Il momento. Il luogo. Il messaggio al mondo che sta dietro a quella calorosa stretta di mano. A Pechino si consolida l’asse russo-cinese. Un asse sbilanciato. Dalla parte del “Dragone”. «Grazie a Xi per la calda accoglienza»: lo ha detto Putin subito dopo aver incontrato il leader cinese.
Dopo l’arrivo all’alba, Putin è stato accolto da Xi con tutti gli onori militari nella Grande Sala del Popolo, l’imponente sede dell’assemblea legislativa cerimoniale situata accanto a Piazza Tiananmen, nel cuore della capitale Pechino.
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Xi si è congratulato con Putin per la sua elezione per un quinto mandato e ha celebrato il 75° anniversario delle relazioni diplomatiche instaurate tra l’ex Unione Sovietica e la Repubblica popolare cinese dopo che questa era salita al potere in una guerra civile nel 1949.
Il presidente cinese e quello russo hanno adottato una dichiarazione congiunta «sull’approfondimento del partenariato globale e della cooperazione strategica» tra i rispettivi Paesi. «Noi discutiamo di tutti i temi», ha ribadito Putin, ricordando che la Russia ha incrementato l’esportazione di cibo in Cina -più di una volta e mezzo, fino a 7,6 miliardi di dollari- e che la priorità di entrambi i Paesi sono il commercio e gli investimenti.
«Diamo il benvenuto ai produttori di auto cinesi sul nostro mercato», ha aggiunto Putin. Non è mancato un cenno al nucleare: «Noi stiamo lavorando per la cooperazione sulla pace nucleare», ha assicurato il presidente russo. Putin ha anche affermato che le relazioni Russia-Cina «non sono dirette contro nessuno. La nostra cooperazione negli affari mondiali oggi è uno dei principali fattori stabilizzanti sulla scena internazionale».
Russia e Cina s’impegnano a rafforzare i legami militari. In base alla dichiarazione congiunta firmata a Pechino dai presidenti Vladimir Putin e Xi Jinping, diffusa allo stato solo dal Cremlino, «Mosca e Pechino continueranno a rafforzare la fiducia e la cooperazione nella sfera militare e ad espandere la portata delle esercitazioni e dell’addestramento militare».
I due Paesi sono pronti a tenere regolarmente pattugliamenti navali e aerei congiunti, a rafforzare il coordinamento e la cooperazione a livello bilaterale e multilaterale, e ad aumentare il potenziale e il livello delle risposte congiunte alle sfide e alle minacce.
Cina e Russia concordano sul fatto che il conflitto in Ucraina richieda una “soluzione politica”. Lo ha detto il presidente cinese Xi Jinping dopo l’incontro con il suo omologo russo “Entrambe le parti concordano sul fatto che la strada da seguire è una soluzione politica alla crisi in Ucraina”, ha detto Xi, comparso davanti alla stampa insieme a Putin.
Il fatto che sia stato il presidente cinese a rimarcarlo è il segno, concordano fonti diplomatiche e analisti di geopolitica, che a dare le carte è la Cina di cui la Russia è diventata “junior partner”. Dalla diplomazia alla guerra. L’esercito ucraino afferma di aver fermato «l’avanzata» russa in alcune zone della regione di Kharkiv, dove Mosca ha lanciato un attacco a sorpresa il 10 maggio, occupando nuovi territori.
«La situazione nel settore di Kharkiv rimane complicata e si sta sviluppando in modo dinamico. Le nostre forze di difesa sono riuscite a stabilizzare parzialmente la situazione, l’avanzata del nemico in alcune aree e località è stata fermata, ma sta ancora cercando di creare le condizioni per ulteriori avanzamenti», ha affermato. Lo ha riferito in televisione il portavoce delle forze ucraine nella regione, Nazar Voloshin.
Per quanto riguarda la città di Vovchansk, che prima della guerra contava circa 18.000 abitanti ed è una delle due principali località della regione che Mosca sta cercando di occupare, le forze ucraine stanno «rastrellando gli edifici» della città, mentre nei giorni scorsi si sono verificati scontri di strada, ha aggiunto Volochyne.
L’esercito ucraino «sta cercando di stabilizzare la situazione, di infliggere danni e di impedire al nemico di prendere piede. Attualmente sono in corso i contrattacchi (ucraini)», ha detto. Mosca dà una versione opposta, ma questo fa parte di quella “guerra mediatica” che dal primo giorno – siamo arrivati all’810°- s’intreccia con quella combattuta sul campo.