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Biden pronto a vendere armi per il valore di un miliardo a Israele

Biden pronto a vendere armi per il valore di un miliardo a Israele

Biden “bifronte”. Il “Giano” della Casa Bianca da un lato non lesina critiche a Netanyahu e al suo governo di estrema destra per l’attacco a Rafah, dall’altro, però, decide di inviare armi a Israele per 1 miliardo di dollari.

L’amministrazione Biden ha notificato al Congresso che intende procedere con la vendita di armi per un miliardo di dollari a Israele. Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, secondo le quali la decisione di procedere mette in evidenza la riluttanza dell’amministrazione a ampliare ancora di più il divario con il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

Il pacchetto dovrebbe includere 700 milioni di dollari di munizioni per carri armati, 500 milioni di dollari di veicoli tattici e 60 milioni di colpi di mortaio. Il pacchetto di armi arriva una settimana dopo la pausa alle spedizioni delle bombe ad alta carica.

Armi usate per incrementare la mattanza a Gaza. Donne e bambini costituiscono almeno il 56% delle decine di migliaia di persone uccise nella guerra di Gaza. Lo rende noto l’Onu. Il ministero della Sanità con sede a Gaza ha affermato che dal 7 ottobre sono state uccise almeno 35.173 persone.

Le autorità di Gaza hanno costantemente affermato che donne e bambini costituiscono la maggioranza delle persone uccise nella Striscia. Il ministero ha affermato che al 30 aprile erano state identificate quasi 25.000 persone uccise. Di questi, il 40% erano uomini, il 20% donne e il 32% bambini, mentre l’8% erano anziani, una categoria non suddivisa per genere.

Il portavoce dell’Oms Christian Lindmeier ha affermato che la nuova ripartizione è “la più completa” fornita fino ad oggi. Ha detto ai giornalisti a Ginevra che, applicando lo stesso rapporto alle persone non identificate e presupponendo che le donne rappresentino la metà degli anziani, ci si potrebbe aspettare che almeno “il 56% di donne e bambini” siano tra gli oltre 35.000 morti.

E questo senza prendere in considerazione la probabilità che ci siano più donne e bambini tra le migliaia che si ritiene siano ancora sotto le macerie “perché sono quelli che solitamente restano a casa”.  Quindi da un “calcolo statistico minimo”, spiega, “si arriva al 60 per cento di donne e bambini”.

Da Washington a Bruxelles. L’Unione europea esorta Israele a porre immediatamente fine alla sua operazione militare a Rafah altrimenti verrebbero messe inevitabilmente a dura prova le relazioni dell’Ue con Israele.

“Questa operazione sta ulteriormente interrompendo la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza e sta portando a ulteriori sfollamenti interni, all’esposizione alla carestia e alla sofferenza umana”, afferma l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell.

“Più di un milione di civili si stanno rifugiando a Rafah e dintorni e a loro è stato detto di evacuare in aree che, secondo le Nazioni Unite, non possono essere considerate sicure. Sebbene l’Ue riconosca il diritto di Israele a difendersi, Israele deve farlo in linea con il diritto internazionale umanitario e garantire sicurezza ai civili”, si legge nella dichiarazione.

“L’Unione europea invita Israele ad astenersi dall’aggravare ulteriormente la già terribile situazione umanitaria a Gaza e a riaprire il valico di Rafah. Se Israele dovesse continuare la sua operazione militare a Rafah, ciò metterebbe inevitabilmente a dura prova le relazioni dell’Ue con Israele”, evidenzia il capo della diplomazia europea. Ammonimenti che non incrinano la determinazione di Netanyahu a proseguire la guerra e fare carta straccia delle risoluzioni Onu.

Nessuno impedirà a noi, Israele, di esercitare il nostro diritto fondamentale di difenderci. Non l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e nessun’altra organizzazione”, sentenzia Netanyahu, dopo che il governo israeliano ha respinto in maniera unanime la decisione dell’Assemblea generale dell’Onu della scorsa settimana in merito al rafforzamento dello status della Palestina all’interno dell’organizzazione. “Non permetteremo di creare uno stato terrorista dal quale possano attaccarci con maggiore forza”, ha aggiunto. La diplomazia non alberga a Tel Aviv.