La sentenza della Cedu
Italia condannata per le intercettazioni a Contrada, non era imputato né indagato
Violato il diritto alla privacy dell’ex 007 nell’ambito del procedimento sull’omicidio di Nino Agostino. Contrada non era imputato né indagato. A condurre le indagini la procura di Palermo (allora diretta dal senatore 5s Scarpinato).
Giustizia - di Angela Stella
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto all’unanimità che vi sia stata violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della privacy, vita privata e corrispondenza) della Convenzione edu per quanto riguarda l’intercettazione e trascrizione delle comunicazioni telefoniche di Bruno Contrada nell’ambito del procedimento sull’omicidio di Nino Agostino, in cui l’ex funzionario del Sisde non era imputato né indagato.
La sentenza è stata pubblicata ieri. La Corte ha invece dichiarato irricevibile il ricorso di Contrada per la perquisizione che subì nell’ambito dello stesso caso perché l’ex numero due del Sisde non ha fatto uso della possibilità di ricorrere contro questa presunta violazione presso i tribunali italiani.
Per quanto riguarda le intercettazioni, la Cedu – che ha comunque riconosciuto a Contrada un risarcimento morale di 9mila euro – nella sua sentenza “ritiene che la legge italiana non contenga adeguate ed effettive garanzie per proteggere dal rischio di abuso le persone destinatarie di queste misure. Persone che, non essendo sospettate di essere coinvolte in un reato o accusate di un reato, rimangono estranee al procedimento”.
In particolare, secondo i giudici di Strasburgo, queste persone non hanno la possibilità di rivolgersi a un’autorità giudiziaria al fine di ottenere un effettivo riesame della legalità e della necessità della misura. Di conseguenza non possono ottenere un’adeguata riparazione se i loro diritti sono stati violati.
Nel caso specifico, la procura generale di Palermo, allora diretta da Roberto Scarpinato – attuale senatore del Movimento Cinque Stelle – chiede la riapertura delle indagini per la morte dell’agente Nino Agostino, ucciso insieme alla moglie incinta, Ida Castelluccio, nel 1989.
Nel decreto di perquisizione e sequestro a carico di Contrada, mai indagato, la difesa aveva rinvenuto una intercettazione telefonica in quanto l’uomo era considerato “persona meritevole di attenzione”.
In questa cornice, la persona non può godere delle garanzie difensive concesse ad un indagato. In più la legge italiana e la giurisprudenza di legittimità non indicano quali siano nel dettaglio le categorie dei soggetti intercettabili.
Fatta questa scoperta, gli avvocati di Contrada hanno presentato direttamente ricorso alla Cedu, in mancanza di uno strumento interno di ricorso.
L’ avvocato Stefano Giordano, del foro di Palermo, che ha curato il ricorso insieme alla compianta avvocato Marina Silvia Mori del Foro di Milano, ha dichiarato: “Siamo molto soddisfatti, perché – al di là del caso concreto – la Corte ha individuato all’unanimità un vizio molto grave della legislazione italiana in materia di intercettazioni. Non abbiamo presentato il ricorso contro i magistrati ma contro la legge interna, deficitaria di chiarezza e precisione in merito ai soggetti che possono essere intercettati. Adesso aspettiamo la definitività della sentenza. Questa battaglia l’abbiamo portata avanti non solo per Bruno Contrada ma per tutti i cittadini italiani la cui privacy non può essere violata indiscriminatamente”.
Proprio per questo, ha annunciato Giordano all’Unità, “chiederò un incontro al Ministro Nordio per discutere insieme di una riforma delle intercettazioni. La politica non deve aspettare l’ennesima decisione sovranazionale per occuparsi definitivamente in senso liberale di questa materia”. E conclude: “vorrei dedicare questa vittoria alla collega Mori e a mio padre”.
La Corte si era già pronunciata nel 2015 su Contrada anni fa quando dichiarò illegittima la sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa sostenendo che all’epoca delle condotte contestate il reato non aveva una tipizzazione normativa.
Da allora, per l’avvocato Giordano, il suo assistito ha subìto “vari atti di una persecuzione giudiziaria nei confronti di un uomo dello Stato libero e incesurato”.