Lo schiaffo di Budapest
Ilaria Salis, ultimo affronto ungherese: negato il diritto di voto in carcere all’attivista candidata alle Europee
Reclusa da 15 mesi in carcere a Budapest, in Ungheria, Ilaria Salis vede ancora una volta negati i suoi diritti. A denunciarlo è il padre della maestra e attivista milanese, in cella e a processo con l’accusa di aver aggredito dei militanti neonazisti nel febbraio dello scorso anno in occasione della “Giornata dell’onore”.
Oggi Ilaria è candidata alle prossime elezioni europee dell’8 e 9 giugno, capolista nella circoscrizione Nord-Ovest da AVS, l’Alleanza Verdi-Sinistra, con l’obiettivo in caso di elezione al Parlamento di Strasburgo di consentirle di uscire dal carcere di Budapest e difendersi da libera cittadina dalle accuse, per le quali rischia 20 anni di reclusione.
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Impedito il voto in carcere per le Europee
Come spiegato da Roberto Salis all’Ansa, con un incredibile paradosso nonostante sia candidata alle Europee alla figlia è stato negato il voto. “Oggi ho parlato con Ilaria, mi ha detto che nel carcere hanno chiesto a tutte le detenute se volevano votare e lei ovviamente ha risposto di sì, ma le è stato detto che c’è una carenza legislativa italiana che non le consentirebbe di votare. Ha interpellato l’ambasciata che non le ha saputo dare risposta, c’è una palese violazione dei diritti umani in corso e ci vorrebbe una presa di posizione chiara del governo“, sono le parole di Roberto Salis all’agenzia di stampa.
Salis ha spiegato che “l’ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli ha contattato il ministero dell’Interno visto che è un problema loro e mi aspetto una presa di posizione chiara per capire se tutti i cittadini possono esercitare il loro diritto di voto“. “Hanno detto a Ilaria che è straniera e quindi non sanno come farla votare“, ha proseguito il padre dell’attivista milanese.
Scaduti i termini di detenzione di Ilaria Salis
Ilaria che è ancora in cella, nonostante siano scaduti i termini della sua detenzione cautelare in carcere. Si tratta questo di un altro punto su cui il padre Roberto tira in ballo le responsabilità del governo Meloni e della macchina della diplomazia italiana.
“È un’altra palese violazione dei diritti umani – attacca infatti Roberto Salis – l’8 maggio sono scaduti i sei mesi stabiliti dal giudice che non decide sul prolungamento finché non arriva la decisione sull’appello che abbiamo presentato per avere i domiciliari. Ma la sostanza è che lei ora è in carcere senza che ci sia una disposizione della magistratura“. “E anche questo avviene senza che il governo o la diplomazia facciano nulla“, conclude il padre di Ilaria.