Un gruppo di femministe ha contestato la ministra Roccella durante un convegno intitolato “Stati generali della natalità”. Le ragazze hanno alzato dei cartelli nei quali rivendicavano il diritto della donna a gestire il proprio corpo, e poi hanno gridato degli slogan. Contro di loro si è alzata una saracinesca di contumelie.
Dicono che sono fuori della democrazia, fuori della legge. Qualcuno dice addirittura che sono fasciste. Ormai si dà del fascista a chiunque (meno che ai reazionari: ai reazionari solo l’Unità da del fascista…).
Ora naturalmente si può condannare o approvare il comportamento di quelle femministe. Però non si può discutere sul fatto che la loro è stata solo una forma di lotta. Ci sono tante diverse forme di lotta, alcune violente e alcune non violente. A occhio la distinzione dovrebbe essere questa: ogni forma di lotta non violenta è legittima – poi può essere contrastata, ma è legittima – mentre non sono legittime le forme di lotta violente.
Nessuna delle femministe che hanno contestato la Roccella ha alzato un dito. Non hanno commesso nessun atto di violenza. E allora la protesta era legittima. Del resto i promotori di questo convegno avevano invitato tutti gli studenti e i giovani a partecipare e ad intervenire e ad essere protagonisti. Cosa pensavano, che tutti i giovani impegnati fossero “roccelliani”? Beh, non avevano capito bene come stanno le cose.
E allora? È proibito contestare un ministro o una ministra? La discussione, per essere legittima, deve essere subalterna? Le critiche si accettano solo se sono costruttive? Sì, va bene giusto: nei regimi. Altrimenti, da parte delle autorità, le critiche si accettano. Se poi vuoi fare un bel convegno senza rompicoglioni, beh, non li invitare? Blindati e parla finché vuoi…