasmettere al detenuto le competenze che gli permettano di acquisire le professionalità necessarie a garantire continuità lavorativa al momento del ritorno in libertà. Il Piano intende delineare una strategia da adottare per rispondere alla domanda interna espressa dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che riguarda il fabbisogno di articoli di arredo destinati all’allestimento delle celle e la realizzazione di percorsi riabilitativi e di reinserimento lavorativo dei detenuti attraverso l’acquisizione di competenze.

Riqualificazione di spazi e reinserimento lavorativo di persone

La strategia è quella di offrire componenti di arredo aggiornati in termini di ergonomia, qualità e sicurezza rispetto a quelli attualmente prodotti nelle falegnamerie degli istituti e l’introduzione di lavorazioni maggiormente professionalizzanti per i detenuti che sono impiegati nel processo produttivo. Il sistema di produzione progettato, che include il design aggiornato degli articoli, la revisione del ciclo produttivo e l’introduzione di nuovi macchinari, è orientato a soddisfare il fabbisogno attuale e di assorbire eventuali evoluzioni delle richieste. Il design modulare, la dotazione strumentale e l’assetto snello della produzione offrono alle falegnamerie tutta la flessibilità per convertire la produzione e puntare in futuro a soddisfare una nuova domanda di arredi destinati ad altri luoghi dell’Amministrazione Penitenziaria, come l’allestimento delle aree comuni interne agli istituti penitenziari, delle caserme della Polizia Penitenziaria, degli uffici dei dipendenti.

Il nuovo sistema arredativo è composto sia da oggetti di arredo già indicati dai capitolati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – sgabello, sedia, tavolo, mobile contenitore piccolo e grande, letto – che da una serie di arredi innovativi destinati a situazioni particolari o a nuove funzioni – letto, tavolo e seduta a scomparsa, casse e contenitori integrati ai letti, panche e sedute per gli spazi comuni, scaffali, librerie. Determinanti per questo sono state alcune considerazioni derivanti dallo studio dei luoghi e degli impianti di produzione attualmente esistenti in alcuni istituti e dalle loro potenzialità. L’idea dell’ottimizzazione degli arredi attraverso il miglioramento dei processi e delle attività, l’aggiunta di nuove lavorazioni e l’introduzione di ulteriori sistemi e macchinari, si fonda dunque su principi di ergonomia, funzionalità, manutenibilità, resistenza, sicurezza nel rispetto delle normative nazionali oltre che di quelle specifiche di settore, basandosi altresì sulla conoscenza della realtà penitenziaria.

Partecipare alla costruzione di ambienti accoglienti, funzionali

Tale sistema vuole non solo soddisfare dei bisogni essenziali ma partecipare alla costruzione di ambienti accoglienti, funzionali, evocando forme e materiali del domestico, per restituire qualità allo spazio e quindi all’abitare in esso. La proposta del nuovo sistema integrato di arredi muove dalle potenzialità desunte dalle lavorazioni delle falegnamerie presenti negli istituti penitenziari del territorio italiano e, in continuità con la produzione attuale, integra le lavorazioni incentrate sulla trasformazione di superfici piane di lastre di semilavorati lignei come il compensato e il multistrato con lavorazioni finalizzate alla realizzazione di componenti basate su superfici curve ottenute grazie a macchine capaci di incollare, piegare, formare e tagliare pezzi anche complessi che poi saranno giuntati tra loro senza l’utilizzo di ferramenta metalliche.

Tale modalità persegue lo scopo di ridurre le parti componenti dei singoli oggetti, limitare le giunzioni, evitare le ferramenta e quindi diminuire i tempi di montaggio, ottimizzare l’intero ciclo produttivo e raggiungere livelli di sicurezza e manutenzione superiori a quelli di oggetti derivanti da lavorazioni tradizionali.

Pochi elementi uniti tra loro senza viti e tutto pensato per la sicurezza

Tali prodotti, composti da pochi elementi uniti tra loro secondo tecniche tradizionali, riducono i tempi di produzione, esaltano le capacità del materiale prescelto – il legno –, offrono maggiore resistenza e durabilità e consentono uniformità di realizzazione dei prodotti nei diversi centri di produzione ovvero di lavorazioni specifiche e personalizzate distribuite in luoghi diversi.

L’idea alla base del nuovo sistema arredativo è quella di utilizzare le potenzialità del legno compensato curvato per ottenere, mediante l’assemblaggio di componenti elementari essenziali, una varietà di oggetti, anche personalizzabili e adeguabili a esigenze diverse, verificati strutturalmente, capaci di rispondere a criteri di durabilità e manutenzione oltre che di riproducibilità e flessibilità. Tale sistema risponde alle esigenze del mondo penitenziario oltre a soddisfare criteri ergonomici avanzati e ottemperare ai dettati delle normative vigenti. La forma, solitamente prevalente nel progetto di design, è qui una conseguenza e non un obiettivo primario, tanto da essere modificabile pur mantenendo fissi i criteri fondamentali del processo progettuale e produttivo, risultante delle potenzialità delle macchine disponibili, degli strumenti e delle capacità degli operatori. In sintesi, gli oggetti di arredo scelti riducono le fasi di stoccaggio e approvvigionamento di materiale (unico materiale); ottimizzano le fasi di lavorazione; riducono le componenti assemblate e i tempi di montaggio; eliminano i sistemi di giunzione metallici; eliminano materiali e riducono operazioni pericolose; offrono un sistema di parti componibili che consente di ottenere varianti e personalizzazioni.