La strage
Israele bombarda campo profughi di Rafah, 45 morti: per Netanyahu “un tragico incidente”
Esteri - di Redazione
L’esercito “più morale del mondo”, come più volte rivendicato dal governo di Benjamin Netanyahu e dall’IDF, compie l’ennesima strage nella Striscia di Gaza. Il bilancio provvisorio è di 45 morti, numeri probabilmente destinati ad aumentare, mentre i feriti sono quasi 200: questi i “numeri” dell’attacco aereo israeliano sulla città di Rafah, al confine con l’Egitto, un raid avvenuto nonostante lo stop ordinato a Tel Aviv dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aja.
Il bombardamento avvenuto nella notte ha colpito la tendopoli di Tel al-Sultan, nel quartiere nord-occidentale di Rafah, dove ancora oggi sono rifugiati oltre 700mila sfollati palestinesi scappati negli ultimi mesi dai bombardamenti e dall’offensiva via terra dell’esercito israeliano nel nord della Striscia.
Le immagini e i video postati nella notte sui social sono catastrofici. L’agenzia di stampa palestinese Wafa riferisce che “la maggior parte dei morti sonno donne e bambini” e “molti sono stati bruciati vivi”. Decine i feriti che sono stati portati negli ospedali della zona che – secondo la Mezzaluna rossa palestinese – “non sono in grado di gestire questo gran numero di accessi”.
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Hamas chiama all’insurrezione
Hamas, dopo il raid, ha invitato “le masse del nostro popolo in Cisgiordania, a Gerusalemme, nei territori occupati e all’estero a sollevarsi e a realizzare marce di rabbia contro il massacro sionista in corso contro il nostro popolo nella Striscia di Gaza”.
Il gruppo radicale islamico ha inoltre invitato i Paesi arabi e islamici e “i popoli liberi di tutto il mondo a intensificare i movimenti e le attività di denuncia della guerra di genocidio e a fare pressione per interrompere le relazioni” con Israele, che definisce “entità canaglia” e applicare le risoluzioni Onu “e in particolare la recente decisione della Corte internazionale di giustizia, che ha chiesto di fermare l’aggressione e l’invasione di Rafah”.
La versione israeliana
La versione israeliana quasi non cita le vittime civili palestinesi. L’IDF ha infatti rivendicato l’attacco alla tendopoli sottolineando di aver ucciso nel raid due alti comandanti di Hamas: si tratta di Yassin Rabia, comandante di Hamas in Giudea e Samaria, e di Khaled Nagar, funzionario di Hamas nelle stesse ragioni. L’attacco sarebbe stato effettuato sulla base di informazioni “di intelligence che segnalavano l’uso dell’area da parte di Hamas”, ha sottolineato l’esercito israeliano.
Esercito che poi spiega di essere a conoscenza di “rapporti che a seguito dell’attacco e dell’incendio scoppiato diversi civili nella zona sono rimasti feriti e che l’incidente è in esame”.
Laconico poi il commento, arrivato solamente nel tardo pomeriggio, del primo ministro Benyamyn Netanyahu. Il premier, durante un incontro alla Knesset (il Parlamento israeliano, ndr) con le famiglie degli ostaggi che lo hanno contestato, ha definito la strage di Rafah “un tragico incidente di cui rammaricarsi”.
Chi sono i due alti ufficiali di Hamas uccisi
Rabia, ha spiegato un portavoce militare dell’IDF, “ha gestito l’intera attività terroristica di Hamas in Giudea e Samaria (la Cisgiordania, ndr), ha trasferito fondi a obiettivi terroristici e ha pianificato attacchi terroristici di Hamas in tutta la Giudea e Samaria. In passato Rabia ha compiuto numerosi attacchi terroristici omicidi, tra cui nel 2001 e nel 2002 in cui sono rimasti uccisi soldati dell’Idf”. Nagar, ha aggiunto ancora il portavoce israeliano, “un alto funzionario del quartier generale di Hamas in Giudea e Samaria ha diretto attentati e altre attività terroristiche sul posto e ha trasferito fondi destinati alle attività terroristiche di Hamas nella Striscia di Gaza”.
L’Onu chiede indagine sull’attacco
E a proposito dell’attacco al campo profughi di Rafah, l’Onu h a chiesto ad Israele un’inchiesta “completa e trasparente” sull’offensiva che ha provocato decine di morti. “Tutte le parti in conflitto devono astenersi da azioni che ci allontanano ulteriormente dal raggiungimento della fine delle ostilità e mettono ulteriormente a repentaglio la già fragile situazione sul terreno e nella regione più ampia”, ha continuato il coordinatore speciale dell’Onu per il processo di pace in Medio Oriente Tor Wennesland.
Quest’ultimo ha anche ribadito l’appello del segretario generaleGuterres per un cessate il fuoco immediato e per il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi in modo da porre fine alle sofferenze dei civili. “Le Nazioni Unite – ha concluso – restano ferme nel loro impegno a sostenere tutti gli sforzi volti a porre fine alle ostilità, ridurre le tensioni e portare avanti la causa della pace”.