La decisione della Corte
La Consulta sul 4bis: “Se si accede ai benefici no a restrizioni alle telefonate con figli minori”
Come stabilito dalla sentenza n.85, se un detenuto è stato condannato per un reato compreso nell’elenco dell’art. 4-bis ma ha in concreto accesso a tutti i benefici penitenziari è irragionevole sottoporlo a un regime più restrittivo rispetto a quello ordinario
Giustizia - di Angela Stella
Importante decisione della Corte Costituzionale in materia di esecuzione penale.
Come stabilito dalla sentenza n.85 (redattore Viganò), se un detenuto è stato condannato per un reato compreso nell’elenco dell’art. 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario, ma ha in concreto accesso a tutti i benefici penitenziari, ad esempio perché la collaborazione con la giustizia è ritenuta impossibile, è irragionevole sottoporlo a un regime più restrittivo rispetto a quello ordinario solo per quanto riguarda le telefonate con i propri figli minori.
Nel caso concreto, “il detenuto aveva in effetti già goduto di permessi premio, concessi sulla base dei suoi progressi nel trattamento rieducativo attestati dall’amministrazione penitenziaria. Inoltre, in forza della normativa speciale adottata durante il periodo della pandemia, aveva fruito di una telefonata al giorno con i propri familiari, come tutti gli altri detenuti”.
A questo punto la Corte ha ritenuto “irragionevole” sottoporre in queste situazioni il condannato – ammesso ai benefici in quanto ritenuto non più socialmente pericoloso – a una disciplina più sfavorevole rispetto a quella applicabile alla generalità dei detenuti.
In proposito, la Corte ha osservato che “ogni disciplina – come l’art. 4-bis – che, a parità di pena inflitta, deroga in senso peggiorativo al regime penitenziario ordinario può trovare legittimazione sul piano costituzionale – al cospetto della necessaria finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, terzo comma, Cost. – soltanto in quanto sia necessaria e proporzionata rispetto al contenimento di una speciale pericolosità sociale del condannato; e non invece in chiave di ulteriore punizione in ragione della speciale gravità del reato commesso. È, infatti, la misura della pena che nel nostro ordinamento deve riflettere la gravità del reato, non già la severità del regime sanzionatorio”.