Giustizia a orologeria
Giovanni Toti arrestato in vista delle europee, le procure avvertono i politici: “Se non vi fermate andiamo avanti”
La destra che esultò per le scorribande dei Pm pugliesi contro il Pd ora sente i morsi sulla carne sua. Giustizia a orologeria? Sì, a Genova come a Bari
Editoriali - di Piero Sansonetti
L’arresto del Presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, è un avvertimento chiarissimo alla politica. Leggendo l’ordinanza si capiscono due cose. La prima è che contro Toti c’è molto poco o forse niente. La seconda è che la decisione di arrestarlo proprio ora, mentre si apre la campagna elettorale per le europee, è una decisione ben meditata.
Bisogna dire che il ministro Crosetto ci aveva avvertito. Aveva detto di sapere che settori della magistratura erano pronti a entrare in campagna elettorale. Crosetto pensava che il disegno fosse un attacco al governo Meloni. In realtà il disegno era più largo. In effetti l’attacco è partito dalla Puglia, ed è partito contro il Pd. Manovra molto intelligente.
- Arrestato il Presidente della Liguria Giovanni Toti, il governatore della Regione ai domiciliari
- Bari, Piemonte e i partiti: dissolti e inghiottiti dalla trappola del presidenzialismo
- Caso Bari, così i Pm azzannano la politica con i loro teoremi
- Giovanni Toti e il raid dei PM: preso lo scalpo al governatore della Liguria
Una specie di trappola per la destra. Che non ha esitato, con la potenza di fuoco dei suoi giornali, e in particolare del giro Angelucci, a sparare a palle incatenati contro la corruzione della sinistra, schierandosi coi magistrati.
Era esattamente quello che serviva ai magistrati per preparare il terreno all’attacco più pesante. Addirittura l’arresto del Presidente di una delle Regioni più importanti d’Italia. Personaggio celebre, volto notissimo del centrodestra.
Altro che il marito di una sconosciuta assessora di Bari! E però ora diventa difficile per il centrodestra scagliarsi contro la magistratura, dopo averle data fiducia totale perché si immaginava che potesse danneggiare Decaro, il sindaco di Bari, personaggio emergente del centrosinistra.
L’arresto di Toti avviene peraltro alla vigilia del congresso dell’Anm (l’associazione dei magistrati). Congresso molto importante perchè si svolge mentre il governo sta preparando alcune riforme della giustizia di una certa importanza.
La principale delle riforme è la separazione delle carriere tra magistati dell’accusa e magistrati giudicanti. Le Procure – che dominano l’Anm – non tollerano questa riforma che rischia di limitare lo strapotere dell’accusa. E di far rientrare il meccanismo del processo dentro i recinti della Costituzione e nel rispetto dell’articolo 111.
Al congresso di Palermo, che inizia dopodomani, una parte dello schieramento delle Procure si presenta con questo risultato assai importante. Lo scalpo di Toti. Attualmente, con gli impicci posti dall’articolo 68 della Costituzione, per i sostituti Procuratori è impossibile arrestare dei parlamentari.
Per farlo c’è bisogno di chiedere l’autorizzazione alla camera alla quale il parlamentare appartiene. Di solito la camera concede l’arresto, anche senza vedere le carte, così, semplicemente per codardìa (ricordo sempre il caso del senatore Caridi, sbattuto in cella per due anni con il permesso del Senato senza che nessuno avesse letto le carte).
Però l’effetto dell’arresto all’alba, imprevisto, è sempre molto maggiore dal punto di vista mediatico. E voi sapete bene che, al momento, l’aspetto più importante della macchina della Giustizia è l’aspetto mediatico.
Così, evidentemente, si è puntato al colpaccio con l’ammanettamento di un governatore di Regione. Non un governatore di secondo piano ma uno in prima fila. Toti era perfetto. Oltretutto si può abbondare con le sue fotografie in compagnia di Berlusconi, che sul piano politico è una cosa ottima.
L’obiettivo di fondo di tutto ciò è chiarissimo. Far vedere la bandiera di battaglia e spiegare alla politica che l’obiettivo è fermare la riforma, e le armi del combattimento saranno le manette. Chi si può opporre a un Pm che decide di far scattare le manette?
Lo spiega bene Palamara nel suo libro: se quel Pm ha per amico un Gip e dispone di un paio di giornalisti, non solo nessuno potrà opporsi all’arresto, ma gran parte della stampa sarà trascinata su posizioni colpevoliste.
Il pivot dell’operazione giornalistica resta sempre il Fatto Quotidiano, che comunque è colpevolista. Lo sarebbe anche per San Francesco. E poi di volta in volta si schierano con i giustizialisti i giornali di destra (con furia) se l’imputato è di sinistra, e i giornali di centrosinistra (con altrettanta furia) se l’imputato è di destra.
Il gioco è semplicissimo e tu non puoi farci niente. Hai le mani legate, il collo dentro la gogna e la tua carriera politica è finita. Quanti sono i politici disposti a rischiare? Pochi, statene sicuri: molto pochi. E così le Procure vincono sempre.
La separazione delle carriere non si farà, così come non si farà nessuna riforma seria. Del resto le cose sono sempre andate così. Qualche anno fa fu un ministro del centrosinistra a tentare una riforma. Si chiamava Mastella.
I magistrati mandarono a casa sua i carabinieri che arrestarono la moglie. Cadde il governo e cadde la riforma. Poi, per tanti tanti anni non se ne parlò più. Alla fine la moglie di Mastella fu assolta e sui giornali uscì un trafiletto. Vedrete, sarà così anche stavolta. La carriera politica di Toti è finita. Sarà assolto anche lui? Certo che sarà assolto, ma non gli daranno la possibilità di riprendersi. E la riforma si fermerà.
Viviamo in un paese così. Che per una serie di ragioni che in queste righe non possiamo spiegarvi, è passato da una condizione di democrazia equilibrata a una forma di strapotere della magistratura che ha soffocato e umiliato e costretto al silenzio gli altri poteri. Con l’aiuto dei politici pusillanimi e della stampa asservita.