Roma grida al complotto
La Commissione europea boccia l’Italia sull’assegno di inclusione “meloniano”: per Bruxelles “aumenta la povertà”
La Commissione europea boccia l’assegno di inclusione, la misura introdotta dal governo di Giorgia Meloni per superare l’odiato reddito di cittadinanza “grillino”. Lo si legge in un report dell’esecutivo Ue sulla convergenza sociale dedicata all’Italia nel quadro del semestre europeo.
In particolare “si prevede che l’assegno di inclusione determinerà una maggiore incidenza della povertà assoluta e infantile (rispettivamente di 0,8 punti percentuali e 0,5 punti percentuali) rispetto al regime precedente”.
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“Nonostante alcune misure di accompagnamento positive, si prevede che criteri di ammissibilità più rigorosi” al sostegno introdotto a gennaio “ridurranno l’impatto per allievare la povertà del nuovo regime”, scrive Bruxelles nella sua analisi, di cui dà conto l’Ansa.
L’Ue boccia l’assegno di inclusione
Per la Commissione Ue “nonostante i progressi compiuti, in particolare per quanto riguarda l’occupazione, ulteriori sforzi potrebbero portare l’Italia ad affrontare pienamente le sfide che si trova ad affrontare in relazione al mercato del lavoro, alla protezione sociale e all’inclusione, nonché all’istruzione e alle competenze”.
Nel mirino infatti finiscono molteplici ambiti che pongono “potenziali rischi per la convergenza sociale”, dall’occupazione all’istruzione, dalla povertà alla storica questione meridionale.
Sul fronte occupazionale l’esecutivo europeo segnala che, nonostante i limitati miglioramenti nel 2023, “la percentuale di contratti a tempo determinato rimane tra le più alte nell’Ue”. Si tratta di un elemento, che combinato a quella che Bruxelles giudica una “elevata incidenza di forme di lavoro non standard”, ha portato a “una diminuzione del numero di settimane lavorate all’anno e contribuisce a un’elevata disuguaglianza e volatilità dei guadagni annuali”.
Il decreto Lavoro affossato dalla Commissione
Commissione che ritiene “non ancora sufficienti” le riforme “recentemente intraprese”, tra cui il Decreto Lavoro”, per “affrontare il problema dell’elevata percentuale di contratti a tempo determinato”.
Anche i salari, “strutturalmente bassi”, rappresentano una criticità. “Tra il 2013 e il 2022, la crescita ei salari nominali per occupato è stata del 12%, metà della crescita a livello dell’Ue (23%)”, nota l’esecutivo Ue, evidenziando che “mentre il potere d’acquisto nell’Ue è aumentato del 2,5%, in Italia si è ridotto del 2%”. “La stagnazione salariale, la bassa intensità di lavoro e i bassi tassi di occupazione, insieme a un’elevata percentuale di famiglie monoreddito, comportano significativi rischi di povertà lavorativa”, si legge nel report.
Per il Ministero “analisi parziale”
Grida al complotto invece il ministero del Lavoro. “Fonti” del dicastero guidato da Marina Elvira Calderone ritengono infatti l’analisi della Commissione Ue basata “su uno studio di natura statica e parziale, nel senso che non tiene conto delle dinamiche di attivazione generate dalle nuove misure e dalla crescita dell’occupazione in Italia”, mentre “una valutazione complessiva porterebbe probabilmente a un’analisi più positiva”.
“Nello stesso documento, del resto – sottolineano ancora dal ministero del Lavoro – si citano misure di accompagnamento positive e si osserva che la natura statica e non comportamentale del modello non consente di stimare gli effetti della riforma incorporando eventuali variazioni nella partecipazione al lavoro. In pratica, non è su questa base che si possono compiutamente valutare gli effetti delle politiche attive introdotte dal governo, perché il Reddito di cittadinanza è stato sostituito non soltanto dall’assegno di inclusione, ma anche dal Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl) che ha una funzione essenziale di accompagnamento al lavoro. Una valutazione complessiva porterebbe probabilmente a un’analisi più positiva”, concludono le fonti.